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Floro

autore romano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Sotto il nome di Floro (in latino Florus) ci sono giunti diversi testi della letteratura latina imperiale.

Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Floro (disambigua).

Gli studiosi oggi ritengono che i diversi Florus possano identificarsi nella medesima persona.[1]

Le opere

Riepilogo
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Vergilius orator an poeta

A Publio Annio Floro (Publius Annius Florus) è attribuito un dialogo, di cui resta solo una parte dell'introduzione, concepita secondo lo stile dei dialoghi ciceroniani, in cui si ambienta la scena[2] e si introducono gli interlocutori; più nello specifico, la cornice è ambientata in un giardino che circonda un tempio vicino al porto di Tarragona, dove avviene l’incontro tra l'autore, poeta latino di origine africana, e uno straniero di passaggio, a cui egli inizia a raccontare vicende della sua vita. Nelle ultime frasi l'autore difende, contro la svalutazione dell'interlocutore, il proprio mestiere di maestro di scuola impegnato a insegnare la morale e la letteratura ai giovinetti attraverso la lettura di carmina.[3]

«La datazione dell’opera all’inizio del II secolo si ricava dalla menzione dei Giochi capitolini di Domiziano, a cui l’autore avrebbe partecipato anni prima, quand’era ancora giovanissimo (tibi puero), e di un trionfo sulla Dacia, che potrebbe essere identificato con quello celebrato da Traiano».[4]

L'argomento, consueto nelle scuole di retorica, se assegnare un autore al proprio genere o ad un altro, prelude alla valutazione di Virgilio come maestro di ogni sapere che si svilupperà nel tardo antico e avrà la sua massima espressione in Macrobio.

Poesie

Di Floro poeta ci sono rimasti, nell'Anthologia Latina, alcuni epigrammi[5] in trimetri trocaici e alcuni versi scherzosi indirizzati ad Adriano, con relativa ironica risposta dell'imperatore, riportati nella Historia Augusta:

(latino)
«Ego nolo Caesar esse / ambulare per Britannos / latitare per Germanos / Scythicas pati pruinas»
(italiano)
«Io non voglio essere Cesare / e girare tra i Britanni / e nascondermi in Pannonia / e soffrire il gel polare!»

Cui l'imperatore rispose:

(latino)
«Ego nolo Florus esse / ambulare per tabernas / latitare per popinas / culices pati rotundos»
(italiano)
«Io non voglio essere Floro / e girare tra tuguri / imboscarmi per locande / patire tonde zanzare»

I componimenti risultano, in genere, senza particolari pregi poetici, concentrandosi su temi abbastanza consueti, come la celebrazione delle rose[6] e della giovinezza.

Alcuni studiosi, in base alla consonanza tematica, hanno voluto attribuire a Floro poeta anche il Pervigilium Veneris, anche se questa ipotesi è oggi minoritaria.

Epistolario

Rimangono due frammenti delle lettere ad Adriano riportati da Carisio. Nel primo Floro confessa ad Adriano: «io mi diletto di poesia»; nell’altro lo intrattiene su cose storiche: «quasi preda tolta agli Arabi o ai Sarmati»[7].

Epitoma de Tito Livio

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L. Anneo Floro, Epitome rerum Romanarum, a cura di Claudius Salmasius, Amstelodami, ex Officina Elzeviriana, 1660.

A Lucio Anneo Floro (Lucius Annaeus Florus)[8] è attribuita un'opera storico-retorica in due libri sulla storia romana, con il riassunto di settecento anni di guerre romane, da Romolo ad Augusto. Il titolo più completo disponibile nei manoscritti è Epitomae de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC libri duo ("Due libri di epitome da Tito Livio di settecento anni di tutte le guerre"), peraltro probabilmente non autentico[9] bensì aggiunto successivamente e impropriamente: infatti l'autore, se certamente attinge soprattutto a Livio, se ne differenzia nello spirito e nell'impostazione (fino a contraddirlo)[10] e utilizza ampiamente anche altre fonti, quali Sallustio, Cesare e Seneca il Vecchio, registrando inoltre avvenimenti successivi alla trattazione liviana.[9]

