Sorge nei pressi del luogo in cui, nel 315, si verificò, per la prima volta, il prodigio della fusione del sangue di san Gennaro, dopo che, nel 1897, era stata eseguita la demolizione della cappelletta memoriale (da cui il luogo trae la denominazione popolare di "abbasci'ê ccappelle" (dal napoletano: "giù alle cappelle", le quali erano, per l'appunto, due, dedicate, rispettivamente, a san Gennaro e a san Pietro), e dopo il fallimento del progetto, voluto da Ferdinando II di Borbone, di realizzazione d'una basilica modellata su quella di San Francesco di Paola, progettata da Francesco Cappelli e Giuliano Taglialatela.
L'edificio religioso originario fu fondato nel corso del Medioevo, in data tuttora ignota; tuttavia, nel XVII secolo, Camillo Tutini e Carlo Celano riportano la presenza di "un altarino e sopra di esso la testa di marmo del Santo", eretto in epoca assai risalente, e già meta di fastose processioni da parte dei numerosi fedeli.
Nel 1707 la duchessa di Diano Brigida Spinola, vedova del Marchese di Ramonte Marcello Calà, e suo figlio Filippo Ossorio olim Calà, Marchese di Villanova, proprietari del terreno ove sorgeva l'edicola, commissionarono l'erezione di "una volta a mo' di cappella". Sulla facciata di tale complesso fu posta la summenzionata testa del Santo, di fattura cinquecentesca, ad oggi incorporata in un monumento in piperno posto nei pressi di via Conte della Cerra, mentre all'interno si trovava una lapide commemorativa della fondazione[1].
Sul finire del secolo la detta cappella dedicata a San Gennaro divenne possesso della famiglia Vacchiano e prese, forse, a chiamarsi col nome dei proprietari (nello specifico cappella Vacchiano), i quali, in seguito, la vendettero al re Ferdinando II di Borbone nel 1857, che progettò di realizzarvi una basilica che tuttavia rimase incompiuta a causa della caduta della dinastia borbonica.
Nel 1902 il monsignoreGennaro Sperindeo (1870 - Napoli, 1954) programmò la realizzazione d'una chiesa mediante raccolta di elemosine, vista l'indignazione degli abitanti della zona per l'abbattimento della vecchia Cappella e anche in occasione del sedicesimo centenario del martirio di san Gennaro.
Il terreno che avrebbe dovuto ospitare la costruenda basilica fu, in un primo momento, individuato in quello di fronte (dall'altro lato della strada, quello a sud, dove era collocata da cappella abbattuta) al quale, poi, effettivamente, fu costruita la basilica. Il primo terreno era esposto a nord e, quindi, la facciata della basilica sarebbe stata buia e, data la pendenza nord-sud della strada, infossata; esso fu permutato con quello di fronte (a nord) e si iniziarono i lavori di costruzione.
Il 27 dicembre 1904 fu posta la prima pietra e il 10 settembre 1905 fu inaugurata, aprendo al culto solo la cripta. I lavori proseguirono con molto rilento per problemi finanziari.
Il 19 settembre 1932 fu aperta al culto tutta la basilica, ma doveva essere ancora rifinita, mancando finanche il rivestimento della facciata.
Nel 1968 la basilica fu definitivamente completata.
Non lontano dal fabbricato, all'inizio di via della Cerra, si erge un'edicola risalente al 1941, con un'effigie marmorea della testa di san Gennaro, prelevata dalla preesistente cappella Vacchiano, eretta, nel 1707, dai proprietari della vicina villa Pontaniana, sul medesimo sito e sempre intitolata al santo, per commemorare, secondo la leggenda, la prima miracolosa liquefazione del suo sangue, avvenuta, seconda una tradizione locale, al passaggio delle ossa del martire lungo quella strada sotto l'impero di Costantino.
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Architettura
Riepilogo
Prospettiva
La basilica fu progettata, tra il 1902 ed il 1904, dall'Ing. Giuseppe Pisanti (Ruoti, 19 novembre 1826 - Napoli, 28 novembre 1913)[2], con la collaborazione nella realizzazione della progettazione dell'ing. Silvio Castrucci (Alvito, 21 novembre 1854 - Alvito, 31 agosto 1919)[3], che ne fu anche Direttore dei Lavori, sostituiti poi, alla loro morte, nel 1919, dall'Ing. Gaetano Cappa[4], che diede inizio alla copertura della basilica, lavori terminati nel 1932.
Nella parete interna della facciata, sopra il portale, a sinistra, in corrispondenza della navata destra c'è un quadro su tela raffigurante san Pietro, mentre sopra il portale, a destra, in corrispondenza della navata sinistra, c'è un quadro su tela raffigurante san Paolo.
Nell'anticamera della sagrestia, sulla parete di sinistra, ci sono due quadri a tela, il primo raffigurante la Madonna del Rosario di Pompei con san Domenico e santa Caterina, il secondo raffigurante la Madonna con Bambino e rose, del 1937, opera di Rosina Cuoco.
