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Canto di lavoro
brano musicale connesso a una specifica forma di lavoro Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il canto di lavoro è un brano musicale strettamente connesso a una specifica forma di lavoro. Spesso viene cantato durante lo svolgimento di una mansione per mantenere tempo e coordinazione, per creare "spirito di corpo", ma anche con altri possibili usi come lo scambio di informazioni o le preghiere ai clienti. Poteva essere anche una canzone legata a un mestiere, come un racconto o una descrizione correlata, o ancora una canzone di protesta. Si tratta per lo più di musica tradizionale, quindi popolare e in origine non codificata nella scrittura.
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Definizione e categorie
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Testimonianze di canti di lavoro sono più o meno antiche come i documenti storici, e l'evidenza antropologica suggerisce che ogni società tende ad avere un proprio repertorio.[1] Molti studiosi moderni, specializzati in questo ambito, hanno incluso nel termine sia le canzoni cantate durante il lavoro sia quelle che lo riguardano, poiché le due categorie sono considerate interconnesse.[2] Norm Cohen divideva le canzoni che aveva raccolto in: agricole o pastorali, canti marinareschi, canti di lavoro degli afroamericani, canzoni e canti di direzione e street cries.[3] Ted Gioia successivamente divise le canzoni agricole e pastorali in quelle da caccia, coltivazione e di pastorizia, e mise in rilievo le canzoni industriali e preindustriali dei lavoratori tessili, operai, marinai, taglialegna, cowboys e minatori. Ha aggiunto inoltre le canzoni cantate dai prigionieri e i canti di lavoro moderni.[1]
«I worksongs erano una musica che, essendo fatta da e per gli interessati soltanto, rimase sempre relativamente in ombra, più degli spirituals comunque, e certo più del blues. In quei canti di lavoro la voce assunse un'importanza che in nessun'altra forma musicale nera aveva avuto fino ad allora: e così, come l'inimitabile (e per un europeo, sostanzialmente incomprensibile) variazione dei ritmi percussivi in Africa, aveva per secoli costituito un mezzo per trasmettere notizie (ma non soltanto quelle), così le altrettanto intraducibili inflessioni foniche inserite nel worksong rappresentarono, per esecutori e ascoltatori, qualcosa di nuovo e inimitabile e, congiuntamente, un altro dei piloni sui quali, nel tempo, avrebbe avuto saldo appoggio il futuro edificio jazzistico»
Si noti che esiste anche uno standard jazz chiamato Work Song (canto di lavoro), inciso nel 1960 dal sassofonista Julian Cannonball Adderley, con il titolo Them Dirty Blues (1960).
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Recupero del corpus orale
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Essendo per lo più musica tradizionale, trasmessa oralmente nelle classi sociali subalterne, i canti di lavoro sono stati documentati relativamente tardi. Il recupero e la messa per iscritto di queste opere è avvenuto in tempi diversi a seconda dei paesi.
L'etnomusicologia è la disciplina scientifica che più si occupa di questa produzione culturale.
Con "Folk music revival" ci si può riferire ad un periodo di rinnovato interesse nei confronti della musica folclorica tradizionale, oppure ad un evento o periodo di trasformazione della folk music, che presuppongono generalmente importanti trasformazioni sociali. Un esempio potrebbe essere il caso del British folk revival avvenuto tra il 1890 ed il 1920.
In Italia furono molto importanti Roberto Leydi e Gianni Bosio, che fondarono la rivista Nuovo Canzoniere Italiano con l'obiettivo di studiare la canzone popolare italiana, e recuperare così una narrazione delle vicende storiche dal punto di vista del "popolo", cioè del proletariato.
Intorno a questa rivista furono organizzati diversi eventi, fra cui la trasmissione TV "Ci ragiono e canto" condotta da Dario Fo nel 1966. Il lavoro era nato in seno all'Istituto Ernesto de Martino, grazie alle ricerche di Cesare Bermani e Franco Coggiola, mirando a rappresentare, attraverso le canzoni popolari di tutte le regioni italiane, la condizione del mondo proletario in Italia.
