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Salerno longobarda

storia di Salerno sotto dominio longobardo (620-1077) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Salerno longobarda
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La Salerno longobarda fu il periodo storico della dominazione longobarda nella città di San Matteo, durato per cinque secoli e mezzo.[1]

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Immagine della Salerno longobarda col suo castello e la reggia (distrutta da un fortissimo terremoto nel Duecento), come appare in una miniatura del Canone di Avicenna. L'immagine rappresenta la storia (forse leggendaria) di Roberto, duca di Normandia: ferito mortalmente da una freccia, fu salvato eroicamente dalla moglie longobarda, Sichelgaita di Salerno, che ne succhiò il veleno come era stato prescritto dai medici della "Schola Medica Salernitana"
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Premesse

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«"Si sa che la città di Salerno era, in quest’epoca, l’Atene d’Italia.”...frase scritta dal celebre numismatico Giulio Cordero di San Quintino (1778-1857) nel lontano 1841, ma che conserva ancora oggi tutta la sua carica di attualità: “On sait que la ville de Salerne étoit, à cette époque, l’Athènes de l’Italie” Raffaele Lula[2]»

Salerno fu conquistata dai Longobardi di Arechi I di Benevento nel 620. Da allora, per più di cinque secoli e fino al 1077, la città di San Matteo fu dominata da una minoranza di origine germanica, che le ha lasciato un'impronta indelebile. Con il Principato di Salerno di Guaimario IV, Salerno divenne de facto[3] la capitale di tutto il meridione continentale italiano, unificato per la prima volta dai tempi della fine dell'Impero romano.

Del resto il Principato di Salerno, intorno all'anno 1000, era il territorio più meridionale del Sacro Romano Impero: gli imperatori germanici lo invasero in varie occasioni allo scopo di mantenerlo totalmente soggetto e limitarne l'autonomia.

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Il Sacro Romano Impero nell'anno mille andava da Amburgo fino a Salerno

Inoltre, la Salerno longobarda poté vantare la presenza della scuola medica salernitana,[4] una delle prime "università" di medicina in Europa, cui per la prima volta parteciparono anche delle donne, dette Mulieres Salernitanae: Trotula de Ruggiero, Rebecca Guarna ed Abella Salernitana[5].

Salerno fu anche l'unico territorio longobardo d'Italia a sviluppare una flotta per commerci nel Mediterraneo: nel 1058 un "privilegium mercaturae" concesso dal principe Gisulfo II di Salerno attesta pure la nascita di un mercato franco collegato con le attività marittime.

Va anche ricordato che navi salernitane parteciparono alla presa di Mahdia, nell'attuale Tunisia: nella seconda metà dell'anno mille, Mahdia, allora governata dai vassalli Ziridi dei Fatimidi, viene attaccata ripetutamente e, per breve tempo, conquistata dalle Repubbliche marinare di Genova e Pisa con l'aiuto di Gaeta, Amalfi e Salerno (attacco che, tuttavia, non sortì effetti duraturi[6]).

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Il principe longobardo Guaimario IV
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Storia

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Origini del dominio longobardo (620-840)

Salerno, trovandosi al centro della costa della regione Campania, ha sempre avuto origini "settentrionali" nella sua storia: fu infatti fondata dai Romani, in un territorio peraltro ove in precedenza si erano insediati anche gli etruschi[7]. A differenza della vicina Napoli quindi, che fu fondata dai Greci e poi dominata dai Bizantini, Salerno "romana" divenne "longobarda" attorno al 620.

Dopo una lunga lotta tra i Bizantini ed i Longobardi iniziata intorno al 620, nel 646 la città cadde definitivamente in mano a questi ultimi come parte del Ducato di Benevento, anche se le testimonianze di presenze longobarde, già a partire dal VI secolo, sono accertate dal ritrovamento di una tomba, nel Complesso archeologico di San Pietro a Corte, di una bambina di nome Teodonanda, morta il 27 settembre 566[8]. Con l'avvento della dominazione longobarda, la città conobbe un periodo particolarmente prospero della sua storia, durato circa cinque secoli.