Floro divide la storia romana in quattro età, come quelle della vita umana, secondo un criterio che era stato adottato già da Seneca il Vecchio nelle sue Historiae: il periodo monarchico (infanzia), l'età repubblicana fino alla conquista di tutta la penisola italica (adolescenza), le conquiste della tarda repubblica e la pacificazione sotto Augusto (maturità), l'età imperiale fino ad Adriano (vecchiaia), sebbene con Traiano al'Impero romano sia stata restituita una nuova giovinezza:[11]

«Se qualcuno dovesse contemplare il popolo romano come un singolo individuo e rivedere tutta la sua vita, come è nato, come è cresciuto, come è arrivato a quella che può essere chiamata la maturità della sua virilità e come in seguito, per così dire, abbia raggiunta la vecchiaia, troverà che è passato attraverso quattro fasi di progresso. Il primo periodo, quando era sotto il dominio dei re, è durato per quasi 400 anni,[12] durante i quali ha lottato contro i suoi vicini,[13] nelle immediate vicinanze della capitale. Questo periodo sarà la sua infanzia. Il suo periodo successivo si estende dal consolato di Bruto e Collatino a quello di Appio Claudio e Quinto Fulvio, uno spazio di centocinquanta anni,[14] durante i quali il popolo romano ha soggiogato l'Italia. Era un'epoca di attività estreme per i suoi soldati e le loro braccia,[15] e può quindi essere chiamato la sua gioventù. Il periodo successivo è dato dai centocinquanta anni fino al tempo di Cesare Augusto, durante il quale si è diffusa la pace in tutto il mondo.[16] Questa è stata la virilità e, per così dire, la maturità robusta dell'impero. Dal tempo di Cesare Augusto fino ai nostri anni vi è stato un periodo di non meno di duecento anni,[17] durante il quale, a causa della inattività degli imperatori, il popolo romano, per così dire, è divenuto vecchio e ha perduto la sua potenza, salvo che sotto il dominio di Traiano di nuovo mosse le braccia e, contrariamente alle aspettative generali, ancora una volta ha rinnovato il suo vigore con i giovani»

L'opera è, come si nota anche solo dal brano riportato, un panegirico, pieno di retorica e di enfasi, del valore militare di tutto il popolo romano, di cui esalta le gesta dalle origini e che risale, come impostazione, alla dottrina stoica dei cicli e della palingenesi.[18] Se ne ricava, comunque, che l'opera risulta di scarso valore storico, dominata com'è da intenti retorici e moralistici, connessi con profondi motivi di propaganda imperiale del periodo in cui scrive: Floro, più che raccontare, elogia, come evidente dal fatto, ad esempio, che egli presenta l'epoca delle guerre puniche come un'epoca aurea ed incorrotta, lamentando l'eccesso di lusso e ricchezza del suo tempo.

Il testo risulta diviso in due libri, a loro volta divisi in capitoli.[19]

Il I libro contiene le guerre esterne dall'età monarchica al primo triumvirato:

  1. I tempi dei sette re, a cominciare da Romolo;
  2. Ricapitolazione dei sette re;[20]
  3. Cambiamento di costituzione;
  4. Guerra contro gli Etruschi e il re Porsenna;
  5. Guerra contro i Latini;
  6. Guerra con gli Etruschi, i Falisci, i Veienti, i Fidenati;[21]
  7. La guerra gallica;[22]
  8. Guerre galliche;[23]
  9. Guerra latina;
  10. Guerra contro i Sabini;[24]
  11. Guerra contro i Sanniti;
  12. Guerra etrusca, sannitica e gallica;[25]
  13. Guerra tarentina;[26]
  14. Guerra picena;[27]
  15. Guerra salentina;[28]
  16. Guerra contro i Volsiniesi;[29]
  17. Le sedizioni;[30]
  18. Prima guerra punica;
  19. Guerra contro i Liguri;
  20. Guerra gallica;[31]
  21. Guerra contro gli Illiri;
  22. Seconda guerra punica;
  23. Prima guerra macedonica;
  24. Guerra di Siria contro il re Antioco;
  25. Guerra etolica;
  26. Guerra d'Istria;
  27. Guerra contro i Gallogreci;
  28. Seconda guerra macedonica;
  29. Seconda guerra illirica;
  30. Terza guerra macedonica;
  31. Terza guerra punica;
  32. Guerra acaica;
  33. Imprese di Spagna;
  34. Guerra di Numanzia;
  35. Guerra asiatica;[32]
  36. Guerra giugurtina;
  37. Guerra contro gli Allobrogi;
  38. Guerra cimbrica, teutonica, tigurina;[33]
  39. Guerra tracica;
  40. Guerra mitridatica;
  41. Guerra contro i pirati;
  42. Guerra di Creta;[34]
  43. Guerra contro le Baleari;
  44. Spedizione contro Cipro;
  45. Guerra gallica;
  46. Guerra partica;
  47. Ricapitolazione.[35]

Come anticipato nella ricapitolazione alla fine del I libro, il II libro contiene i conflitti del tramonto della Repubblica: sia le guerre civili sia le guerre esterne, in particolare la politica estera di Augusto, la cui consacrazione conclude il racconto.

  1. Le leggi graccane;
  2. Sedizione di Tiberio Gracco;
  3. Sedizione di Caio Gracco;
  4. Sedizione di Apuleio;
  5. Sedizione di Druso;
  6. Guerra sociale;
  7. Guerra servile;
  8. Guerra contro Spartaco;
  9. Guerra civile di Mario;
  10. Guerra contro Sertorio;
  11. Guerra civile sotto Lepido;
  12. Guerra contro Catilina;
  13. Guerra civile tra Cesare e Pompeo;
  14. Vicende sotto Cesare Augusto;
  15. Guerra di Modena;
  16. Guerra di Perugia. Triumvirato;
  17. Guerra contro Cassio e Bruto;
  18. Guerra con Sesto Pompeo;
  19. Guerra partica di Ventidio;
  20. Guerra partica di Antonio;
  21. Guerra con Antonio e Cleopatra;
  22. Guerra contro i Norici;
  23. Guerra illirica;
  24. Guerra di Pannonia;[36]
  25. Guerra dalmatica;[36]
  26. Guerra contro i Mési;[37]
  27. Guerra tracica;[38]
  28. Guerra dacica;[39]
  29. Guerra sarmatica;[39]
  30. Guerra germanica;
  31. Guerra contro i Getuli;[40]
  32. Guerra armenica;[41]
  33. Guerra cantabrica e asturica;
  34. La pace con i Parti[41] e la consacrazione di Augusto.

Lo stile particolarmente colorito della sua opera è stato interpretato da alcuni critici quasi un'anticipazione dei caratteri di ciò che sarà la letteratura africana, pagana e soprattutto cristiana, dei secoli successivi.[42]

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Tentativo di biografia

Se le opere sin qui elencate possono riferirsi tutte al medesimo Floro, come pare probabile, è possibile tracciare un tentativo di biografia.

Floro visse all'incirca tra il 70/75 e il 145;[43] di origine africana, partecipò a Roma a una gara di poesia, nella quale non fu premiato, probabilmente per la gelosia di Domiziano. Sdegnato, Floro avrebbe allora lasciato la capitale e viaggiato a lungo nel Mediterraneo, fermandosi in Spagna, a Tarragona, dove insegnò retorica.[44]

Rientrato a Roma all'epoca di Adriano, di cui divenne amico,[45] si dedicò alla storia ed alla poesia, anticipando il gusto della scuola di coloro che saranno definiti poetae novelli.

In base all'evidenza interna, dovrebbe essere vissuto quantomeno fino al 140.[46]

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Note

Bibliografia

Altri progetti

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