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Canti di allevamento e caccia
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Nelle società che non disponevano di metodi meccanici per stabilire l'orario, le canzoni di mobilitazione, che richiamavano determinati membri della comunità a svolgere insieme un determinato compito, erano estremamente importanti.[5] Sia la caccia che il controllo del bestiame erano attività svolte tendenzialmente da piccoli gruppi, spesso da ragazzi o giovani adulti, lontano dal centro urbano e per buona parte della giornata. Questo fu il motivo per cui questi gruppi tendevano a produrre lunghi canti narrativi, spesso cantati individualmente, che potevano trattare dei temi dell'attività pastorale o degli animali, in modo tale da poter passare il tempo senza annoiarsi eccessivamente.[5]
Canti di caccia
Le canzoni da caccia, come quelle degli Mbuti della regione del bacino del Congo, spesso comprendevano fischi e yodel caratteristici, in modo da poter distinguere gli spostamenti degli altri cacciatori da quelli delle prede.[5]
Canti da pascolo
I mandriani e in generale gli allevatori di mucche di diversi paesi hanno sviluppato diverse tecniche vocali per gestire il bestiame. Lo jodel alpino e il kulning scandinavo si caratterizzano per il fatto di usare frequenze molto alte, adatte a comunicare su lunghe distanze.
Briolage
Il briolage, chiamato anche "dariolage" o "tiaulement"[6], è presente in alcune regioni della Francia occidentale, come il Berry e la Vandea. Viene usato per richiamare le mucche oppure per incoraggiare i buoi durante i lavori con l'aratro e altre macchine agricole. Mescola parole improvvisate con modulazioni vocali[7].
Jodel
Prima di essere una tecnica di canto praticata nelle canzoni tradizionali, lo jodel alpino è stato usato per secoli come richiamo per il bestiame, oltre che come mezzo di comunicazione sulle lunghe distanze fra le montagne.
Lo jodel si caratterizza per il passaggio improvviso dalla normale emissione della voce al falsetto, attraverso salti di sesta, settima, ottava in una successione di combinazioni di vocali e di consonanti prive di significato (per esempio jol-hol-à-hi-hu).
Kulning
Il kulning scandinavo si caratterizza per i suoni vocalici con frequenze molto alte, che si propagano su lunghe distanze.
Canti di pastorizia
I canti di pastorizia sono documentati in Italia come cantati sia a voce sola sia accompagnati da chitarra o violino.[8] La partenza dei pastori cantata a Scanno è una sequenza di stornelli:[9][10]
Canti di mungitura
I canti di mungitura sono praticati dal Mar Nero all'Africa subsahariana e alle Isole Ebridi, passando per tutta l'Asia fino a diverse regioni delle Americhe. Sembra che servano ai mungitori per darsi il ritmo, ma anche per calmare l'animale e quindi ottenere più latte[11].
Ranz des vaches (Kuhreihen)
Un esempio è in Svizzera il «ranz des vaches» ("richiamo delle vacche"), in tedesco svizzero «Kuhreihen» ("allineamento delle vacche"). Secondo gli studiosi, il ranz des vaches aveva come funzione principale quella di annunciare alle mucche l'ora della mungitura[12][13]. Il canto ha iniziato a essere annotato nel Seicento da alcuni medici di Basilea, che avevano notato che i mercenari svizzeri di stanza all'estero si ammalavano di nostalgia dopo averlo sentito cantare[14]. Nel Settecento, ne parla Jean-Jacques Rousseau nel suo Dictionnaire de musique (1768), spiegando che i comandanti dei mercenari svizzeri lo avevano vietato, pena la morte, perché se qualcuno lo avesse cantato, i soldati avrebbero disertato[15][16]. È presente come melodia nell' Ouverture del Guglielmo Tell di Gioachino Rossini. Attualmente, questo canto è stato valorizzato come patrimonio culturale[12]: rientra infatti fra le tradizioni viventi della Svizzera[12].
Ritornello
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Canti di lavoro della lana
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Canti di filatura e tessitura

