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Brontotheriidae

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Brontotheriidae
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I Brontoteridi (Brontotheriidae Marsh, 1873; sinonimo: Titanotheriidae), denominazione scientifica derivata dalle parole greche βροντή (brontḗ, "tuono") e θηρίον (thēríon, "animale"), sono una famiglia estinta di perissodattili simili a rinoceronti, vissuti durante la serie cronostratigrafica dell'Eocene. La maggior parte dei fossili è stata rinvenuta in Nord America e in Asia, con pochi ritrovamenti anche nell'Europa orientale. Caratteristica distintiva era la corporatura massiccia. Nelle forme più grandi e spesso anche più note del gruppo, sul muso, al di sopra dell'orbita oculare, era presente un corno doppio o simile a un ariete, costituito da tessuto osseo, a differenza di quello dei rinoceronti che è invece formato da cheratina; tale struttura non era però presente in tutti i membri della famiglia. I brontoteri abitavano foreste dense ed erano erbivori, specializzati in gran parte nell'alimentazione a base di foglie. Il loro comportamento sociale è poco conosciuto. La storia evolutiva del gruppo durò quasi 20 milioni di anni e iniziò con ogni probabilità in Nordamerica circa 53 milioni di anni fa, con rappresentanti ancora piuttosto piccoli, delle dimensioni di un tapiro. Alla fine dell'Eocene si verificarono cambiamenti climatici che portarono a condizioni più fredde e a paesaggi più aperti, fattore che potrebbe aver determinato la loro estinzione. Dal punto di vista della sistematica biologica, i brontoteri sono spesso collocati, in base alla morfologia dentaria, vicino ai cavalli; in generale, tuttavia, le relazioni di parentela tra i grandi gruppi estinti di perissodattili non sono ancora del tutto chiarite.

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Caratteristiche

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Aspetto generale

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Ricostruzione in vita di Aktautitan.

I brontoteri erano per lo più animali di grandi o grandissime dimensioni: i rappresentanti più imponenti, come Megacerops, potevano raggiungere un'altezza al garrese di 2,0-2,5 metri e un peso stimato di 2-3 tonnellate.[1] Erano quindi paragonabili agli odierni rinoceronti bianchi.[2] Alcune forme più antiche, come Eotitanops e Palaeosyops, rimasero invece notevolmente più piccole, con un'altezza massima intorno a 1 m o meno, risultando quindi grandi quanto un tapiro. Il cranio era in genere robusto e, in proporzione al corpo, piuttosto grande; nelle forme più tarde presentava caratteristiche escrescenze ossee a forma di corno. Il resto del corpo era nel complesso simile a quello dei rinoceronti, con un tronco massiccio e una colonna vertebrale dotata di lunghi processi spinosi nelle vertebre toraciche anteriori. Questi fornivano punti di inserzione a una muscolatura del collo possente, sufficiente a sostenere il capo, che era in genere portato basso. Le zampe, robuste e relativamente corte, ricordavano quelle dei rinoceronti attuali, ma le estremità inferiori erano mediamente più corte. Gli arti anteriori possedevano quattro dita, mentre i posteriori ne avevano tre: un carattere distintivo dei perissodattili primitivi, oggi conservato solo nei tapiri. Nel complesso, i brontoteri erano meno tozzi e pesanti dei rinoceronti moderni.[3][4][5][6]

Cranio e dentatura

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Cranio di Megacerops visto dal basso, con le tipiche creste a W sui molari ben visibili.
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Cranio di Rhinotitan.

Il cranio era in tutti i brontoteri relativamente grande e, negli esemplari più imponenti, raggiungeva 60 cm di lunghezza e talvolta oltre 80 cm. Nelle forme evolutivamente più avanzate si sviluppavano ampie arcate zigomatiche, spesso marcatamente arcuate. In molti rappresentanti il neurocranio era piuttosto largo, mentre solo le forme più antiche possedevano un cranio relativamente più stretto. Sulle ossa parietali, lateralmente, erano presenti pronunciate creste parasagittali, che fungevano da punti d'inserzione per i muscoli. Caratteristico era anche l'osso occipitale, talvolta fortemente allungato, soprattutto nelle forme più tarde e dotate di corna; in vista laterale esso appariva a profilo acuto, faverendo una posizione del capo relativamente bassa. Le corna, tipiche dei brontoteri tardi, si trovavano sul rostro, nella regione di passaggio tra le ossa frontali e nasali. La parte anteriore delle ossa nasali sporgeva liberamente sopra le ossa mascellari e pre-mascellari, analogamente a quanto si osserva in rinoceronti e cavalli, ma in contrasto con i tapiri, che presentano ossa nasali spostate più indietro.[7] Altre caratteristiche comuni a tutti i brontoteri includevano un rostro accorciato e una regione posteriore del cranio allungata dietro le orbite.[5]

La mandibola era generalmente robusta e mostrava una sinfisi piuttosto corta. Nella maggior parte delle specie il dentale portava una dentatura completa, con tre incisivi, un canino, quattro premolari e tre molari per ramo mandibolare. Solo le forme evolutivamente più recenti presentavano una riduzione del numero di incisivi (di solito uno in meno) e talvolta l'assenza del primo premolare anteriore. Gli incisivi avevano spesso una morfologia piccola e globosa. I denti posteriori, in generale a corona bassa (brachidonti), erano provvisti sulle superfici occlusali di cuspidi smaltate a forma di mezza luna (bunoselenodonti). Una caratteristica diagnostica dei brontoteri era la cresta di taglio a forma di W situata sul lato buccale dei molari, l'ectolofo, che collegava le due principali cuspidi buccali (paracono e metacono). Le due principali cuspidi linguali (protocono e ipocono), invece, rimanevano isolati. A differenza di quanto accade nei rinoceronti e nei tapiri, i brontoteri non presentavano creste di taglio trasversali (come protolofo e metalofo) tra le cuspidi buccali e quelle linguali. La struttura dei molari consentiva comunque di triturare materiale vegetale piuttosto coriaceo.[8][5]

Corna

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Cranio di Embolotherium.