Nel 774, il principe di Benevento Arechi II decise di trasferire la sua corte a Salerno, che si popolò di molte famiglie longobarde. La città acquistò importanza e furono edificate numerose opere, tra cui la sontuosa reggia, della quale rimangono tracce sparse nel centro storico. Questa reggia (ora quasi completamente scomparsa) era un'edificazione alla quale si affiancava la "Cappella Palatina" (Chiesa di San Pietro a Corte).

A quest'epoca, accanto alla popolazione romanizzata viveva una numerosa minoranza germanica. Studiosi come Ajello[9] stimano che a quest'epoca a Salerno oltre un terzo della popolazione parlasse la lingua longobarda, pur mescolata notevolmente con parole e frasi neo-latine. Il professore Ajello afferma che a Salerno, in quel secolo, su una popolazione di circa 6000 abitanti, oltre 2500 erano Longobardi, concentrati nel quartiere alto del centro storico, sul colle dove vi era il Castello di Arechi.[10]

A Salerno e dintorni si erano infatti rifugiati molti Longobardi profughi (forse un migliaio, sempre secondo Ajello, ma altri studiosi, come D'Ambrosio, credono fossero il doppio), che con le loro famiglie scapparono dalla Langobardia Maior nel Nord Italia dopo la sua conquista da parte dei Franchi Carlo Magno. Alcuni di questi Longobardi fuggiti dai Franchi si rifugiarono prima ad Amalfi, e successivamente furono trasferiti a Salerno (nel rione "Fornelle", detto anche "Amalfitano") dal longobardo Sicardo nell'838[11].

«Arechi II accolse i profughi longobardi provenienti dal nord (conquistato dai Franchi) donando loro terre proprio in queste due aree (intorno al suo castrum di Salerno). In questi territori sono presenti chiese rurali dedicate a Santi il cui culto era molto diffuso nella Langobardia Maior ed estraneo alle regioni meridionali: nell’agro giffonese, ad una decina di km da Salerno, troviamo Sant’Ambrogio, San Vittore e Santa Tecla; a Nocera un’altra chiesa di Sant’Ambrogio e un sacello dedicato ai Santi Nazario e Celso a Bracigliano nei pressi di Rota (Mercato San Severino), probabili testimonianze dell’attività colonizzatrice sviluppata in queste zone G.L.»
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La nascita del Principato di Salerno nell'851

Qualche decennio dopo, nell'849, il Principato di Salerno divenne indipendente da Benevento, acquisendo i territori del Principato di Capua, la Calabria settentrionale e la Puglia fino a Taranto.

«Ludovico II, imperatore del Sacro Romano Impero, patrocinò l’accordo di divisione del Mezzogiorno longobardo in due principati distinti, con capitali Benevento e Salerno. Il testo dell’accordo, datato fra il 12 maggio 848 e il dicembre dell’849, richiama l’autorità imperiale......Siconolfo ottenne una serie di "loca et gastaldata", che disegnano un’area coincidente con la fascia tirrenica e meridionale dell’antico ducato beneventano, da Cosenza, Cassano e Taranto a Sud fino a Sora a Nord Treccani»

Attorno all'851, anno di fondazione del principato a seguito delle lotte di successione per il trono beneventano tra Siconolfo e Radelchi,[12] fu avviata l'attività della locale zecca. La monetazione di Salerno continuò ininterrottamente anche in epoca normanna fino alla soppressione della zecca nel 1198 per ordine dell'imperatrice Costanza d'Altavilla.[13]

La Salerno longobarda divenne presto, col suo Principato, il maggior baluardo difensivo europeo-cristiano nel meridione della penisola italiana, davanti ai reiterati tentativi di conquista arabo-musulmani.

