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Cantastorie
figura della letteratura orale e della cultura popolare che racconta con il canto una storia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il cantastorie è una figura tradizionale della letteratura orale e della cultura folklorica popolare, un artista di strada che si spostava nelle piazze e raccontava con il canto una storia, sia antica, spesso in una nuova rielaborazione, sia riferita a fatti e avvenimenti contemporanei. Il cantastorie si aiutava con un pannello a immagini, che raccontavano come in un moderno fumetto le storie narrate: queste entravano a far parte del bagaglio spirituale, mitologico e culturale collettivo di una comunità.[1]

La tradizione deriva da lontani precedenti, quali gli aedi e i rapsodi greci, i giullari, i menestrelli, i bardi celtici, gli scaldi nei paesi dei Vichinghi, i trovatori o trovieri del Medioevo francese e nella scuola poetica siciliana[2]. Simili figure sono presenti anche nella cultura islamica, della Turchia (i meddah), dell'India (tipiche le donne chitrakar del Bengala occidentale[3]) e dell'Africa (i griot).
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Forme di canto
Riepilogo
Prospettiva
Cantata
I cantastorie accompagnavano la "Cantata" con uno strumento: di norma era la chitarra, ma ne usavano anche altri, come la fisarmonica (o la lira in tempi più remoti). Si aiutavano inoltre con un cartellone su cui veniva raffigurata la storia, descritta nelle principali scene, come una sorta di moderno fumetto. La loro opera veniva remunerata con le offerte degli spettatori o con la vendita di foglietti volanti, su cui era descritta la storia. Dopo gli anni '50, con l'avvento del vinile, queste storie venivano incise e vendute su dischi, prima a 78 giri poi 45.
Stornella
Una stornella è un canto lirico monostrofico popolare tipico della Romagna. Si basa su scale modali medievali paragonabili a quelle in uso nel canto gregoriano, ma con una interna mobilità modale. La stornella è cantata su quattro strofe di endecasillabi, spesso improvvisati e cantati alternativamente tra esecutori che un tempo si sfidavano su argomenti specifici o liberi. Canto simile ma su due sole strofe di endecasillabi è la bovara. Un tempo i cantori più bravi si sfidavano cantando a turno una stornella alla volta, in alternanza, con regole precise basate sulla conduzione dei testi e sulle rime da "attaccare" alle precedenti, fino a quando uno dei due non avesse finito gli argomenti, perdendo la sfida. Questo canto è testimoniato nelle ricerche etnografiche almeno fin dall'Ottocento (Placucci, Pergoli) e poi nel Novecento (ad esempio Pratella), nel secondo dopoguerra si hanno le prime raccolte con registrazione magnetofonica e le successive analisi musicali di Tullia Magrini, che ne hanno evidenziato il carattere arcaico e unico per l'Europa. Una delle ultime cospicue raccolte di stornelle con registrazione dalla viva voce di anziani testimoni di questo canto popolare è stata effettuata tra il 1980 e il 1985 da Fabio Lombardi nella vallata del Bidente (Forlì).
Stornello
Lo stornello (da non confondersi con la stornella romagnola) è un tipo di poesia generalmente improvvisata, molto semplice, d'argomento amoroso o satirico, affine alla filastrocca. Lo stornello è originario dell'Italia centrale, in particolare Umbria, Lazio e Marche, diffusosi successivamente anche nell'Italia meridionale.
Zirudella
La zirudella (a volte anche cirudella o zirondella, zirudèla in emiliano e in romagnolo), è un caratteristico componimento dialettale in versi, spesso dal tono umoristico, tipico dell'Emilia-Romagna. È diffuso soprattutto nel Bolognese e nel Forlivese, nonché nel resto della Romagna, ma è parzialmente diffuso anche nel Ferrarese e nel Modenese. Secondo il musicologo lughese Francesco Balilla Pratella (1880-1955), la zirudella sarebbe una variazione dei motivi popolari circolari (ovvero con ritornelli ripetuti alla fine di ogni strofa) suonati con l'organistrum e poi la ghironda (ad esempio i rondelli ed i rondò).
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Storia
Riepilogo
Prospettiva
A partire dal XIV secolo si allontanarono dalla letteratura più colta e contribuirono a diffondere in dialetto le gesta dei paladini carolingi della chanson de geste, argomento anche dell'Opera dei Pupi.
Ebbero la massima fioritura nella Sicilia del XVII secolo, nella Roma del XVIII secolo (il cui massimo esponente fu Andrea Faretta) e furono appoggiati dalla Chiesa con lo scopo di diffondere presso il popolo le storie dei santi e della Bibbia.
Nel 1661 a Palermo i Gesuiti avevano costituito la congregazione degli "Orbi", cantori ciechi a cui veniva insegnato a suonare uno strumento musicale e che erano legati a temi esclusivamente religiosi sotto il controllo ecclesiastico.

