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248° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dal 1758 al 1769 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Papa Clemente XIII (in latino: Clemens PP. XIII, nato Carlo della Torre di Rezzonico; Venezia, 7 marzo 1693 – Roma, 2 febbraio 1769) è stato il 248º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, dal 1758 fino alla morte.
Papa Clemente XIII | |
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Anton Raphael Mengs, Ritratto di papa Clemente XIII (1758); olio su tela, 155x111 cm, Pinacoteca nazionale di Bologna | |
248º papa della Chiesa cattolica | |
Elezione | 6 luglio 1758 |
Incoronazione | 16 luglio 1758 |
Fine pontificato | 2 febbraio 1769 (10 anni e 201 giorni) |
Cardinali creati | vedi Concistori di papa Clemente XIII |
Predecessore | papa Benedetto XIV |
Successore | papa Clemente XIV |
Nome | Carlo della Torre di Rezzonico |
Nascita | Venezia, 7 marzo 1693 |
Ordinazione sacerdotale | 23 dicembre 1731 |
Nomina a vescovo | 11 marzo 1743 da papa Benedetto XIV |
Consacrazione a vescovo | 19 marzo 1743 da papa Benedetto XIV |
Creazione a cardinale | 20 dicembre 1737 da papa Clemente XII |
Morte | Roma, 2 febbraio 1769 (75 anni) |
Sepoltura | Basilica di San Pietro in Vaticano |
Nacque a Venezia il 7 marzo 1693 da nobili patrizi della Serenissima: Giovanni Battista della Torre di Rezzonico e Vittoria Barbarigo. I Rezzonico erano in realtà originari dell'omonimo borgo sul lago di Como; il suo ramo si era stabilito a Venezia nel 1640; lì il padre e lo zio, arricchitisi con i commerci, nel 1687 erano riusciti a comprare per centomila ducati l'iscrizione al Libro d'oro della nobiltà veneziana[1].
Carlo fu educato dai gesuiti a Bologna, nel collegio di San Francesco Saverio. Tornato a Venezia, studiò teologia dogmatica e giurisprudenza. Si laureò all'Università di Padova in utroque iure il 30 settembre 1713[1]. Raggiunti i 21 anni di età, ottenne l'affidamento in commendam dell'Abbazia di Summaga. Poi si trasferì a Roma, dove esercitò l'avvocatura sotto la guida di Giacomo Lanfredini (all'epoca celebre avvocato, poi creato cardinale). Le sentenze da lui redatte furono pubblicate nel 1759 in tre volumi (Decisiones S. Rotae Romanae coram R.P.D.C. Rezzonico, Romae 1759)[1].
Il 28 maggio 1716 entrò nella prelatura, il primo grado della carriera all'interno della Curia romana. Il 23 dicembre 1731 ricevette gli ordini sacri.
Fu creato cardinale da Clemente XII nel 1737, grazie al decisivo appoggio di Neri Corsini, che si professava amico dell'aspirante porporato[1]. Nel 1743 fu nominato vescovo di Padova, carica che mantenne fino all'elezione al soglio.
Il Rezzonico inviò, già prima di prendere possesso della diocesi, una lettera pastorale piena di buoni propositi in accordo con i dettami del concilio di Trento.[1] Traendo ispirazione da san Carlo Borromeo e da san Gregorio Barbarigo, egli si occupò con grande fervore della cura delle anime, compiendo numerose visite pastorali e raccomandando al clero contegno e sobrietà appropriati agli ecclesiastici. La condotta del vescovo, dettata da uno zelo puro e cristiano, fu ricompensata con il soprannome "il santo" da parte dei padovani, che lo paragonarono al patrono della città, Sant'Antonio[2]. Il bilancio più che positivo fu commentato così anche da papa Benedetto XIV, al quale succederà:
«Il card. Rezzonico, vescovo di Padova, è assolutamente il prelato più degno che abbiamo in Italia. Vive con i suoi beni patrimoniali; le rendite ecclesiastiche unicamente si spendono in beneficio de' poveri e della Chiesa. Nonostante la gracile complessione, è indefesso alle visite ed a tutte le altre funzioni episcopali; nel suo palazzo si vive come in un chiostro, in tal maniera che la sua elezione, che non fu nel principio applaudita dai veneziani per essere esso di famiglia novamente aggregata alla loro nobiltà, oggi a coro pieno viene benedetta dalla Repubblica»[3].