L'abitudine delle donne di cantare mentre si dedicavano alla filatura e la tessitura è documentata fin dall'antichità.
Nell'Odissea le donne, ma anche le dee come Calipso [17] e Circe[18] cantano mentre filano la lana. Secondo un testo satirico attribuito a Seneca, Apokolokyntosis, le Parche mentre filano la vita degli umani, cantano per mantenersi attente e dimenticare la stanchezza[19].
Alcuni studiosi pensano che il canto servisse anche da tecnica mnemonica: le donne avrebbero ripetuto determinate strofe per ricordare i motivi tessili. Questo sarebbe una delle origini della metrica indoeuropea[20].
Canti di follatura

La follatura è un'operazione del processo di finissaggio dei tessuti di lana che consiste nel compattare il tessuto attraverso l'infeltrimento, per renderlo compatto e in alcuni casi impermeabile.
In Scozia, i canti di follatura (Waulking songs) sono generalmente cantati dalle donne durante questa operazione sulla lana. Solitamente ha una struttura detta a botta e risposta, cioè una persona intona il primo verso e le altre rispondono in coro. I waulking songs iniziano con un ritmo lento, che diventa via via più veloce mano a mano che il tessuto diventa più soffice.[21][22][23].
Canti di follatura famosi
La canzone Ebudæ di Enya dall'album Shepherd Moons trae la sua melodia da un canto di follatura delle isole Ebridi.[24][25]
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Canti di lavoro agricoli
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La maggior parte dei canti di lavoro agricoli erano a cappella e molto ritmici, in modo da accrescere la produttività e ridurre il senso di noia.[5] I ritmi di questi canti servono per sincronizzare i movimenti di gruppo, per lo stesso motivo per cui in alcune parti dell'Africa si usano le percussioni, coordinando la semina e la zappatura.[5] Le parole in questi canti erano spesso improvvisate e cambiavano di volta in volta. L'improvvisazione permetteva a chi cantava di utilizzare talvolta espressioni sovversive.
I canti a la boara sono canti della Romagna collegati a diversi lavori agricoli: si distinguono in sotto-categorie a seconda dello specifico lavoro a cui sono dedicati (es. "canti a la gramadora" canti delle gremolatrici della canapa). Tutti sono cantati con versi endecasillabi[10][26].
O canta la sighéla 'n te rastèle
o canta la sighéla 'n te rastèle
o canta la sighéla 'n te rastèle
avanti segador c'un conta quèle.
Traduzione: O canta la cicala sul rastrello / avanti falciatori ché non conta niente.[10][26].
Canti agricoli famosi
- O cuntadinu sutta lu zappuni, testo siciliano cantato da Rosa Balistreri
- Amara terra mia (Addije, addije amore) è un brano musicale, per molto tempo ritenuto un canto di lavoro delle raccoglitrici di olive della zona della Maiella, appartenente alla tradizione popolare abruzzese, che sarebbe stato riadattato da Giovanna Marini e in seguito rielaborato da Domenico Modugno ed Enrica Bonaccorti nell'album del 1971 Con l'affetto della memoria.[27]; in realtà, studi successivi hanno dimostrato che si tratta di un brano d'autore, scritto dalla stessa Marini e spacciato come canzone popolare[28], cosa del resto affermata dalla stessa Marini in alcune occasioni[29].
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Canti di fiume e di mare
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Canti di pesca

In Italia sono stati documentati diversi canti di pesca: in Calabria Alan Lomax e Diego Carpitella hanno studiato i canti nelle tonnare[30]. Il ritmo della tonnara è chiamato anche cialoma. Nel ritmo della tonnara il pescatore esperto, detto raìs, canta nel silenzio, mentre gli altri pescatori rispondono in coro.
Cialoma (ritmo della tonnara)
Canti marinareschi

