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Principe vescovo
vescovo o arcivescovo che univa al suo ruolo religioso il potere temporale su un territorio Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Un principe vescovo o principe arcivescovo (Fürstbischof o Fürsterzbischof in tedesco) era un vescovo o arcivescovo che univa al suo ruolo religioso il potere temporale su un territorio (che non necessariamente coincideva esattamente con la diocesi su cui esercitava l'autorità religiosa). L'investitura religiosa era però necessaria per l'esercizio del potere temporale. Nel Sacro Romano Impero questa figura scomparve di fatto solo con lo scioglimento dell'Impero, nell'anno 1806. In Montenegro questo titolo sopravvisse fino al 1852, quando l'ultimo principe vescovo rinunciò alla dignità ecclesiastica, conservando, però, il potere temporale.

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Principi vescovi nel Sacro Romano Impero
Riepilogo
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Un principe vescovo era un vescovo che, nel Sacro Romano Impero, aveva il rango di principe imperiale. Questa fusione delle funzioni spirituali e temporali dei vescovi – entro l'ambito del Sacro Romano Impero – risale alla politica dei re tedeschi durante l'alto medioevo, i quali si appoggiarono a vescovi da loro nominati per porre dei limiti all'influenza delle più potenti famiglie nobiliari. Molti di loro vennero investiti di diritti regali (regalie). Con il nascere di principati territoriali anche i vescovi imposero la loro potestà sui territori di loro competenza, creando i cosiddetti principati vescovili.
La Bolla aurea, emanata dall'imperatore Carlo IV, stabilì che i tre principi-vescovi più potenti facessero parte del collegio di elettori dell'imperatore (assieme a quattro principi laici): si trattava dei principi-arcivescovi di Magonza, Colonia e Treviri. Nel 1521 il Sacro Romano Impero contava 53 principati ecclesiastici; la riforma protestante e la conseguente secolarizzazione ridussero questo numero, nel 1648, a 23 (che poi divennero 26 nel corso del secolo XVII). Nel corso delle guerre di religione molti principati vescovili furono secolarizzati ed annessi dai sovrani laici protestanti (Brema, Magdeburgo, Halberstadt, Ratzeburg, ecc.) che ne mantennero il seggio ed il voto nel Collegio dei Principi alla Dieta dell'Impero (Reichstag). Tuttavia, come per i principi secolari, non tutti i principi-vescovi avevano la piena sovranità sulle loro terre o il voto alla Dieta dell'Impero (Vienna, Praga, Olomouc, Malines, Breslavia, Seckau, Gurk, Sion, Lavant, ecc.).
Nel secolo XVI e al principio del XVII esistettero, accanto ai principati vescovili cattolici anche numerosi principati vescovili protestanti, il più importante dei quali era quello di Magdeburgo. Quasi senza eccezioni questi territori ecclesiastici protestanti venivano governati da principi appartenenti a potenti dinastie confinanti, e, con la pace di Vestfalia del 1648, vennero trasformati in principati laici, a vantaggio dei maggiori stati protestanti, come per esempio la Prussia. L'unico principato vescovile protestante che sopravvisse fu quello di Lubecca, e il caso specialissimo del principato vescovile di Osnabrück, che veniva governato alternativamente da vescovi cattolici e protestanti.
Anche il Gran Maestro dell'Ordine Teutonico, dal 1526, era un principe ecclesiastico, senza però essere un principe-vescovo.
Dal secolo XVI fino agli inizi del XIX la carica di principe vescovo era ricoperta quasi esclusivamente da esponenti della nobiltà, come figli di principi, cavalieri imperiali. Per questo, fino al 1803, la Chiesa cattolica nell'Impero era sostanzialmente una chiesa di nobili. Fino al secolo XVII esisteva però qualche forma di mobilità sociale, quando alcuni esponenti della nobiltà minore e persino qualche persona di famiglia non nobile, con la nomina a vescovo, riuscirono a raggiungere il rango di principe imperiale.
Con il trattato di Lunéville, nel 1801 si procedette alla secolarizzazione di tutti i principati ecclesiastici nel territorio del Sacro Romano Impero. La loro rapida fine fu determinata da diversi fattori, tra i quali in primo luogo la perdita di legittimazione dell'autorità temporale della Chiesa nell'epoca del Razionalismo e dell'Illuminismo, l'influenza della Francia rivoluzionaria, dove i beni ecclesiastici erano stati secolarizzati, e la volontà annessionistica degli stati confinanti. Quasi tutti i principati vescovili vennero secolarizzati nel 1802, e il Reichsdeputationshauptschluss (1803) ne diede la sanzione ufficiale. I principi-vescovi in carica al momento della secolarizzazione mantennero a vita il rango di principi imperiali.
Anche altre diocesi avevano titoli principeschi per i loro vescovi, per esempio quelli di Cracovia, Breslavia (almeno fino al 1945) o in Italia quello della diocesi di Tortona (principe di Cambiò), di Novara (principe di San Giulio ed Orta), almeno fino alle riforme di Pio XII.