Il vescovo convocò un sinodo diocesano e fece restaurare il seminario. Svolse un importante ruolo di mediazione tra la Repubblica di Venezia e l'imperatore del Sacro Romano Impero sulla questione di Aquileia (la disputa sui confini del Patriarcato, ovvero fino a dove il Patriarcato esercitava la sua giurisdizione). Aquileia era sede di Patriarcato e la città era un feudo imperiale. Il vescovo però risiedeva ad Udine, cioè nella Repubblica di Venezia. Secondo l'imperatore, il vescovo avrebbe dovuto risiedere ad Aquileia. La Serenissima si opponeva recisamente a questa soluzione e caldeggiava invece la soppressione del Patriarcato e la sua sostituzione con un'erigenda cattedra vescovile ad Udine. Il Rezzonico fu scelto da Venezia per fare da mediatore tra la Chiesa e l'ambasciatore austriaco. La trattativa durò per ben due anni (1749-1751), al termine dei quali la Santa Sede decise di sopprimere il Patriarcato e di creare due nuovi vescovadi, uno a Udine ed uno a Gorizia (bolla del 6 luglio 1751)[1].
Carlo Rezzonico partecipò a due conclavi: quello del 1740 e quello del 1758, che lo vide eletto.
Clemente XIII fu eletto papa il 6 luglio 1758 nel Palazzo Apostolico e fu consacrato dal cardinale Alessandro Albani il 16 luglio.
Il conclave s'iniziò il 15 maggio e durò poco meno di due mesi. Il plenum del collegio cardinalizio era costituito da 47 porporati. Al primo turno erano presenti solo 27 cardinali. All'ultima votazione parteciparono 44 cardinali. Il re di Francia Luigi XV, su richiesta del cardinale Paul d'Albert de Luynes, pose il veto su Carlo Alberto Guidobono Cavalchini.
Due ritratti del pontefice neoeletto, rispettivamente seduto in trono e nel suo studio, furono dipinti da Anton Raphael Mengs.
La madre, appena seppe della nomina del figlio a papa, morì l'8 luglio per l'emozione.[2]
Il predecessore Benedetto XIV aveva assistito nei suoi ultimi anni al sorgere di varie controversie in Europa sulla Compagnia di Gesù. Il clima avverso ai Gesuiti peggiorò durante il pontificato clementino. Il 3 settembre 1758 a Lisbona avvenne un fallito attentato ai danni del re del Portogallo Giuseppe I. L'anno seguente i Gesuiti, accusati di aver tramato contro il re, furono espulsi dal Paese lusitano (16 settembre 1759)[4]. Il pontefice espresse la sua contrarietà e convocò l'ambasciatore portoghese presso la Santa Sede, ma il re del Portogallo a sua volta convocò il nunzio Filippo Acciaiuoli intimandogli di ritornare a Roma. Le relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Portogallo furono interrotte.
In Francia il Parlamento di Parigi diede il via alla pressione per ottenere l'espulsione dei gesuiti nella primavera del 1761 e pubblicò estratti dagli scritti gesuiti, gli Extraits des assertions che, mutilati e presi fuori del loro contesto, certamente fornirono munizioni per gli avversari dei gesuiti. Anche se una congregazione di vescovi riuniti a Parigi nel dicembre 1761 raccomandò di non intraprendere azioni, Luigi XV promulgò un ordine reale che permetteva alla Società di restare nel regno, a patto che certi cambiamenti essenzialmente liberalizzanti all'interno dell'istituzione soddisfacessero il Parlamento, con un vicario generale dei gesuiti francesi che doveva essere indipendente dal Generale a Roma. All'arrêt del 2 agosto 1762, con il quale il Parlamento soppresse i gesuiti in Francia, imponendo condizioni inaccettabili, Clemente replicò con una protesta contro l'invasione dei diritti della Chiesa, e annullò l'arrêt. Quando il papa annullò la decisione del Parlamento, la politica francese si risentì per l'intervento di Roma negli affari interni del Paese. Il 1º dicembre 1764 l'attività dei Gesuiti fu proibita in tutta la Francia per decreto di Luigi XV. Il 7 gennaio 1765 Clemente XIII pubblicò la bolla Apostolicum pascendi munus in cui confermò il sostegno della Chiesa alla Compagnia di Gesù.
Il 3 aprile 1767 i Gesuiti furono banditi dalla Spagna, il 3 novembre dello stesso anno dal Regno di Napoli. In Spagna tutte le case dei gesuiti vennero circondate, gli occupanti arrestati e imbarcati con i vestiti che avevano addosso, su navi dirette a Civitavecchia[5].