Nella navata destra, sulla parete destra, al centro, tra la 3ª e la 5ª colonna di destra, c'è un bassorilievo rettangolare, di marmo bianco, raffigurante e dal titolo Traslazione del Corpo di San Gennaro, del 1936, opera di Vincenzo Meconio (Napoli, 1900 - Napoli, 1945)[8].
Lapidi commemorative
Nella basilica ci sono due lapidi commemorative di marmo bianco con iscrizioni in cinabro.
La prima, del 1932, posizionata nella navata sinistra, sulla parete sinistra, al centro, tra la 3ª e la 4ª colonna di sinistra, riporta in latino:
(latino)
«AD PERPETUAM REI MEMORIAM
HOC PRAECLARUM AC VENERABILE TEMPLUM
DIVO IANUARIO PRINCIPI PATRONO SACRUM
E FUNDAMENTIS EXCITATUM
LABORIOSA POPULARI STIPE UNDIQUE RECOLLECTA
PIUS X SPONTE SUA AN. R. S. MCMV
TRIBUS CHIROGRAPHIS SUBSEQUENTIBUS AP LITTERIS CONFIRMATIS
SUPREMO BASILICAE ORNAVIT TITULO
ATQUE PONTIFICIA DELEGATIONE CONSTITUTA
SUI IURIS FECIT DECREVIT
IANUARIUS SPERINDEO
A BENEDICTO XV AD PONTIFICII DELEGATI GRADUM ELATUS
PIO XI PONTEFICE MAXIMO
CIVIBUS OMNIUM ORDINUM GESTIENTIBUS
SOLEMNITER DICAVIT
XIV KALENDAS OCTOBRES AN. R. S. MCMXXXII
PISANTI[2] CASTRUCCI[3] ET CAPPA[4] ARCHITECTIS
La seconda, del 1934, posizionata nel transetto sinistro, sulla parete di fondo, a sinistra, riporta in italiano:
(italiano)
«LA DELEGAZIONE PONTIFICIA
GRATA A QUEI GENEROSI
CHE PER IMPULSO DI FEDE
MUNIFICAMENTE CONTRIBUIRONO
ALL'EDIFICAZIONE DI QUESTA BASILICA
LA AFFIDA ALLA SPECIALE PROTEZIONE
DI SAN GENNARO
E NE TRAMANDA I NOMI
AI POSTERI
---
BENEDETTO XV P.M.
PRINCIPESSA ISABELLA ARAGONA PIGNATELLI CORTES[9]
MARCHESA GIULIA MEZZACAPO MASTRILLI[10]
CONTE MARINO SALUZZO DI CORIGLIANO[11]
DOTT. GAETANO MARESCA
SIG.RA CLARA MARSON CRAWFORD
SIG.RA MARGHERITA MASTRILLI DEI MARCH. DI GALLO[12]
MARCHESA ANNA DIANA[13]
La chiesa prima e la basilica poi ebbero una propria pubblicazione[15], che nel corso degli anni prese le seguenti denominazioni:
.. 1903 - settembre-ottobre 1905: Bolletino mensile per la riedificazione della chiesetta di S. Gennaro ad Antignano;
novembre-dicembre 1905 - luglio-agosto 1907: Bollettino mensile per la edificazione della Basilica di S. Gennaro ad Antignano (dal nº 6 della III Annata);
settembre-dicembre 1907 - novembre-dicembre 1910: Bollettino mensile per la edificazione della Basilica Pontificia di S. Gennaro ad Antignano (dal nº 5-6 della V Annata);
gennaio-febbraio 1911 - .. ..: Bollettino mensile tre volte benedetto da S.S. per la edificazione della Basilica Pontificia di S. Gennaro ad Antignano (dal nº 1 della IX Annata).
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Riferimenti letterari
La basilica e la relativa via sono citate in alcuni brani letterari:
«"Guagliù cammenate", diceva mio padre. Arrivati al ponte della Cerra, lungo la strada di San Gennaro ad Antignano, imboccammo via Luca Giordano, proprio di fronte alla scuola Vanvitelli.»
(Vincenzo Leone, Mai un sorriso, 2000, pag. 34[16].)
«Imboccammo via San Gennaro ad Antignano. All'altezza della chiesa una macchina ci sorpassò, bloccandoci la strada, schiacciandoci sotto il marciapiede. Ci fermammo di botto. Ci chiusero tra le due macchine, da dove scesero otto persone, tra le quali io vidi anche il sindaco Clemente.»
(Vincenzo Leone, Mai un sorriso, 2000, pag. 87[16].)
«Ogni giorno spariva verso via Luca Giordano per riapparire di lì la sera. A volte, specialmente in primavera e d’estate, mia madre si faceva bella, imponeva un aspetto civile a me, a mio fratello Geppe, a mio fratello Toni, e tutti e quattro poco dopo il tramonto andavamo ad aspettare Federì alla fermata davanti alla chiesa di San Gennaro ad Antignano, dove sull'architrave c'era un busto del santo tra due angeli oranti che allora mi piaceva molto.»