A differenza delle corna dei rinoceronti, le strutture cornute dei brontoteri non erano costituite da cheratina, bensì rappresentavano escrescenze ossee del cranio e per questo motivo si sono conservate nei fossili. Esse si sviluppavano a partire dalla parte posteriore delle ossa nasali ed erano ricoperte anteriormente dalle ossa frontali.[9] La maggior parte dei brontoteri provvisti di corna possedevano in genere due corna appaiate, situate spesso sopra l'orbita; in corrispondenza di questa regione la larghezza delle ossa nasali aumentava sensibilmente. A differenza delle corna dei rinoceronti, quelle dei brontoteri non terminavano in una punta, ma erano arrotondate. Alla base presentavano una sezione circolare o ovale e talvolta si proiettavano obliquamente verso l'esterno; le estremità potevano essere leggermente biforcute, come nel caso di Megacerops.[10] In molti casi, tuttavia, le formazioni cornee consistevano soltanto in rigonfiamenti ossei più o meno sviluppati, caratteristica tipica soprattutto delle forme più antiche dal punto di vista evolutivo.[11] In alcune specie asiatiche di brontoteri le corna risultavano molto ravvicinate o fuse tra loro, formando così una vera e propria rampa ossea, evidente in modo particolare in Embolotherium. Si ritiene generalmente che le corna, analogamente a quelle delle giraffe, fossero ricoperte di pelle; tuttavia, la loro superficie non mostra canalicoli per i vasi sanguigni. È stato però dimostrato che in Embolotherium l'intera struttura a rampa era integrata nei tessuti molli della parte anteriore del capo, conferendo all'animale un aspetto facciale molto marcato.[5]

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Ritrovamenti fossili

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Recupero di resti fossili di brontoteri da parte del personale del National Museum of Natural History nel nord-ovest degli Stati Uniti, 1931.

I ritrovamenti di brontoteri sono numerosissimi e provengono sia dal Nord America sia dall'Eurasia. La qualità dei fossili, tuttavia, varia notevolmente da un'area all'altra e da un periodo all'altro, a causa delle differenze nella natura dei depositi fossiliferi e nelle tecniche di scavo e preparazione, il che fa sì che alcune specie siano molto meglio conosciute di altre. Spiccano alcune località che si sono rivelate eccezionali per abbondanza e qualità dei resti fossili. Una vera e propria "camera del tesoro" è rappresentata dal Nord America centro-occidentale, in particolare dagli Stati Uniti nord-occidentali, nelle High Plains e nelle Rocky Mountains di South Dakota, Nebraska e Wyoming. Verso nord l'area fossilifera si estende fino al Saskatchewan e alla Columbia Britannica, nel sud-ovest del Canada.[12] Proprio in questa regione ricca di fossili avvennero i primi ritrovamenti. Particolarmente importanti sono le White River Badlands, dove abbondantissimo materiale proviene dalla Chadron Formation, nel bacino del White River. Questo livello roccioso, datato all'Eocene superiore, ha restituito soprattutto resti di Megacerops. In base all'antico nome sinonimico, oggi obsoleto, Titanotherium, attribuito in passato a questo genere, gli strati fossiliferi vengono ancora indicati come Titanotherium beds.[13] Di grande rilievo è anche la Duchesne River Formation nello Utah, leggermente più antica e celebre per i resti eccezionalmente ben conservati di Duchesneodus, un parente stretto di Megacerops. Un'altra area fondamentale è la Clarno Formation in Oregon, che ha restituito splendidi fossili di Eubrontotherium.[5] Più a ovest, in California, sono stati rinvenuti abbondanti materiali fossili, tra cui esemplari neonati di Parvicornus quasi allo stato di nascita.[14] I ritrovamenti più settentrionali del Nord America provengono dalla Margaret Formation nell'isola di Ellesmere, nell'arcipelago artico canadese a nord del Circolo polare artico. Datati alla transizione tra l'Eocene inferiore e medio, questi resti sono riferiti principalmente a Eotitanops e Palaeosyops.[15][16][17]

Al di fuori del Nord America, eccezionali giacimenti si trovano in Asia orientale, dove spicca il deserto del Gobi. Da diverse formazioni rocciose dell'Eocene medio e superiore – tra cui la Irdin Manha Formation, la Shara Murun Formation e la Ulan Gochu Formation – proviene un gran numero di fossili di Gnathotitan, Rhinotitan e del massiccio Embolotherium. Le ricerche in quest'area ebbero inizio soprattutto negli anni 1920 grazie alle spedizioni dell'American Museum of Natural History,[18] ma anche in seguito sono stati rinvenuti molti altri reperti.[19] Di grande importanza sono anche i giacimenti del Belucistan (Pakistan sud-occidentale), che hanno restituito alcuni dei più antichi resti asiatici di brontoteri.[20] A partire dagli anni 1990, l'Asia centrale ha assunto un ruolo sempre più importante nella ricerca su questo gruppo di perissodattili, come dimostrano, ad esempio, gli eccezionali resti fossili di Aktautitan rinvenuti in Kazakistan.[4]

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Paleobiologia

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Alimentazione

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Cranio e ricostruzione della testa di Palaeosyops.