I Gesuiti espulsi da Francia e Spagna furono accolti dal Re di Prussia Federico II nel suo Stato. Grazie anche all'impegno dei Gesuiti, la Prussia fu la prima nazione ad organizzare l'istruzione in tre cicli (primario, secondario e superiore) e a introdurre l'istruzione obbligatoria.
Nel 1760 il pontefice fu chiamato a dirimere una controversia all'interno della Chiesa cattolica greco-melchita: il sinodo locale aveva eletto Patriarca di Antiochia dei melchiti Michel Jawhar, Basiliano Salvatoriano, pronipote del patriarca deceduto Cirillo VI Tanas. Ma i Basiliani Soariti protestarono contro l'elezione contestandone la legittimità. Clemente XIII annullò l'elezione di Jawhar e il 1º agosto 1760 nominò patriarca al suo posto il soarita Massimo II Hakim.
Il 16 gennaio 1768 nel Ducato di Parma furono approvate alcune misure contro gli interessi della Chiesa: venne introdotto l'exequatur, fu avocato al governo l'imprimatur dei decreti dell'Inquisizione e soprattutto venne proibito il ricorso ai tribunali di altri Stati, in primo luogo a quello di Roma. La risposta del pontefice fu immediata quanto impulsiva: il 30 gennaio emise una forte protesta (Monitorium) contro la politica del governo parmense e comminò la scomunica al ministro del duca, il francese Tillot, autore dei provvedimenti. Per tutta risposta il duca Carlo III decise l'espulsione dei Gesuiti (7 febbraio)[1].
L'improvvisa decisione del papa arrivò a peggiorare la situazione. I regni borbonici di Francia e Napoli presero le parti dei loro parenti. Inviarono a Roma la richiesta congiunta di sospensione della scomunica. Ma il papa volle arrivare allo scontro e non tornò indietro sulla sua decisione. Ottenuta una risposta negativa, procedettero ad occupare Avignone e il Contado Venassino, antichi feudi della Santa Sede in terra di Francia, e successivamente le exclavi di Benevento e Pontecorvo in territorio napoletano.
Nel 1769 la Santa Sede ricevette la richiesta ufficiale dello scioglimento della Compagnia di Gesù da parte degli ambasciatori: francese (18 gennaio), spagnolo (20 gennaio) e napoletano (22 gennaio). Portato agli estremi, Clemente acconsentì a convocare un concistoro speciale per considerare la decisione; fu convocato per il 2 febbraio 1769, ma il pontefice morì prima che avesse luogo[14].
Clemente XIII morì il 2 febbraio 1769 a Roma per un ictus. Fu sepolto nella Basilica Vaticana.
Il suo monumento funebre fu commissionato dalla famiglia e realizzato da Antonio Canova[20]. Il papa è raffigurato inginocchiato in preghiera, tra la statua della Religione e un genio funebre. In basso due splendidi leoni affrontati. Contestualmente i fratelli Rezzonico fecero innalzare anche una statua del papa nel 1786 in Prato della Valle, a Padova.
Papa Clemente XIII durante il suo pontificato ha creato 52 cardinali nel corso di 7 distinti concistori.
Nonostante un decreto del 1692 di Innocenzo XII vietasse al pontefice il conferimento della porpora ad un parente, Clemente XII nominò cardinale suo nipote Carlo Rezzonico.
Papa Clemente XIII, durante il suo pontificato, ha scritto 6 encicliche.
La genealogia episcopale è:
La successione apostolica è:
Genitori | Nonni | Bisnonni | Trisnonni | ||||||||||
Francesco Abbondio Della Torre di Rezzonico | Quintiliano Della Torre di Rezzonico | ||||||||||||
Daria Bossi | |||||||||||||
Carlo Della Torre di Rezzonico | |||||||||||||
Elisabetta Peregrini | … | ||||||||||||
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Giovanni Battista della Torre di Rezzonico | |||||||||||||
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Maria Nascia | |||||||||||||
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Papa Clemente XIII (Carlo della Torre di Rezzonico) |
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Antonio Barbarigo | … | ||||||||||||
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Gerolamo Barbarigo | |||||||||||||
Agnesia Faliero | … | ||||||||||||
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Vittoria Barbarigo | |||||||||||||
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Lucrezia Malipiero | |||||||||||||
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