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L'attuale Forte La Carnale, dove nell'872 avvenne il massacro degli invasori arabi

Infatti l'assedio di Salerno dell'871/872 fu uno dei principali episodi delle incursioni degli Arabi Aghlabidi nell'Italia meridionale, mentre portavano avanti la conquista della Sicilia. La città di Salerno era dotata di forti difese e, malgrado l'uso di potenti macchine d'assedio arabe, l'assedio, durato oltre un anno, fallì. Il principe Guaiferio di Salerno condusse la difesa, ottenendo una importante vittoria intorno al forte che ora viene detto "La Carnale" in riferimento alla "carneficina" di Arabi che vi avvenne. L'assedio fu levato anche grazie all'arrivo di un esercito di Longobardi e Franchi sotto il comando dell'imperatore carolingio Ludovico II.

Dominio salernitano del meridione continentale d'Italia (840-1077)

A partire dal principe Siconolfo, che si titolò come "Langobardorum gentis princeps" secondo il Chronicon Salernitanum, Salerno divenne la capitale di un Principato che arrivò a controllare con Guaimario III e Guaimario IV tutto il meridione continentale italiano. Con Guaimario III (che governò dal 994 al 1027), Salerno entrò in una fase di grande splendore, testimoniato dall'iscrizione Opulenta Salernum incisa sulle monete del tempo. A lui si deve la riduzione a vassalli del Principato di Salerno delle città di Amalfi, Gaeta e Sorrento, e l'annessione di molti dei residui possedimenti bizantini in Puglia e Calabria.

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Il Principato di Salerno con Guaimario IV nel 1047

Ma fu il suo successore, Guaimario IV, a raggiungere il massimo dominio, occupando l'Aspromonte della Calabria meridionale e costruendovi nel 1044 un forte longobardo-normanno a Squillace, espellendo cosi dalla penisola italiana i Bizantini per la prima volta dai tempi delle guerre gotiche. Guaimario divenne anche Duca di Puglia e Calabria nel 1042, ma nel 1047 l'imperatore Enrico III lo disautorizzò ufficialmente, iniziando la crisi che porterà alla sua morte ed alla fine del Principato di Salerno, pochi decenni dopo.

L'eredità di Guaimario IV includeva il dominio su Salerno, Amalfi, Gaeta, Melfi, Puglia, Calabria e in maniera alterna su Capua. Inoltre, Giovanni V, Duca di Napoli, si dichiarò vassallo del principe Guaimario IV nel 1039 e gli rimase fedele durante tutto il suo regno. Egli fu senz'altro l'ultimo grande principe longobardo del sud Italia e, secondo alcuni storici, il più capace[14].

«A tanta forza politica (di Guaimario IV) s'aggiunse lo splendore culturale, dovuto alla crescente fama della Scuola Medica Salernitana, all'attività del monaco Amato di Montecassino, dell'arcivescovo e poeta Alfano e del giurista Romualdo. Tanto splendida ascesa fu però troncata dalla calata in Italia dell'imperatore Enrico III, ostile a Guaimario tanto da togliergli le contee di Capua e di Aversa e trasferire Gaeta al papa (1047). Negli anni successivi, mentre preparava la riscossa, Guaimario IV cadde vittima di una congiura. Treccani»

A valergli tanto favore, fu soprattutto il suo carattere, che lo storico John Julius Norwich riassume scrivendo «per tutta la vita dovette lottare contro le spregiudicate ambizioni [dei suoi rivali], e lo fece senza mai venir meno alla parola data, né mancare ai suoi impegni. Fino alla morte, il suo onore e la sua buona fede non vennero mai offuscati»[15]. Altri motivi furono la sua intelligenza politica, il favore papale ed inizialmente quello imperiale d'occidente, ma specialmente la spada dei suoi fedeli mercenari Normanni.