Il caratteristico smalto dentale bunoselenodonte (con rilievi a forma di mezza luna) presente sulle superfici masticatorie dei molari, insieme alla bassa altezza della corona, è di norma un indice di un'alimentazione a base di vegetali teneri (browsing).[21] Questa interpretazione è confermata da analisi microscopiche delle superfici occlusali dei denti di vari generi di brontoteri, come Eotitanops, Telmatherium, Metarhinus, Duchesneodus e Megacerops. Le numerose sottili striature e le piccole cavità osservate suggeriscono una specializzazione verso una dieta prevalentemente folivora, con ingestione occasionale di fini sedimenti del suolo. Solo nelle forme più antiche potrebbe aver avuto un certo peso un consumo maggiore di frutti, analogamente a quanto accaduto nei primi cavalli. È invece da escludere in larga misura un'alimentazione mista comprendente corteccia, rami o semi. Poiché i grandi erbivori attuali presentano nella maggior parte dei casi un diverso schema di masticazione, i ricercatori ritengono che i brontoteri fossero molto selettivi nella scelta del cibo. Inoltre, si è rilevato che soprattutto i brontoteri più tardi dell'Eocene superiore presentavano un numero maggiore di piccole striature sulle superfici masticatorie, fatto che potrebbe riflettere un cambiamento nelle piante preferite oppure modifiche generali del paesaggio.[22][23] Le analisi isotopiche dello smalto dei molari indicano che i brontoteri più recenti, come Megacerops, si nutrivano quasi esclusivamente di foglie e mostravano una notevole dipendenza dall'acqua. Quest'ultimo dato suggerisce un apparato digerente simile a quello degli odierni perissodattili, nei quali gran parte della fermentazione del cibo avviene nell'intestino crasso (endgut fermenters).[2]

Dimorfismo sessuale

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Cranio di Megacerops: le diverse dimensioni delle corna sono oggi considerate un carattere sessuale.

All'interno delle singole specie e generi di brontoteri si riscontrano differenze nella struttura corporea, interpretate spesso come dimorfismo sessuale. In molte forme, soprattutto in quelle prive di corna, si osservano variazioni nella dentatura: in alcuni individui il canino è molto sviluppato e supera nettamente i denti adiacenti, mentre in altri risulta meno pronunciato. Alla presenza di canini grandi si accompagna di frequente un cranio più robusto, con arcate zigomatiche massicce che offrono ampie superfici d'inserzione per la muscolatura masticatoria, spesso evidenziate da pronunciate protuberanze ossee. La combinazione di cranio massiccio e canini sviluppati è generalmente associata agli individui maschi, analogamente a quanto accade, ad esempio, nei cavalli attuali. Un'altra probabile differenza sessuale si riscontra nella dimensione delle corna di alcune specie cornute di brontoteri: gli individui con corna più grandi e con ossa nasali più robuste sono considerati maschi, mentre le femmine presentano strutture più gracili. Questo fenomeno è ben documentato in generi come Megacerops, Duchesneodus ed Embolotherium.[5][8][24] È particolarmente significativo che in alcune delle specie più recenti di brontoteri non si osservi più alcuna differenza dentaria tra i sessi, poiché i canini sono simili in tutti gli individui fossili rinvenuti. Tale condizione è evidente soprattutto in Embolotherium, che possedeva una vistosa rampa ossea sul cranio, ma anche in Duchesneodus, che invece presentava due corna separate.[24] Si ipotizza che in questi casi si sia verificata una riduzione secondaria del dimorfismo dentario, probabilmente in relazione allo sviluppo delle strutture cornee. Un processo analogo si osserva negli attuali artiodattili dotati di corna o palchi, nei quali i canini non risultano ingranditi; al contrario, nei gruppi privi di armi craniche, come i moschi o i traguli, i canini superiori possono essere fortemente sviluppati. Fenomeni comparabili sono documentati anche nei rinoceronti.[11]

Comportamento sociale

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Due esemplari di Megacerops in una ricostruzione in vita.

Del comportamento sociale dei brontoteri si sa poco. Un marcato dimorfismo sessuale è di norma caratteristico di specie in cui un maschio si accoppia con più femmine all'interno di un gruppo sociale stabile, oppure di specie territoriali. È quindi possibile che canini e corna servissero come organi di esibizione durante la stagione riproduttiva, favorendo il comportamento di imposizione o intimidazione. Alcune costole fossili con fratture guarite potrebbero indicare la presenza di scontri tra individui rivali. Su alcuni esemplari cornuti si osservano inoltre segni di crescita secondaria delle corna, forse dovuti a collisioni durante i combattimenti. Tuttavia, poiché le corna ossee sono meno resistenti di quelle costituite da cheratina, è più probabile che gli eventuali conflitti consistessero soprattutto in spinte e prove di forza, piuttosto che in urti violenti o vere e proprie cariche.[3][11]

Locomozione

La struttura scheletrica, di tipo in linea generale simile a quella dei rinoceronti, indica – in base alle proporzioni degli arti – una andatura piuttosto pesante e lenta.[6] Tuttavia, alcune peculiarità anatomiche consentono osservazioni più dettagliate sulla locomozione dei brontoteri. In particolare, gli arti posteriori presentavano un ginocchio dalla conformazione quasi simmetrica, con condili femorali di dimensioni simili, caratteristica che li avvicina agli elefanti attuali. I rinoceronti, al contrario, mostrano ginocchia fortemente asimmetriche, un adattamento evolutivo legato al loro notevole aumento di massa corporea che permette andature molto rapide, fino al galoppo – fase di corsa in cui tutti e quattro gli arti lasciano contemporaneamente il suolo – tipica di animali che vivono in ambienti aperti. Gli elefanti, invece, non sono in grado di galoppare. Per i brontoteri di grandi dimensioni, come Megacerops, si ritiene che, a causa della struttura del ginocchio simile a quella degli elefanti e del notevole peso corporeo, la corsa veloce rappresentasse la massima velocità di spostamento.[25] Considerazioni analoghe valgono per Embolotherium, che possedeva ossa lunghe molto robuste, indicative di un'andatura lenta e pesante. Al contrario, il più antico Rhinotitan presentava arti relativamente più slanciati, che potrebbero aver consentito una locomozione più agile e rapida.[26]

