'Ndrangheta in Piemonte
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La presenza della 'ndrangheta in Piemonte si attesta fin dai primi anni '60 nel campo dell'edilizia, nel cosiddetto fenomeno del racket dei cantieri, del cottimismo, e dell'intermediazione abusiva di manodopera concentrato maggiormente nella zona di Bardonecchia e della Val di Susa. Favorita dalla forte ondata migratoria ma soprattutto da quella scellerata legge sul soggiorno obbligato d’inizio anni Sessanta: trasferiamo lontano dalla Sicilia e dalla Calabria i mafiosi, li isoliamo e li rendiamo inoffensivi. Non aveva immaginato, il legislatore, che l’iniziativa sarebbe servita soltanto ad “esportare” la criminalitá.
Bardonecchia è stato il luogo simbolo dell'antico radicamento mafioso al Nord. Il primo mafioso inviato al soggiorno obbligato al Nord Italia, a Bardonecchia, è stato Rocco Lo Presti nel lontano 1963[1], e cioè nel momento in cui s'intravedeva l'inizio di un eccezionale sviluppo edilizio mentre erano scarse le imprese di costruzione e manodopera locale. Lo Presti creó un piccola impresa edile a conduzione famigliare che iniziò a prendere piccoli appalti e successivamente appalti pubblici e si inserì così rapidamente nell'ambiente che conquistò una posizione di preminenza su tutte le altre imprese. Nel 1973 lo raggiunse il cugino Francesco Mazzaferro, anche lui inviato al soggiorno obbligato[2]. Insieme domineranno il campo dell'edilizia in Val di Susa. Massicci casi di intermediazione e collocazione abusiva di manodopera, sfruttamento e decurtazione salariale, accompagnati da gravi atti di intimidazione catturarono ben presto l'attenzione della Commissione Parlamentare Antimafia che, attirata dai numerosi articoli sui giornali, mandò a Bardonecchia nel 1973, una delegazione presieduta da Pio La Torre, che accertò la presenza della criminalità organizzata nella località alpina, individuando in Rocco Lo Presti il boss mafioso[3][4][5] [6]. L'allora questore di Torino, Emilio Santillo, scrisse un voluminoso dossier sull'infiltrazione della 'Ndrangheta in Piemonte[7][8], che controllava l'edilizia con particolare riferimento alla figura di Lo Presti e dei suoi legami in affari con le famiglie siciliane degli Inzerillo-Gambino-Spatola-Di Maggio di Palermo e con i Gambino di New York. Si parlò di un intenso traffico d'armi e preziosi proveniente dalla Francia controllato da Lo Presti con il boss della mafia marsigliese Gaetano Tany Zampa[9] e di due omicidi commessi, il cui mandante sarebbe stato Lo Presti[10][11]. Grazie a questo dossier nel 1975 Lo Presti venne accusato di essere a capo del cosiddetto fenomeno del racket delle braccia e su richiesta del procuratore capo di Torino, Bruno Caccia[12], venne condannato a tre anni di confino sull'isola dell'Asinara[13][14][15][16][17][18].
Secondo la DNA successivamente si è estesa in vari altri settori dell'illegalità: estorsione, traffico di droga e di armi del gioco d'azzardo. Le 'ndrine presenti sono: gli Ursino e i Belfiore di Gioiosa Jonica, i Lo Presti e i Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica, i Commisso-Macrì di Siderno, i Morabito, i Bruzzaniti e i Palamara di Africo Nuovo, i Pesce e i Bellocco-Cacciola di Rosarno, i Summa, gli Agresta, i Trimboli e i Barbaro di Platì e infine i Vrenna e i Megna di Crotone che operano a Torino[19].