«La “memoria” di un periodo di grandezza e potenza del principato di Salerno, sotto il governo di Guaimario IV, divenne patrimonio comune dei “ceti dirigenti” cittadini e “modello paradigmatico” per ogni disegno di espansionismo dei suoi successori. Lo dimostra quanto scriveva il presule salernitano, Alfano I (1058-1085), durante il principato del figlio e successore di Guaimario, Gisulfo II.....All’epoca di Guaimario - affermava Alfano - Salerno risplendeva non solo per la potenza militare, ma anche per la ricchezza e la vivacità culturale, ricca di tesori provenienti dai traffici con l’Oriente e famosa per la sua nota “Scuola” di medicina e chirurgia.Tommaso Indelli - Università di Salerno (
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Veduta aerea del castello di Arechi, dove Gisulfo II tentò invano di resistere nel 1077. La fortificazione attuale, di epoca longobarda, domina la città di Salerno

Nel 1077, l'ultimo principe longobardo, Gisulfo II, figlio di Guaimario IV, fu costretto alla resa di Salerno in favore dei normanni di Roberto il Guiscardo. Con la morte di Gisulfo II, avvenuta nel 1091 (dopo che nel 1089 fu "Duca di Amalfi" per un solo anno), finiva definitivamente l'epoca longobarda in Italia.

«Cosi (Gisulfo II) ebbe licenza a partirsi da Salerno, dove da novantaquattro anni avea dominato la sua famiglia, e da più che trecentotrent' anni la gente sua longobarda.Michelangelo Schipa[16]»

Va inoltre precisato che il castello e la cinta muraria creati dai longobardi, erano un capolavoro per l'epoca e resero Salerno "per natura e per arte imprendibile, non essendo in Italia una rocca più munita di essa", come testimonia Paolo Diacono nella sua "Historia Langobardorum": il castello, infatti, non capitolò mai; solo durante l'assedio del normanno Roberto il Guiscardo, nel 1077, costretti alla fame, gli occupanti longobardi patteggiarono la resa.

La Salerno longobardo-normanna (1077-1194)

La popolazione di Salerno (che aveva circa 35.000 abitanti alla fine del XI secolo, secondo il De Simone), rimase sotto il dominio della consistente minoranza longobarda-salernitana anche dopo il 1077. Infatti, la moglie del Guiscardo era la longobarda Sichelgaita, che ebbe molta influenza sul marito.

«Tra il 1058 e il 1072 Sichelgaita fu al seguito del marito (Roberto il Guiscardo) nei suoi ripetuti viaggi, in Calabria, in Puglia e in Sicilia, dove lo affiancò durante la presa di Palermo, strappata agli arabi. Il 14 gennaio 1072, dopo l’ingresso in città, assistette alla messa celebrata nella chiesa di S. Maria. Nell’inverno del 1076-77, rotta l’alleanza con Gisulfo, il Guiscardo pose l’assedio a Salerno, infine conquistata. In questo frangente, che vedeva il coniuge opporsi al fratello, Sichelgaita si venne a trovare in una situazione di evidente tensione e svolse forse, almeno stando alle fonti, un ruolo di mediatrice tra i contendenti.... Lei strappò al marito la promessa – in seguito rivelatasi impossibile da mantenere – di lasciare Salerno a Gisulfo, affidando Amalfi al loro figlio primogenito Ruggero. Durante l’assedio – sempre secondo il resoconto di Amato – Sichelgaita ricevette richieste d’aiuto da parte dei suoi concittadini salernitani e dei suoi stessi parenti, provvedendo a far giungere loro il soccorso di cibo e bevande.....Sichelgaita partecipò anche alla battaglia di Durazzo (in Albania) del 18 ottobre 1081 e al vittorioso assedio della città Treccani»

Va anche precisato che i Normanni non erano un popolo come i Longobardi, ma un gruppo di guerrieri mercenari provenienti dal Nord Europa, che in poche occasioni si trasferivano nel meridione italiano con le rispettive famiglie. Ed in molti casi si sposavano a Salerno con donne longobarde (come nel caso del Guiscardo con Sichelgaita): per questo molti studiosi affermano che dal 1077 si ebbe ancora una Salerno "longobarda", almeno parzialmente e per un secolo ancora fino al Duecento.

Dopo la fine del Principato di Salerno, furono numerosi i salernitani di origine longobarda che si unirono ai Normanni nelle loro conquiste: Salerno divenne la capitale "de facto" dell'unificato meridione italiano sotto i Normanni, che conquistarono anche la Sicilia mussulmana.