Tra l'Ottocento e il Novecento si diffusero in Italia cantastorie che offrivano i cosiddetti «pianeti della fortuna», foglietti colorati contenenti predizioni sul futuro destinati a chi volesse acquistarli.[4][5] In Sicilia i cantastorie erano anche narratori, attori e cantanti che giravano di villaggio in villaggio, fermandosi nelle piazze siciliane, per narrare talvolta fatti realmente accaduti da poco accompagnandosi, nel loro girovagare, con dei grandi cartelli raffiguranti le storie narrate.
In Sicilia cantavano e raccontavano le tipiche storie del popolo: l'emigrazione, il banditismo, l’onore, i culti religiosi, eventi accaduti o leggendari, i luoghi, la città, la memoria. Essi furono molto attivi dal XVII secolo.
XX secolo


Rosa Balistreri si è segnalata per aver cantato, con una espressività non comune, canzoni tradizionali oltre che canzoni scritte per lei nello stile dei cantastorie. Le sue canzoni oggi vengono cantate fra gli altri da Carmen Consoli.

Il mestiere di cantastorie, come quello dei circensi e di altri artisti di strada, è entrato in crisi con l'invenzione del cinema, della radio e della televisione.
Tuttavia, in Italia è stato rivitalizzato nel periodo di cosiddetto "folk revival" degli anni 1950-1970, in cui la vita delle classi sociali subordinate (operai, contadini) è stata presa in grande considerazione dalla letteratura e cultura "alta". In questo periodo etnomusicologi e semplici appassionati hanno fatto un lavoro di documentazione della musica tradizionale e della tradizione orale italiana. In particolare, fu molto importante il lavoro dell’etnomusicologo Roberto Leydi, che collaborò con l'Associazione Italiana Cantastorie Ambulanti (AICA) fondata negli anni 1950 dal romagnolo Lorenzo De Antiquis.[6][7]. Dal 1957, l’associazione organizza diverse sagre e rassegne dei cantastorie, per un periodo anche con un concorso a premi che attribuiva il titolo di "trovatore d’Italia"[8] Un momento divulgativo è stato quello dello spettacolo Ci ragiono e canto condotto da Dario Fo alla RAI negli anni 1960. Lo spettacolo lanciò Rosa Balistreri e altri cantastorie italiani nella televisione di massa. Il lavoro era nato in seno all'Istituto Ernesto de Martino, grazie alle ricerche di Cesare Bermani e Franco Coggiola, mirando a rappresentare, attraverso le canzoni popolari di tutte le regioni italiane, la condizione del mondo popolare e proletario in Italia, e sviluppando quindi il lavoro di riscoperta cosciente dei repertori tradizionali della Penisola, già alla base del Nuovo Canzoniere Italiano.
Fra i cantastorie del XX secolo, si ricordano Rosa Balistreri, Ada Bampa, Turi Bella, Dina Boldrini, Giovanni Borlini , Angelo Brivio, Ciccio Busacca, Rosita Caliò, Angelo Cavallini, Lorenzo de Antiquis, Turi Di Prima, Paolo Garofalo, Gaetano Grasso, Vincenzina Mellini, Marino Piazza, Ciccio Rinzino, Vito Santangelo, Orazio Strano, Franco Trincale.[9]
Fra gli altri, Marino Piazza ha collaborato alla sceneggiatura del film Gli ultimi cantastorie (1958), di Florestano Vancini;[10]; ha scritto una nota canzone sull'attentato a Palmiro Togliatti, Le ore undici il 14 luglio[11] le sue zirudele hanno avuto rilievo in studi dialettologici[12], ed etnomusicologici[13]
XXI secolo

Oggi a Palermo è presente una delle rare donne cantastorie, Sara Cappello, che accompagna il “cunto” (il racconto) con la sua chitarra ed i cartelloni da lei stessa dipinti. Prosegue il cammino così tracciato e lo innova, lo esporta anche fuori dai confini dell’Isola, raccontando e cantando in maniera nuova ed insieme tradizionale, le radici della memoria della terra siciliana, con la riproposta di un immaginario popolare, un recupero del patrimonio storico e linguistico siciliano e della musica popolare siciliana. Il suo lavoro è diventato anche un'offerta formativa coinvolgente per la Scuola, raggiungendo scolari e studenti di ogni ordine e grado che attraverso la sua voce, apprendono tutto un mondo popolare a rischio di estinzione.
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Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
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