Elenco dei principati ecclesiastici del Sacro Romano Impero
Principati ecclesiastici medievali secolarizzati:
- Patriarcato di Aquileia (Patriarchæ Aquileiensis) incorporato nella Repubblica di Venezia nel 1420,
- Besançon fino al 1290 fu governata dal suo arcivescovo, e fu riconosciuta quale città libera dell'Impero dal 1184,
- Brescia, autorità comunale poi assoggettata da Milano nel Trecento,
- il Principato vescovile di Sion[1] fu un classico esempio di autorità secolare e diocesana unificate, fu privato dell'effettiva sovranità nel corso del XVI secolo fino ad essere proclamato repubblica dalle Sette Degagne.
Principati ecclesiastici dell'impero secolarizzati nel corso del XVIII secolo:
- Principato vescovile di Gurk (1764)
- Principato vescovile di Lavant (1782)
- Principato vescovile di Seckau (1786)
- Principato vescovile di Sitten (1798)
- Principato vescovile di San Giulio (Lago d'Orta, Italia, 1786)
(Per l'ordine di precedenza e di voto, vedi la voce Reichstag).
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Principi vescovi in Montenegro
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Nemmeno nelle Chiese orientali era comune che i vescovi esercitassero un potere temporale. A questo proposito fa però eccezione il ruolo politico del vescovo di Cettigne (Cetinje), nella regione del Montenegro (Crna Gora), che si sviluppò a partire dal XVI secolo. Dopo la conquista della Serbia, l'Impero ottomano voleva estendere il suo controllo anche sul Montenegro, ma le popolazioni che abitavano quelle montagne vi si opposero con successo. I capi dei diversi clan attribuirono al vescovo (vladika) di Cettigne la funzione di “presidente” al di sopra delle parti in questa entità territoriale. Danilo Petrović-Njegoš, che nel 1697 era divenuto vladika, riuscì a indicare come proprio successore un suo nipote, di modo che, nel XVIII secolo, tale ufficio, ad un tempo spirituale e temporale, venne attribuito alla famiglia Petrović, i cui esponenti formarono una vera e propria dinastia di vescovi.
Fu però solo col principe-vescovo Pietro I (1782-1830) che questa situazione venne riconosciuta definitivamente. Il successore, il di lui nipote Pietro II (1831-1851), eliminò completamente un potente clan rivale, cosicché il principe-vescovo divenne capo politico indiscusso del Montenegro. Di conseguenza il nipote di Pietro II, Danilo II (1851–1860), un anno dopo esser divenuto vladika, rinunciò alla carica proclamandosi principe (laico) del Montenegro. Il nipote e successore di Danilo II, Nicola I (1860–1918), padre di Elena, andata in sposa a Vittorio Emanuele III di Savoia, nel 1910, fece del principato un regno, che però venne annesso, nel 1918, al “Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni”, la futura Jugoslavia.
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Altrove
Riepilogo
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In Inghilterra il Vescovo di Durham era un principe-vescovo col grado di Conte palatino incaricato non tanto di governare una diocesi quanto di proteggere il paese dalla minaccia scozzese. Il titolo sopravvisse all'unione fra Inghilterra e Scozia nel 1707 e persistette fino al 1836 insieme a quello di altri ecclesiastici. Infatti nella Camera dei Lord erano riservati 30 seggi con voto ai principi ecclesiastici di cui 26 inglesi e scozzesi (Canterbury, Londra, Durham, Winchester, Oxford, Bristol, Chester, St. Asaph, Bath, Wells, Chichester, York, Dunkeld, Carlisle, Salisbury, Raphoe, Glasgow, Aberdeen, St. David, Galloway, Argyll, St. Andrews, Brechin, Murray, Ross, Caithness) e 4 irlandesi (Connor, Londonderry, Cloyne, Clogher). Ancora oggi alla Camera dei Lord siedono 26 pari spirituali, ossia i due arcivescovi di Canterbury e York, i vescovi di Londra, Durham e Winchester ed altri 21 vescovi fra tutti gli altri in base all'anzianità di nomina[2].
In Francia erano riconosciuti principi-vescovi i sei titolari di Parìe ecclesiastiche: l'arcivescovo di Reims, i vescovi di Laon, Langres, Beauvais, Chalon e Noyon. Inoltre, mantennero il titolo di principi dell'impero i tre vescovi di Metz, Toul e Verdun i cui stati furono annessi dalla Francia nel 1552.
In Italia principi-vescovi furono:
- l'arcivescovo di Ravenna dal X secolo e signore della Guna fino al -1783;
- il patriarca di Aquileia fino al 1751, in seguito l'arcivescovo di Gorizia;
- il vescovo di Novara come principe di Orta e San Giulio fino al 1786;
- il vescovo di Vercelli,
- il vescovo di Sarzana dal 1355,
- il vescovo di Feltre,
- il vescovo di Treviso.
- il vescovo di Teramo.
Situazione attuale
Tutti i titoli sono caduti in disuso dopo il decreto Attentis dispositionibus della Sacra Congregazione Concistoriale del 12 maggio 1951, con cui la Santa Sede chiede a tutti i vescovi di non menzionare titoli civili nelle loro lettere, sigilli e stemmi e di evitare di apporvi corone o altri riferimenti.[3]
Il più importante principe-vescovo è il vescovo di Roma, il Papa, capo universale della Chiesa cattolica. In seguito ai Patti lateranensi il papa è un sovrano assoluto, capo di Stato della Città del Vaticano.
Il vescovo di Urgell in Spagna è un altro caso di principe-vescovo sovrano essendo coprincipe di Andorra insieme al presidente della Repubblica francese.
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Note
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