Del resto, nel febbraio 1091, la conquista della Sicilia fu completata da questi Normanni con la presa di Noto e Salerno divenne la capitale de facto (anche se non ufficiale) di tutto il meridione italiano, dall'Abruzzo alla Sicilia. Solo nel 1130 Salerno perse importanza per i Normanni (sotto Ruggero II, nominato "Principe di Salerno" nel 1105), poiché crearono il loro Regno di Sicilia con capitale ufficiale Palermo.

Salerno nel XII secolo crebbe in importanza anche grazie alla costruzione della sua cattedrale ed alla crescita in fama internazionale della sua "Scuola medica", che aveva anche il Giardino della Minerva considerato l'antesignano degli orti botanici europei dall'UNESCO[17].

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Il 17 settembre 2007, lo Stato italiano ha emesso un francobollo per celebrare la "Scuola medica Salernitana". L'immagine riprodotta sul francobollo è tratta dal manoscritto Galeni in Ippocratis aphorismos et in librum pronosticorum

Negli anni 1105-1110 il filosofo-scienziato inglese Adelardo di Bath, autore delle Quaestiones naturales, visitò la scuola, dove si ebbero la massima fioritura di trattati e autori. Giunse a Salerno anche il medico Costantino l'Africano (nato nell'Ifrīqiya araba) che visse nella città per diversi anni e tradusse dall'arabo molti testi come gli Aphorisma e i Prognostica di Ippocrate.

«Quattro sono le città che eccellono sulle altre: Parigi nelle scienze, Salerno nella medicina, Bologna nel diritto ed Orleans nelle arti attoriali. Tommaso d'Aquino nel "De virtutibus et vitiis"»

Il Regimen Sanitatis Salernitanum viene internazionalmente considerato il trattato più famoso prodotto dalla Scuola; l'opera, in versi latini, risulta essere una raccolta di norme igieniche, poste a fondamento della sua dottrina elaborata interamente nella Salerno longobarda.

Sebbene sia comunemente datato intorno al XII secolo, alcune fonti[18] sostengono che Il "Regimen" risalga al 1050. L'opera, dedicata a un non ben identificato Rex Anglorum (probabilmente Roberto II, duca di Normandia e pretendente al trono d'Inghilterra, che fu a Salerno nel 1099, di ritorno dalla prima crociata), espone le indicazioni della Scuola per tutto ciò che riguarda le norme igieniche, il cibo, le erbe e le loro indicazioni terapeutiche. L'autore è sconosciuto e probabilmente si tratta di un'opera collettiva anche se alcuni l'attribuiscono al longobardo Giovanni da Milano, che fu un discepolo di Costantino l'Africano.

Il suo porto ebbe molta importanza commerciale con i principi longobardi, specialmente con il nord Africa arabo (e fu ampliato successivamente sotto i Normanni e poi gli Svevi diventando il maggiore ed il più importante del meridione italiano nel XIII secolo).

«Salerno, fedelissima città regia, dopo la fine dell’indipendenza amalfitana e la conquista normanna, ha così il privilegio di diventare il porto tirrenico più importante del Regno di Sicilia. Il culmine è raggiunto sotto il regno di Manfredi con l’istituzione di una fiera mercantile voluta fortemente sia dal cancelliere del re Giovanni Da Procida sia dal vescovo di Salerno. La "Fiera di Salerno" è istituita con un privilegio regio del 1259 e si svolgeva ogni anno per otto giorni a settembre in onore del Santo Patrono Matteo.Il Palazzo di Sighelgaita: Salerno, storia semisconosciuta di un porto[19]»

Ma nel 1130 i Normanni del figlio del Guiscardo (Ruggero II) fondarono il "Regno di Sicilia" e trasferirono la capitale dei loro domini da Salerno a Palermo. Questo fatto fu molto criticato dai Longobardi salernitani, oramai assimilati nella popolazione della città. Conseguentemente molti cittadini salernitani si trasferirono a Palermo, determinando il primo inizio della decadenza in importanza di Salerno, che in pochi decenni crollò completamente venendo finanche distrutta dall'imperatore germanico Enrico VI nel maggio del 1194.