Un canto marinaresco (in inglese sea shanty, scritto anche chantey o chanty) è un tipo di canto di lavoro che era un tempo comunemente usato per accompagnare il lavoro a bordo dei grandi velieri mercantili.
Le sea shanties erano dei ritmi per issare le vele sui grandi transatlantici a vela[31][32]. Le canzoni marinaresche avevano la funzione di economizzare il lavoro, soprattutto nei grandi velieri con ciurma ridotta e dure mansioni.[33] La pratica di cantare fra i marinai divenne infine comune internazionalmente e per tutta l'era delle grandi barche a vela.
Di origine etimologica incerta, la parola shanty è emersa nella metà del XIX secolo, specialmente sui velieri mercantili americani, che erano di uso preminente nei decenni antecedenti alla Guerra di Secessione Americana.[34]
Alberto Favara ha raccolto dei canti ritmici per la manovra alle vele in Sicilia da marinai siciliani che avevano lavorato su navi inglesi nel Mediterraneo.[32][35]. La lingua è un miscuglio di inglese e siciliano.[32][35]
O ringo ringo cunuè
sciaviraviringa sciaviraviné
Drunken Sailor
Drunken Sailor risale ai primi del XIX secolo o anche prima, in un periodo nel quale le ciurme delle barche, specialmente quelle dei vascelli militari, erano sufficientemente numerose da poter tirare una corda semplicemente marciando lungo il ponte. Drunken Sailor è poi divenuta una canzone popolare fra i non-marinai nel XX secolo, fino a essere considerata uno dei canti marinareschi più conosciuti dal pubblico. La canzone è la n.322 nel Roud Folk Song Index.
Wellerman
Wellerman è un singolo del musicista scozzese Nathan Evans, pubblicato il 21 gennaio 2021 come primo estratto dal primo album in studio Wellerman - The Album. Il brano è un riadattamento di un canto marinaresco intitolato Soon May the Wellerman Come, di autore anonimo e risalente al 1860 circa, che tratta della caccia alle balene in Nuova Zelanda.[36][37]
Canti di fiume
Canto dei battellieri del Volga

Il Canto dei battellieri del Volga è una canzone tradizionale russa le cui origini risalirebbero alla fine del XVI secolo. Il titolo originale russo è Эй, ухнем! (Ėj, uchnem!) ovvero Ehi, andiamo! e veniva gridato dai battellieri mentre trascinavano imbarcazioni e chiatte, contrastando la corrente; il gruppo era guidato da una persona che, in testa, indicava il ritmo e il passo da tenere; il canto riusciva a mantenere unito il gruppo e lo aiutava nello svolgere la faticosa incombenza.
Nel 1866 il compositore Milij Alekseevič Balakirev lo introdusse in un suo testo su canti folcloristici tradizionali, indicandolo come Canto del Volga.[38]
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Canti di artigiani e operai
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Canti dei portatori di lettiga

« Meglio una lettiga piena di una vuota » è un verso attestato in diversi bassorilievi della Sesta dinastia dell'Antico Egitto circa nel 2000 avanti Cristo. Rientra quindi nella musica dell'antico Egitto.
Secondo gli archeologi, questa frase conteneva un gioco di parole fra "portatore di lettiga" e mancia: si pensa che i portatori di lettiga la cantassero in modo da chiedere di essere pagati bene per il loro lavoro[39][40].
Canti di fucina

Sembra che i fabbri avessero l'abitudine di cantare per coordinare i colpi e misurare il ritmo lavorando alla fucina.
Flamenco spagnolo
Il palo flamenco spagnolo include dei generi chiamati martinete e carcelera, accompagnati da martelletti da fucina[41]. Il martinete è un cante con strofa di quattro versi ottonario (octosilabos). Viene considerato una specialità della toná, originaria delle fucine o ferriere. I suoi testi si distinguono generalmente per il contenuto triste e per il tono monotono, terminando in lunghi lamenti. La caratteristica della toná è che si canta senza chitarra, sebbene a volte si accompagni con rumori di fucina, come quello di un martello pilón o martinete (martelletto) colpendo il metallo.
Canti di filanda