Funzioni biologiche

In alcune specie, come Metarhinus, Sphenocoelus e Telmatherium, alla base del cranio i condotti nasali interni originari risultano chiusi e sostituiti da aperture spostate più indietro, verso l'osso vomere. Di conseguenza, l'aria inspirata attraverso le narici veniva convogliata direttamente verso la mucosa olfattiva. Nella regione dell'osso etmoide era inoltre presente una sorta di setto nasale che divideva le vie respiratorie interne in due condotti separati. Questo assetto anatomico suggerisce che i brontoteri potessero essere obbligatoriamente respiratori nasali, cioè incapaci di respirare con la bocca. Una condizione analoga si riscontra negli odierni cavalli, considerati i parenti viventi più prossimi dei brontoteri, e in misura minore anche nei rinoceronti. È stata ipotizzata, con minore probabilità, anche una possibile funzione legata a un'eventuale vita acquatica: in teoria, lo spostamento all'indietro delle vie respiratorie interne avrebbe potuto facilitare il passaggio dell'aria qualora la faringe fosse stata parzialmente riempita d'acqua. Tuttavia, le prove anatomiche attuali non confermano in modo univoco questa interpretazione.[27][28]

Paleoambiente

In base alle abitudini alimentari dei brontoteri, alla loro dieta preferenziale e al fabbisogno idrico, questi animali vissero con ogni probabilità in foreste dense e chiuse, attraversate da fiumi e zone paludose, caratterizzate da un clima umido. Tale ipotesi è sostenuta, tra l'altro, dalle analisi isotopiche sui denti provenienti dalla Chadron Formation – nel bacino del White River e datata all'Eocene superiore – che indicano condizioni ambientali costantemente umide.[2] Queste conclusioni trovano riscontro anche nella maggior parte dei dati geologici e paleontologici. Gli studi sulla paleoflora della Australian Creek Formation (anch'essa dell'Eocene superiore) nella Columbia Britannica, dove sono stati rinvenuti resti dentari di brontoteri, hanno permesso di ricostruire un ambiente costituito da foreste miste di conifere e latifoglie, sviluppatesi in un clima temperato. La temperatura media annua è stata stimata attorno a 13 °C, con una media del mese più freddo di circa -4 °C, e una precipitazione annua di circa 115 cm.[12] I brontoteri dimostrarono tuttavia anche una certa capacità di adattamento a condizioni ambientali estreme, come testimoniano i ritrovamenti nella Margaret Formation dell'Eocene inferiore-medio sull'isola di Ellesmere, nell'alto Artico canadese. L'ambiente originario doveva essere simile a quello delle formazioni Australian Creek e Chadron, ma era sottoposto ai cicli di luce e buio tipici del giorno e della notte polari, con periodi di diversi mesi di luce continua seguiti da altrettanti di oscurità. Queste condizioni comportavano probabilmente carenze stagionali di piante alimentari. Non è ancora chiaro se i brontoteri trascorressero l'intero anno a queste latitudini, ma la presenza documentata di giovani individui suggerisce per alcune specie una residenza permanente nel Grande Nord.[15][16][17]

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Tassonomia

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Posizione tassonomica

 Perissodactyla 
 Tapiromorpha 

 Isectolophidae (†)

 Ancylopoda 

 Lophiodontidae (†)

 Chalicotheriidae (†)

 Ceratomorpha 
 Tapiroidea 

 Helaletidae (†)

 Tapiridae

 Rhinocerotoidea 

 Amynodontidae (†)

 Hyracodontidae (†)

 Rhinocerotidae

 Hippomorpha 
 Equoidea 

 Palaeotheriidae (†)

 Equidae

 Brontotherioidea 

 Lambdotheriidae (†)

 Brontotheriidae (†)

Sistematica dei perissodattili secondo Holbrook e Lapergola, 2011[29]

I Brontotheriidae sono una famiglia estinta appartenente all'ordine dei Perissodattili (Perissodactyla). Tradizionalmente, i perissodattili vengono suddivisi in due grandi linee evolutive: gli Hippomorpha (che comprendono i cavalli) e i Ceratomorpha (il gruppo che include rinoceronti e tapiri). In seguito è stata riconosciuta anche una terza linea, quella degli Ancylopoda (che comprende i calicoteri estinti). Queste tre linee sono oggi considerate per lo più come sotto-ordini. All'interno di questa classificazione, il taxon superiore Tapiromorpha evidenzia la stretta parentela tra Ceratomorpha e Ancylopoda. I brontoteri, tuttavia, vengono generalmente collocati negli Hippomorpha, risultando quindi, malgrado il loro aspetto esteriore molto diverso nelle forme più evolute, più affini ai cavalli che ai rinoceronti. La parentela con i primi cavalli si riflette in numerosi caratteri cranici, come la morfologia del largo osso nasale, la breve sinfisi mandibolare, nonché in aspetti della dentatura. Il gruppo più strettamente imparentato con i brontoteri è rappresentato dai Lambdotheriidae, anch'essi estinti, con i quali formano la superfamiglia Brontotherioidea.[7][29] Esistono però anche interpretazioni alternative secondo le quali i brontoteri, insieme ai lambdoteri, occuperebbero una posizione molto basale all'interno dei perissodattili, poiché conservano numerosi caratteri primitivi di quest'ordine di mammiferi. In tale prospettiva, brontoteri e lambdoteri vengono talvolta assegnati a un sotto-ordine autonomo, denominato Titanotheriomorpha. In ogni caso, le relazioni filogenetiche precise tra i brontoteri, i cavalli e gli altri perissodattili non sono ancora definitivamente chiarite[30]

