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Simon Nicholson

pittore britannico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Simon Hepworth Nicholson (Hampstead, 3 ottobre 1934[1]Londra, 17 gennaio 1990) è stato un pittore e scultore britannico. Era figlio della scultrice Barbara Hepworth e del suo secondo marito, l'artista Ben Nicholson.

Biografia

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Nicholson ha frequentato la Dartington Hall School prima di studiare scultura al Royal College of Art dal 1953 al 1954 e poi archeologia e antropologia al Trinity College di Cambridge dal 1954 al 1957.[2] Come i suoi genitori, Nicholson ha vissuto e lavorato a St Ives dal 1960 al 1964.

Si trasferì negli Stati Uniti nel 1964 per insegnare, prima al Moore College of Art and Design di Filadelfia e poi all'Università di Berkeley, in California. Durante questo periodo, ha tenuto mostre personali a San Francisco e Pittsburgh. Nicholson è tornato in Inghilterra nel 1971, dove è stato docente presso l'Open University (OU) fino al 1989. È diventato presidente del corso di Arte e Ambiente presso l'OU, che si è sviluppato in un popolare modulo di arti pratiche (TAD292). La relativa scuola estiva della durata di una settimana ha raggiunto una certa notorietà.[3]

Dopo la sua morte, nel 1999 è stata allestita una mostra retrospettiva al Falmouth College of Arts e al Dartington Hall.

Oltre a Simon e ai suoi genitori, la famiglia Nicholson ha dato i natali ad altri quattro artisti: i nonni William Nicholson e Mabel Pryde, la zia Nancy Nicholson, la sorella Rachel e la sorellastra Kate Nicholson, nonché lo zio architetto Christopher Nicholson.

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Interessi e influenza

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Il lavoro di Nicholson è caratterizzato dall'interesse per la consistenza delle diverse superfici e dei diversi materiali, spesso prendendo come punto di partenza il paesaggio.[4]

La sua “Teoria delle parti libere”, delineata in un saggio del 1971, ha avuto una grande influenza[5] sul playwork,[6] sull'educazione della prima infanzia e su installazioni interattive di ogni tipo. Egli ha sintetizzato la teoria come segue: “In qualsiasi ambiente, sia il grado di inventiva e creatività, sia la possibilità di scoperta, sono direttamente proporzionali al numero e al tipo di variabili presenti in esso”.[7][8] La definizione di parti libere data da Nicholson era ampia. Nel contesto del playwork, essa potrebbe comprendere:[9]

  • “risorse naturali – come paglia, fango e pigne”
  • “materiali da costruzione e attrezzi – assi, chiodi, martelli”
  • “materiali di scarto – vecchi pneumatici, ritagli di grondaie”
  • “corteccia, che può essere sia una superficie sicura per il parco giochi che un elemento sciolto”
  • “e, soprattutto, oggetti trovati a caso”.

La definizione potrebbe essere ancora più ampia:

«È dimostrato che tutti i bambini amano interagire con variabili quali materiali e forme; odori e altri fenomeni fisici, come l'elettricità, il magnetismo e la gravità; mezzi di comunicazione quali gas e fluidi; suoni, musica e movimento; interazioni chimiche, cucina e fuoco; altre persone, animali, piante, parole, concetti e idee. Con tutte queste cose, tutti i bambini amano giocare, sperimentare, scoprire, inventare e divertirsi. Tutte queste cose hanno una cosa in comune, ovvero le variabili o le “parti libere”.[10]»
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Note

Collegamenti esterni

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