In Italia specialmente in Lombardia sono stati documentati diversi canti legati al lavoro in filanda. Erano soprattutto donne a lavorare come filandere. Nei testi si menziona la questione del salario inadeguato e le condizioni di lavoro che rovinavano la salute.
A la matin bonora
Canti di lavatoio

Nei lavatoi pubblici, le lavandaie si incaricavano di lavare la biancheria per conto di altri. In alcune città francesi, principalmente Parigi e Lione, esistette nel secolo XIX un'importante attività di navi-lavatoio (i popolari bateaux-lavoirs) dove si concentrava l'attività delle lavandaie di professione.[43][44]
Canto d' 'e Lavannare d' 'o Vommero
Il Canto d' 'e Lavannare d' 'o Vommero (Canto delle lavandaie del Vomero) è una delle canzoni napoletane più antiche: gli studiosi la fanno risalire al Duecento[45]. Su questo canto si sono sovrapposte diverse interpretazioni: pare infatti che fosse diventata una canzone di protesta durante il regno di Alfonso V d'Aragona.
Canti della monda del riso

Le mondine erano lavoratrici stagionali impiegate nel lavoro nelle risaie. Lavoravano con orari molto pesanti, ma venivano pagate molto meno degli uomini. Le canzoni delle mondine parlano spesso delle loro condizioni di lavoro e in alcuni casi sono delle canzoni di protesta. Il film Riso amaro del 1949 ambientato fra le mondine fa vedere inoltre un'altra funzione del canto di lavoro: quella di comunicare fra colleghe, scambiandosi informazioni senza farsi notare dai "caporali".
Bella ciao
Bella ciao: si tratta di una variante del Canto dei partigiani adattata al lavoro nelle risaie, cronologicamente successiva a quella della resistenza[46][47]
Alla mattina appena alzata
o bella ciao bella ciao bella ciao, ciao, ciao
alla mattina appena alzata
in risaia mi tocca andar.
Sciur padrun da li beli braghi bianchi
Sciur padrun da li beli braghi bianchi è un canto popolare originario del Nord Italia (province di Novara e di Vercelli in Piemonte e in Lomellina in Lombardia) e composto da un autore anonimo tra il XIX e il XX secolo.[48], cantato in dialetto piacentino. È annoverato tra le più famose canzoni intonate dalle mondine durante il lavoro nelle risaie.[48]
Se otto ore vi sembran poche
Se otto ore vi sembran poche, canto piemontese associato al movimento di diritti delle mondine vercellesi[49] Conosciuto anche come Se otto ore son troppo poche, Se otto ore o Le otto ore, divenne popolare nel periodo del biennio rosso (1919-1920). È stato riproposto da Giovanna Daffini, da Giovanna Marini, Anna Identici[50] e Maria Carta[51].
Se otto ore vi sembran poche,
provate voi a lavorare
e troverete la differenza
di lavorar e di comandar.
Canti di lavoro delle perle