 Perissodactyla 
 Titanotheriomorpha 

 Brontotheriidae (†)

 Lophodontomorpha 
 Ancylopoda 

 Isectolophidae (†)

 Chalicotherioidea 

 Lophiodontidae (†)

 Chalicotheriidae (†)

 Euperissodactyla 
 Ceratomorpha 

 Tapiroidea

 Rhinocerotoidea

 Hippomorpha 

 Palaeotheriidae (†)

 Equidae

Sistematica dei perissodattili secondo Hooker e Dashzeveg, 2004[30]

Sistematica interna

In origine, i diversi generi di brontoteri erano stati assegnati a varie sottofamiglie, come i Brontotheriinae, i Telmatheriinae o gli Embolotheriinae. Tuttavia, la sistematica interna della famiglia era stata studiata in modo approfondito quasi esclusivamente per le forme nordamericane,[8] mentre le specie eurasiatiche erano state solo raramente prese in considerazione.[31][32] Queste ultime venivano sì incluse in sottofamiglie specifiche,[6][18] ma la loro connessione filogenetica con i taxa americani rimaneva problematica. Tale situazione fu risolta soltanto grazie a una ampia revisione della famiglia condotta da Matthew C. Mihlbachler nel 2008,[5] seguita nel 2010 da una parziale revisione delle forme più antiche ad opera di Bryn J. Mader, che Mihlbachler aveva trattato solo marginalmente.[33] A seguito di queste revisioni, la famiglia dei brontoteri è stata riorganizzata in tre sottofamiglie principali, con i Brontotheriinae a comprendere tutte le forme più evolute. Le altre suddivisioni di rango superiore sono state riconodotte ai livelli di tribù, sottotribù e infratribù. All'interno di questa struttura i Brontotheriina raggruppano tutti i brontoteri dotati di corna, i Telmatheriina comprendono quelli che presentano soltanto rigonfiamenti ossei e i Rhadinorhinina sono privi di entrambe le caratteristiche. Le due infratribù dei Brontotheriita e degli Embolotheriita si distinguono invece per la morfologia delle corna: i primi possedevano due corna separate, mentre i secondi avevano corna ravvicinate o fuse, talvolta sviluppate in una vera e propria rampa ossea. Le varie linee evolutive dei brontoteri non erano legate a specifiche aree geografiche, ma mostrano complessi intrecci di affinità tra i diversi continenti della loro epoca. Ciò indica che durante la loro storia evolutiva vi furono scambi faunistici multipli e bidirezionali tra le diverse masse terrestri[5][34]

Panoramica dei generi

 Brontotheriidae 

 Eotitanopinae

 Palaeosyopinae

 Brontotheriinae

 Brontotheriini

 Rhadinorhinina

 Telmatheriina

 Brontotheriina

 Brontotheriita

 Embolotheriita

Sistematica interna dei Brontotheriidae secondo Mihlbachler, 2008[5] e Mader, 2010[33]

Attualmente sono note oltre 40 generi appartenenti alla famiglia Brontotheriidae, la cui ultima revisione completa risale, come già menzionato, al 2008. La seguente classificazione, che incorpora le modifiche proposte da Mader nel 2010 e le scoperte più recenti, è così articolata:[5][20][33][34][35][36]

  • Famiglia: Brontotheriidae Marsh, 1873
  • Balochititanops Missiaen, Gunnell & Gingerich, 2011
  • Pakotitanops West, 1980
  • Xylotitan Mihlbachler & Samuels, 2016
  • Sottofamiglia: Eotitanopinae Osborn, 1914
  • Sottofamiglia: Palaeosyopinae Steinmann & Döderlein, 1890
  • Palaeosyops (= Limnohyops, Limnohyus, Eometarhinus) Leidy, 1870
  • Sottofamiglia: Brontotheriinae Marsh, 1873
  • Bunobrontops Holroyd & Ciochon, 2000
  • Mesatirhinus Osborn, 1908
  • Dolichorhinus Hatcher, 1895
  • Sphenocoelus Osborn, 1895
  • Desmatotitan Granger & Gregory, 1943
  • Acrotitan Ye, 1983
  • Tribù: Brontotheriini Marsh, 1873
  • Microtitan Granger & Gregory, 1943
  • Sthenodectes Gregory, 1912
  • Epimanteoceras Granger & Gregory, 1943
  • Nanotitanops Qi & Beard, 1998
  • Sottotribù: Rhadinorhinina Osborn, 1929
  • Fossendorhinus Mihlbachler, 2008
  • Metarhinus Osborn, 1908
  • Sottotribù: Telmatheriina Osborn, 1914
  • Telmatherium (= Leurocephalus, Manteoceras) Marsh, 1872
  • Metatelmatherium Granger & Gregory, 1938
  • Wickia Mihlbachler, 2008
  • Qufutitan Wang & Wang, 1997
  • Sottotribù: Brontotheriina Marsh, 1873
  • Protitan Granger & Gregory, 1943
  • Protitanotherium Hatcher, 1895
  • Rhinotitan Granger & Gregory, 1943
  • Infratribù: Embolotheriita Osborn, 1929
  • Pollyosbornia Mihlbachler, 2008
  • Gnathotitan Granger & Gregory, 1943
  • Aktautitan Mihlbachler, Lucas, Emry & Bayshashov, 2004
  • Pygmaetitan Miao, 1982
  • Brachydiastematherium Böckh & Matyasovski, 1876
  • Metatitan Granger & Gregory, 1943
  • Maobrontops Averianov, Danilov, Chen & Jin, 2018
  • Nasamplus Mihlbachler, 2008
  • Protembolotherium Tang, You, Xu, Qiu & Hu, 1974
  • Embolotherium (incluso Titanodectes) Osborn, 1929
  • Infratribù: Brontotheriita Marsh, 1873
  • Diplacodon (= Eotitanotherium) Marsh, 1875
  • Pachytitan Granger & Gregory, 1943
  • Parvicornus Mihlbachler & Deméré, 2009
  • Parabrontops Granger & Gregory, 1943
  • Eubrontotherium Mihlbachler, 2007
  • Protitanops Stock, 1936
  • Notiotitanops Gazin & Sullivan, 1942
  • Dianotitan Chow & Hu, 1959
  • Duchesneodus (= Teleodus) Lucas & Schoch, 1982
  • Megacerops (= Allops, Ateleodon, Brontops, Brontotherium, Menodus, Menops, Oreinotherium, Titanops) Leidy, 1870

