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appellativo riferito ad un individuo in base al ruolo che ricopre Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il titolo è in onomastica un appellativo riferito ad un individuo in base al ruolo che ricopre, alla carica che esercita, al titolo nobiliare che detiene o per altri meriti.
Esso viene spesso, e incorrettamente, usato come sinonimo di trattamento. I trattamenti erano stati distinti dai titoli nobiliari veri e proprî nell'ultimo Ordinamento dello stato nobiliare italiano,[1] al pari delle "qualifiche nobiliari".[2] In tale ordinamento, la distinzione tra "titolo" e "trattamento" non è tuttavia specificata, ma sul piano storico-giuridico i due termini si possono distinguere facilmente: il titolo indica una funzione, mentre il trattamento è un appellativo utilizzato nella vita sociale. Questa differenza tra i due piani è visibile e tuttora presente, ad esempio la differenza tra "re" (funzione pubblica, titolo) e "maestà" (appellativo onorifico, trattamento), così come tra "vescovo" (funzione pubblica, titolo) ed "eccellenza" (appellativo onorifico, trattamento), o anche tra "deputato" (funzione pubblica, titolo) e "onorevole".[2][3]
La gerarchia dei titoli nobiliari ha subito un'evoluzione storica, in particolare sono stati creati sempre nuovi titoli, ma alcuni sono anche caduti in disuso, e inoltre ha subito una differenziazione geografica dovuta alle particolari vicende storiche e sociali di ciascuna nazione europea. Tuttavia, le gerarchie dei titoli nobiliari utilizzati nei vari stati europei possono essere ricondotte ad alcune tappe e ad alcuni modelli fondamentali.
La gerarchia dei titoli nobiliari venne elaborata nell'ambito del feudalesimo occidentale, che nacque nell'Impero Carolingio. Detta gerarchia, che si mantenne per circa tutto il Medioevo era, a grandi linee, la seguente:
Questa struttura si arricchì di nuovi titoli nobiliari, quali i delfini od i vidames in Francia, i langravi e i burgravi in Germania.
Ma soprattutto bisogna rilevare che per buona parte del Medioevo le espressioni "baroni del regno" (in Francia e nei regni normanni) e "principi dell'Impero" (nel Sacro Romano Impero) non costituivano ancora dei titoli nobiliari, bensì avevano un significato giuridico. Esse indicavano tutti i vassalli immediati del sovrano, qualunque titolo avessero, che avessero diritto di voto nel parlamento del regno.
La diversa evoluzione del feudalesimo nel tardo Medioevo e nel Rinascimento portò alla differenziazione delle gerarchie dei titoli nobiliari nelle diverse nazioni europee. Esse possono, tuttavia, essere ricondotte a due modelli principali, quello adottato nelle monarchie assolute, che si erano formate in questa fase storica; e quello utilizzato nel Sacro Romano Impero, dove i feudatari, invece, avevano assunto sempre più i caratteri di sovrani quasi indipendenti.
Comparabile al titolo di marchese è quello di margravio utilizzato soprattutto nel Sacro Romano Impero.
Comparabile al titolo di conte è quello di langravio, utilizzato soprattutto nel Sacro Romano Impero.
Nei regni di Francia, Spagna, Portogallo, Inghilterra, Scozia, Sardegna, Sicilia, Napoli, e nello Stato Pontificio la gerarchia utilizzata era, ed è tuttora, la seguente:
I titoli di marchese e visconte si diffusero solo nel Cinquecento sul modello francese. Così come nella stessa epoca i signori vennero elevati a baroni fino a completa scomparsa dei primi, eccetto che in Spagna, in Sardegna, in Scozia e in Sicilia.
Invece nel Sacro Romano Impero, dove i feudatari avevano assunto caratteri di sovranità, anche se non assoluta, la gerarchia che si formò, e che rimase vigente negli stati tedeschi e austriaci fino alla caduta delle monarchie nel 1918, è la seguente:
Nella Cina di epoca feudale erano presenti i seguenti titoli nobiliari (in ordine gerarchico):
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