A Venezia, le impiraresse erano artigiane che infilzavano (in veneziano "impiravano") le perle di vetro prodotte a Murano per creare gioielli[52]. Le loro canzoni sono state raccolte principalmente da Luisa Ronchini in un minuzioso lavoro di documentazione negli anni 1960.
Semo tute impiraresse
Il testo raccolto da Luisa Ronchini negli anni 1960[53] fa riferimento al carantano, una valuta in vigore nel Regno Lombardo-Veneto fino a un secolo prima.
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Canti di lavoro afroamericani
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I canti di lavoro afroamericani si sono sviluppati originariamente nell'era della schiavitù, fra il XVII e il XIX secolo. Poiché facevano parte di una cultura quasi prevalentemente orale, non avevano una forma fissa e cominciarono a essere registrati solo al termine dell'era della schiavitù, e cioè dopo il 1865.
La prima collezione di canzoni degli schiavi afroamericani fu pubblicata nel 1867 da William Francis Allen, Charles Pickard Ware e Lucy McKim Garrison.[54] Molte di queste trovavano origine nella tradizione musicale africana ed erano probabilmente cantate dagli schiavi per ricordarsi della loro casa; altre invece vennero ideate dagli schiavisti per alzare l'umore e per mantenere un ritmo di lavoro costante.[55]
I canti afroamericani sono stati anche visti come un mezzo per sopportare le difficoltà e per esprimere la rabbia e la frustrazione attraverso la creatività o un'occulta opposizione verbale.[56]
Una caratteristica comune dei canti afroamericani è la botta e risposta (call and response), tecnicamente definita "struttura responsoriale", nella quale il leader cantava una strofa, o alcune strofe, e gli altri rispondevano con il ritornello. Questa struttura proveniva dalla tradizione africana, specialmente per quello che riguarda i canti agricoli; essa ha trovato un buon uso negli spiritual che si sono sviluppati nel periodo in cui molti schiavi africani cominciarono a convertirsi al cristianesimo, e da qui nei gospel e nel blues. Sono inoltre da evidenziare i field holler, le urla e i lamenti, che si pensa fossero originariamente utilizzati da individui o gruppi diversi per localizzarsi a vicenda e per i canti narrativi con racconti e motivi popolari, facendo spesso uso di strumenti fatti in casa.[57] Agli inizi della schiavitù africana, le percussioni venivano usate per mantenere il ritmo, ma furono proibite negli anni a venire, nella paura che gli stessi africani avrebbero potuto utilizzare per comunicare nel corso di una ribellione; nonostante ciò, gli africani riuscirono lo stesso a produrre suoni di percussione, utilizzando altri strumenti o il loro stesso corpo.[58] Forse sorprendentemente, ci sono pochissimi esempi di canti associati alla raccolta del cotone.[59]
Esempio di un canto afroamericano[60] e traduzione italiana.
(inglese)
«Caller: All them pretty gals will be there,
Chorus: Shuck that corn before you eat.
Caller: They will fix it for us rare,
Chorus: Shuck that corn before you eat.
Caller: I know that supper will be big,
(italiano)
«Solista: Tutte quelle belle gallinelle saranno lì,
Coro: Sguscia il granturco prima di mangiarlo.
Solista: Ce le faranno cotte al sangue,
Coro: Sguscia il granturco prima di mangiarlo.
Solista: So che questo sarà un gran pasto,
Pay Me My Money Down
Pay Me My Money Down è un canto di lavoro (Roud 21449) cantato dagli scaricatori di porto neri della Georgia Sea Islands. Una delle versioni più note in Italia è quella di Bruce Springsteen.[61]
Calypso

La musica calypso è un genere musicale associato ai canti di lavoro, che appartiene alla cultura afroamericana delle isole dei Caraibi.
Banana Boat
- Banana Boat è una celebre canzone calypso originaria della Giamaica, la cui versione più nota è di Harry Belafonte. L'attacco "Day-O" fa parte della struttura a botta e risposta ( call and response) tipica dei canti afroamericani.[62]
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Canzoni della mala
Le canzoni della mala sono canzoni inventate, ma presentate come popolari; trattano storie di malavita, aventi come protagonisti detenuti, poliziotti e malfattori.

Il genere fu ideato intorno al 1957/59 dal regista Giorgio Strehler con alcuni autori prestigiosi che gravitavano intorno al Piccolo Teatro di Milano, tra cui principalmente, Fiorenzo Carpi, Gino Negri e Dario Fo, per un recital della allora esordiente cantante Ornella Vanoni ai tempi sua compagna.[63]
Per alimentare la curiosità del pubblico, venne lasciato credere che si trattasse di autentici canti popolari ricavati da vecchi manoscritti.
Il genere è considerato dei più famosi falsi storici della canzone italiana.
Ma mi e Le Mantellate sono diventate due classici della canzone italiana, annoverate tra le canzoni "manifesto" delle città di Milano e Roma.
Note
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni
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