In alcune classificazioni, i Lambdotheriidae vengono inclusi nei Brontotheriidae come sottofamiglia. In tal caso si aggiungono:

Un ulteriore genere, Xenicohippus,[37] talvolta elencato in questo contesto, è oggi considerato più probabilmente una forma primitiva di cavallo.[38]

Alcuni taxa, infine, sono ritenuti di status generico incerto, ma sono talvolta citati in letteratura come validi:[5]

  • Arctotitan Wang, 1978
  • Mulkrajanops Kumar & Sahni, 1985
  • Sivatitanops Pilgrim, 1925
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Storia evolutiva

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Radiazione adattativa

Tra le principali tendenze evolutive dei brontoteri si riscontrano un aumento della taglia corporea e lo sviluppo di corna ossee nella regione di transizione tra osso nasale e osso frontale. Tuttavia, il notevole incremento di peso avvenuto durante la loro storia evolutiva non seguì una crescita lineare secondo la cosiddetta legge di Cope, ma si manifestò in modo più irregolare. La ragione risiede nel fatto che i brontoteri poterono occupare nicchie ecologiche scarsamente sfruttate dai mammiferi del Paleogene, circostanza che favorì più volte la comparsa di specie di grandi dimensioni. Il carattere non lineare di questo processo si evince dal fatto che, in presenza di specifiche pressioni ambientali, si svilupparono ripetutamente anche forme di piccola taglia. Uno studio del 2023 ha indicato come fattore determinante la saturazione delle nicchie ecologiche: nelle nicchie densamente popolate il tasso di speciazione era elevato, ma altrettanto elevata risultava anche la frequenza di estinzioni. Al contrario, in ambienti meno affollati la competizione era minore; si formavano meno specie, ma queste tendevano a permanere più a lungo e a raggiungere dimensioni corporee maggiori.[39]

Il cranio subì profonde modificazioni: negli esemplari più primitivi era ancora piatto o leggermente convesso, ma la progressiva elongazione dell'osso occipitale, con la conseguente posizione più bassa del capo, portò alla formazione di una linea frontale fortemente incavata ("a sella"). Si verificò inoltre una riduzione del rostro anteriore, che comportò un cambiamento nella posizione delle orbite rispetto alla dentatura: nei brontoteri primitivi le orbite si trovavano sopra o poco dietro il terzo molare, mentre nelle forme più tarde erano sopra il primo o il secondo molare. Ne derivò un cranio posteriore molto più sviluppato nelle specie più moderne. Nella dentatura si osservò una progressiva trasformazione dei premolari, che divennero sempre più simili ai molari, e in alcune linee si sviluppò un diastema. Parallelamente, a causa del passaggio da una dieta ricca di frutti a una più folivora, i molari inizialmente bunodonti (con cuspidi arrotondate) evolsero in forme lofodonti (con creste di smalto trasversali) e infine selenodonti (con creste a forma di mezzaluna). Il numero complessivo dei denti variò poco: solo alcune specie tardive persero un incisivo anteriore per lato. Il traffico faunistico e le dispersioni geografiche dei brontoteri avvennero con ogni probabilità attraverso le regioni dell'estremo nord.[5][40]

Origine e sviluppo

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Frammento mandibolare di Danjiangia.
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Ricostruzione dell'evoluzione dei brontoteri secondo H. F. Osborn, 1929.

L'evoluzione dei brontoteri è ben conosciuta grazie alla ricchissima documentazione fossile proveniente dal Nord America, nonché dall'Asia orientale e centrale, ma la loro origine esatta non è ancora del tutto chiarita. Alcuni ricercatori ipotizzano un'origine nordamericana: qui le forme più antiche compaiono nell'Eocene inferiore, circa 53 milioni di anni fa (fase locale nota come Wasatchiano). Come possibile taxon di partenza viene talvolta considerato Lambdotherium, a volte incluso tra le forme più basali dei brontoteri, sebbene da alcuni autori sia posto in una famiglia distinta. Tra i reperti più antichi spiccano due scheletri parziali provenienti dal Fossil Butte Member della Green River Formation, nel bacino del Green River negli Stati Uniti nord-occidentali, datati allo strato faunistico Lostcabiniano, circa 52 milioni di anni fa.[33][40][41] Altri studiosi ipotizzano invece un'origine asiatica, basandosi su Danjiangia, forse un rappresentante molto primitivo proveniente dalla Lingcha Formation nella provincia cinese di Henan, che mostra alcune affinità con Lambdotherium ma è più antico (circa 56 milioni di anni fa, nel passaggio Paleocene-Eocene, fase locale detta Bumbaniano).[36]