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Assedio dei salernitani alla imperatrice Costanza nel Castel Terracena. Si noti che tutti i civili hanno capelli castano-biondastri, indizio che erano di discendenza longobarda quelli favorevoli al normanno Tancredi

Infatti nel 1191, l'imperatore Enrico VI scese in Italia per fermare il tentativo del normanno Tancredi di emanciparsi dal Sacro Romano Impero. Assediando Napoli si ammalò (probabilmente di malaria) assieme alla moglie Costanza d'Altavilla[20], che inviò a Salerno (fino ad allora fedele a lui) per curarsi con i medici della "Schola medica". Enrico stesso si ammalò gravemente; allora Enrico di Welf, che stava anche partecipando all'assedio di Napoli, disertò in Germania, ed affermò falsamente che l'imperatore era morto e si spacciò come possibile successore. Sebbene Enrico VI si fosse ripreso, l'esercito imperiale fu costretto a ritirarsi del tutto dall'Italia. Costanza rimase a Salerno con una piccola guarnigione come segno che Enrico VI sarebbe presto tornato.

Una volta che Enrico si fu ritirato con la maggior parte dell'esercito imperiale, le città che erano cadute sotto l'Impero dichiararono immediatamente la loro fedeltà a Tancredi, per la maggior parte temendo ora la sua punizione. Il salernitano Niccolò di Ajello, ex arcivescovo di Salerno, che stava aiutando a difendere Napoli, scrisse lettere sugli eventi ai suoi amici e parenti a Salerno. Così la popolazione di Salerno vide l'opportunità di ottenere alcuni favori da Tancredi (possibilmente anche rendendo Salerno di nuovo "capitale"), schernendo e assediando l'indifesa Costanza a Castel Terracena. Costanza si presentò su un balcone e parlò loro con tono di mite rimostranza e ammonizione, cercando di dire loro che la situazione poteva migliorare e che la sconfitta di Enrico VI poteva essere esagerata da Niccolò, ma i salernitani erano decisi a catturarla per Tancredi, e così continuarono l'assedio. Costanza si chiuse a chiave nella sua stanza, chiuse a chiave le finestre e pregò Dio di aiutarla e vendicarsi. Dopo una rapida trattativa con Elia di Gesualdo, un lontano parente di Tancredi, Costanza uscì volontariamente a condizione che alle sue guardie tedesche fosse permesso di andarsene illese. Fu quindi arrestata da Elia (e da alcuni baroni di Puglia che erano imparentati con lei) e consegnata a Tancredi, a Messina.

Ma la vendetta di Enrico VI[21], quando ridiscese a Salerno nella primavera del 1194, fu terribile e crudele: distrusse la città senza pietà per tutti i cittadini, massacrando specialmente i sostenitori del normanno Tancredi che erano quasi tutti di origine longobarda, a Salerno.

«il vero inizio della decadenza di Salerno può ricondursi a una data precisa: il 17 maggio 1194, quando l’imperatore Enrico VI, per vendicarsi degli abitanti della città che aveva imprigionato e consegnato al suo rivale Tancredi, due anni prima, sua moglie l’imperatrice Costanza di Sicilia, la cinge d’assedio: sono inutili i tentativi dell’arcidiacono Aldrico[22] di convincere gli abitanti a chiedere il perdono dell’imperatore, i Salernitani resistono. A quel punto, la sorte della città è segnata: Enrico la fa prendere d’assalto dalle sue truppe, la fa saccheggiare e massacrarne gli abitanti. Pietro da Eboli descrive la scena con tinte drammatiche: "le donne vengono stuprate e gli uomini passati per le armi, i sopravvissuti sono esiliati e tutti i loro beni confiscati".....L’imperatore fa radere al suolo le mura longobarde, e buona parte della città ne esce distrutta. Le conseguenze di quelle devastazioni si protrarranno ancora a lungo, come dimostrano i documenti: negli atti di vendita e di acquisto di case proprietà della prima metà del Duecento, si trova spesso la parola “dirutum“, “in rovina”. Il palazzo di Sichelgaita[23]»