I primi brontoteri nordamericani erano ancora di piccola taglia, come Eotitanops o Palaeosyops, con altezza al garrese di circa un metro o meno e privi di corna; per Eotitanops si stima un peso di circa 140 kg.[34] Benché allora fossero un elemento faunistico relativamente raro, resti fossili sono stati rinvenuti anche alle alte latitudini, ad esempio nella Margaret Formation dell'isola di Ellesmere[15][16][17] e nella Buchanan Lake Formation dell'isola di Axel Heiberg,[42] aree che all'epoca ospitavano foreste paludose.[16] In Asia, forme precoci come Balochititanops, dalla Ghazij Formation della regione di Kingri in Belucistan, risultano contemporanee dei primi brontoteri nordamericani.[20]

La massima espansione del gruppo si ebbe nell'Eocene medio, circa 50-37 milioni di anni fa, periodo dal quale sono note circa due dozzine di generi.[40] Un tratto distintivo fu il marcato aumento della taglia corporea: per Bunobrontops, ancora piuttosto primitivo e proveniente dalla Pondaung Formation del Myanmar, si stima un peso di 510-990 kg, sebbene il genere sia conosciuto quasi solo per resti dentari.[43] Le forme leggermente più giovani ma più evolute, come Wickia e Metatelmatherium, raggiungevano invece 1,6-2,1 t.[34] Nonostante questa tendenza all'ingrandimento, si svilupparono più volte anche forme nane, un processo non ancora del tutto spiegato ma documentato, ad esempio, da Nanotitanops[44] e Xylotitan.[34] Parallelamente all'aumento generale della taglia si osservò una crescita delle dimensioni craniche, con l'evoluzione di crani molto allungati, come in Dolichorhinus, nei quali le orbite erano situate molto in avanti. Le prime formazioni cornee compaiono nell'Eocene medio avanzato, attraverso fasi successive. Inizialmente, in alcune specie, l'osso frontale sviluppò piccole escrescenze triangolari che si estendevano sopra l'osso nasale; tale stadio è ben documentato in Telmatherium, noto da abbondantissimi resti provenienti da Twin Buttes nel Bridger Basin del Wyoming. Questa forma è spesso considerata il gruppo fratello di tutti i brontoteri cornuti. Successivamente comparvero piccoli rilievi ossei, come attestato in Rhinotitan (Asia) e Protitanotherium (Nord America), che precedettero la formazione delle vere corna ossee. Sempre verso la fine dell'Eocene medio, i brontoteri raggiunsero l'Europa, dove rimasero comunque rari. Nei pressi di Cluj-Napoca (Romania) è stato trovato un frammento di mandibola attribuito a Brachydiastematherium.[5] Più recenti – risalenti già all'Eocene superiore – sono i denti e i resti mandibolari rinvenuti a Kameno e Černo More (Bulgaria), la cui collocazione sistematica è però ancora discussa.[45][46] Nell'Eocene medio i brontoteri rappresentarono il gruppo più diversificato di grandi mammiferi sia in Nord America sia in Asia. Colpisce il fatto che non vi fu una radiazione indipendente nei due continenti: lo sviluppo filogenetico fu fortemente interconnesso, tanto che alcuni autori ipotizzano fino a una dozzina di scambi intercontinentali in entrambe le direzioni.[5][34][17]

Durante l'Eocene superiore (circa 37-34 milioni di anni fa) il numero di specie iniziò a declinare progressivamente. Di questo periodo si conoscono circa dieci generi, la maggior parte concentrata nella fase iniziale. Tutti i brontoteri noti erano ormai dotati di corna e per lo più di grande mole, come Megacerops, che poteva raggiungere fino a 3 t di peso. In questa fase si differenziarono due linee principali: una con due corna distanziate, vicina filogeneticamente a Megacerops, e un'altra con corna ravvicinate o fuse, affine a Embolotherium. Verso la fine dell'Eocene si verificarono importanti cambiamenti climatici, con un abbassamento delle temperature, che nel successivo Oligocene si accentuarono, favorendo la diffusione delle prime praterie e di ambienti più aperti. È probabile che i brontoteri non riuscissero ad adattare la loro dieta altamente specializzata a questi nuovi paesaggi, soprattutto nelle medie e alte latitudini, dove erano maggiormente diffusi, e che siano stati soppiantati da erbivori più competitivi, come i rinoceronti in espansione e i calicoteri.[21] La maggior parte delle specie di brontoteri si estinse prima della fine dell'Eocene, mentre Megacerops sopravvisse fino a circa 34 milioni di anni fa.[40]

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Storia della ricerca

Riepilogo
Prospettiva
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Othniel Charles Marsh
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Disegno originale...
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...e fotografia del primo frammento mandibolare di un brontoterio descritto da Hiram A. Prout nel 1847

Lo studio dei brontoteri risale agli anni 1840 e iniziò in Nord America con le prime scoperte di resti fossili di questo gruppo di perissodattili. Il primo ritrovamento, un frammento di mandibola con i tre molari posteriori conservati, fu opera di Hiram A. Prout e proveniva dalle White River Badlands lungo il White River nel South Dakota. In una breve pubblicazione del 1846, Prout attribuì il reperto a un enorme Palaeotherium, un primitivo parente dei cavalli; un anno dopo ne fornì una descrizione più dettagliata.[47][48] Nel 1850, David Dale Owen e Joseph Granville Norwood dedicarono la nuova specie Palaeotherium proutii a Prout, basandosi su altri ritrovamenti provenienti dalla stessa regione,[49] anche se non è chiaro se includessero il frammento mandibolare originario. Ulteriori resti della medesima area, compreso l'esemplare illustrato da Prout, furono poi attribuiti nel 1852 da Joseph Leidy (1823-1891) a Titanotherium, sebbene egli menzionasse questo nome solo marginalmente.[50] Tuttavia, il naturalista francese Auguste Pomel (1821-1898) aveva già descritto nel 1849 lo stesso reperto sotto il nome di Menodus, conferendo non solo il nome di genere ma anche la specie Menodus giganteus, anticipando così l'uso del nome Titanotherium.[51] Si tratta quindi del binomio più antico attribuito a un rappresentante dei brontoteri e, nello stesso tempo, della prima denominazione scientifica per un fossile proveniente dalle ricchissime White River Badlands.[13] Per lungo tempo il reperto di Prout fu considerato perduto – si pensava fosse andato distrutto nello stesso 1849 durante un grande incendio a St. Louis – finché nel 1957 non ricomparve al National Museum of Natural History di Washington, D.C. (oggi catalogato come USNM 21820). La denominazione Menodus giganteus, tuttavia, è oggi considerata non valida, sia per la complessa storia del reperto e delle numerose specie e generi successivamente istituiti, sia perché non può essere assegnata a nessuna delle specie valide attuali di brontoteri (nel senso ristretto di Megacerops).[52]

Già negli anni 1850, il geologo statunitense Ferdinand Hayden (1829-1887) scoprì un ricchissimo materiale fossile nelle White River Badlands, comprendente numerosi resti di brontoteri, fornendo un contributo fondamentale a questa fase pionieristica della ricerca. Negli anni 1870-1890, lo studio dei brontoteri si svolse sullo sfondo della celebre disputa nota come "guerra delle ossa", che contrappose i paleontologi americani Edward Drinker Cope (1840-1897) e Othniel Charles Marsh (1831-1899). Fu proprio Marsh a introdurre per la prima volta, nel 1873, il nome Brontotherium, definendo il genere sulla base di tre scheletri conservati al Peabody Museum of Natural History della Yale University.[53] Tuttavia, oggi Brontotherium è considerato sinonimo di Megacerops, nome già proposto da Leidy nel 1870 sulla base di un cranio proveniente dal Colorado, notando somiglianze con il suo precedente Titanotherium.[54] Durante questo periodo, Cope e Marsh raccolsero enormi quantità di fossili in Nord America, soprattutto nei due Dakota e nel Nebraska; negli anni 1880, Marsh impiegò John Bell Hatcher, che tra il 1886 e il 1888 gli inviò da solo circa 11.000 tonnellate di materiale fossile. Numerosi generi furono descritti, ma molti si rivelarono in seguito identici ad altri già noti.[3] Al di fuori del Nord America, nel XIX secolo furono conosciuti soltanto pochi resti dentari provenienti dall'Europa sud-orientale, pubblicati tra il 1870 e il 1890.[5][46]

Nella stessa opera in cui istituì il genere Brontotherium, Marsh inserì questo e Titanotherium nella famiglia Brontotheriidae (da lui scritta inizialmente Brontotheridae, grafia corretta solo nel 1902 da Oliver Perry Hay), oggi il nome valido della famiglia. Egli riconobbe anche l'appartenenza ai perissodattili,[53] sebbene vi collocasse solo le forme più evolute, assegnando invece generi più antichi come Diplacodon alla famiglia Limnohyidae.[55] Fu Cope, nel 1879, a riunire queste due famiglie, ma le assegnò ai Chalicotheriidae;[56] successivamente separò nuovamente i Menodontidae (basati su Menodus) come ramo evolutivo più recente dei brontoteri.[57] Alla fine del XIX secolo erano quindi in uso diverse denominazioni per la famiglia, tra cui Titanotheriidae, introdotta nel 1876 dal naturalista britannico William Henry Flower.[58] Indipendentemente da Flower e probabilmente ignaro dei suoi scritti, Henry Fairfield Osborn (1857-1935) riprese nel 1890 il termine Titanotheriidae, usandolo per tutta la vita e correggendo l'errata collocazione di alcune forme tra i calicoteri fatta da Cope.[59] Oggi Titanotheriidae sopravvive solo come sinonimo informale di Brontotheriidae, ma deriva comunque da Titanotherium, nome di Leidy.[5][8]

Agli inizi del XX secolo, dopo la morte di Marsh, fu Osborn a dare nuovo impulso agli studi. Lavorando all'American Museum of Natural History, ebbe accesso alle note di Marsh e Cope e preparò una monografia completa sui brontoteri, che chiamava in generale titanoteri. Negli anni 1920, Osborn organizzò le celebri Central Asiatic Expeditions of the American Museum of Natural History (1922-1930) nel deserto del Gobi, guidate in gran parte da Roy Chapman Andrews e Walter W. Granger. In queste missioni furono scoperti, accanto a dinosauri e molti altri fossili, numerosissimi resti di brontoteri, tra cui forme nuove come Embolotherium e Gnathotitan, fornendo la prova definitiva della diffusione asiatica del gruppo. Osborn studiò progressivamente questo materiale in numerose pubblicazioni e, nel 1929, diede alle stampe la monumentale opera Titanotheres of ancient Wyoming, Dakota, and Nebraska, oltre 890 pagine corredate da più di 230 tavole, che comprendeva anche un ampio supplemento di oltre 40 pagine dedicato ai ritrovamenti asiatici.[6] Dopo la morte di Osborn nel 1935, le sue ricerche furono proseguite da Walter W. Granger e William King Gregory.[3][5]

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Note

Bibliografia

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