Inoltre, va ricordato che Salerno nei secoli XI e XII aveva una notevole comunità ebrea nell'area detta "Giudecca"[24] intorno all'attuale Chiesa di Santa Lucia de Judaica, che era la più numerosa nel meridione italiano (avendo oltre seicento membri intorno al 1167, secondo Beniamino da Tudela[25]) e che fu molto colpita in quest'occasione. Questa presenza era cresciuta negli anni della "Opulenta Salernum", ma praticamente scomparve nei decenni successivi all'attacco di Enrico VI, anche se qualche ebreo rimase nel Ghetto di Salerno fino al 1541, quando Carlo V ordinò la fine della presenza ebraica nel sud italiano dominato dagli spagnoli dell'Inquisizione[26].

Da allora Salerno fu ridotta ad una cittadina semidistrutta, con poche migliaia di sopravvissuti e quasi nessun discendente dei longobardi salernitani[27]. Tuttavia, qualcosa del suo splendore ed importanza vi rimase fino ai tempi di Manfredi nel XIII secolo[28]. La Salerno longobarda era finita nel 1194 in un bagno di sangue (ripetuto anche nel 1199[29]), ma restava a Salerno la sua eredità nell'architettura, nell'arte, nella mentalità cittadina e finanche (un poco) nella lingua/dialetto.

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Eredità nella Salerno attuale

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Qualcosa rimane dei secoli longobardi nella Salerno attuale, dai semplici termini geografici come "Lama", il nome di un torrente che attraversa il centro storico e che prende nome dalla parola longobarda "lama" che significa "ruscello", in italiano[30], fino a strutture architettoniche di grande importanza come l'originale Cattedrale[31] ed il Castello di Arechi (che prende nome dal principe longobardo omonimo)[32].

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Pannello degli Avori salernitani conservato al Museo diocesano di Salerno raffigurante "La Natività" e "La fuga in Egitto"

Sono più di una dozzina le chiese a Salerno di origine longobarda, le più famose sono quelle di San Massimo, Sant'Andrea de Lavina e Santa Maria de Lama[33]. E vi sono testimonianze, pur frammentarie, di pittura longobarda[34] presenti a Salerno nella chiesa di Santa Maria de Lama[35].

Inoltre, i resti del Castel Terracena[36] e del Complesso archeologico longobardo di San Pietro a Corte risultano essere, in assoluto, l'unica testimonianza archeologica di architettura palaziale di epoca longobarda rimasta nell'Italia centro-meridionale[37][38][39].

A Salerno, attualmente vi sono due capolavori di arte di livello internazionale, secondo il professore Ajello: la "Cripta" di San Matteo,[40] nella Cattedrale dove riposano anche i resti del papa di Canossa (Gregorio VII),[41] e gli Avori salernitani. Questi avori, molto probabilmente furono commissionati dall'arcivescovo longobardo Alfano durante la consacrazione della Cattedrale di Salerno nel 1084[42]. Per la loro quasi completezza e l'eccellente stato di conservazione, essi rappresentano il ciclo decorativo eburneo più importante al mondo. Si trovano esposti per la maggior parte nel locale Museo diocesano, mentre alcuni sono dispersi nel mondo (nel Louvre di Parigi, al Metropolitan Museum di New York, nel Victoria and Albert Museum di Londra, nei Musei statali di Berlino e all'Ermitage di San Pietroburgo).

Infine, gli odierni salernitani (specialmente quelli del centro storico), sono conosciuti per la loro mentalità un poco "settentrionale", essendo ordinata ed imprenditrice a differenza di molte città della Campania[43]. Quando vi fu l'epidemia del Covid 19, per esempio, Salerno fu l'unica città meridionale a non avere problemi di nettezza urbana.

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Note

Bibliografia

Voci correlate

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