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Amedeo Modigliani

pittore e scultore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Amedeo Modigliani
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Amedeo Clemente Modigliani, noto anche con i soprannomi di Modì[N 1] e Dedo[N 2] (Livorno, 12 luglio 1884Parigi, 24 gennaio 1920), è stato un pittore e scultore italiano, celebre per i suoi sensuali nudi femminili e per i ritratti caratterizzati da volti stilizzati, colli affusolati e gli sguardi spesso assenti.

«La vita è un dono, dei pochi ai molti, di coloro che sanno e che hanno a coloro che non sanno e che non hanno.»
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Amedeo Modigliani in un ritratto fotografico del 1918
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Si formò in Italia sostanzialmente da autodidatta, andando dalla Toscana a Venezia e passando per il Mezzogiorno, fino a quando non giunse a Parigi nel 1906. La città francese era all'epoca la capitale europea delle avanguardie artistiche e in Francia egli entrò in contatto con personaggi come Pablo Picasso, Maurice Utrillo, Max Jacob, Jacques Lipchitz, Chaïm Soutine e altri. A Parigi frequentò anche importanti scrittori e poeti, come - ad esempio - Giuseppe Ungaretti[1]. In Francia conobbe anche la giovane pittrice Jeanne Hébuterne, destinata a divenire sua compagna di vita oltre che musa.

Nel 1909 iniziò ad avvicinarsi alla scultura ma, sebbene fosse la sua reale aspirazione artistica, dovette abbandonarla ben presto nel 1914 a causa delle precarie condizioni fisiche; da allora si dedicò solamente alla pittura producendo una notevole quantità di dipinti dai quali, tuttavia, non ricavò alcuna ricchezza e che durante la sua breve esistenza non vennero per nulla presi in considerazione perché giudicati troppo osceni e scandalosi, riducendolo praticamente alla miseria più totale.

Artista bohémien, Modigliani non disdegnò certo il bere e l'uso di altre sostanze nocive compromettendo la sua instabile salute fisica già minata dalla tubercolosi, che infatti lo portò alla morte all'età di soli trentacinque anni. È sepolto nel cimitero parigino di Père-Lachaise insieme con la sua compagna Jeanne, la quale, incinta di otto mesi del loro secondo figlio, si suicidò due giorni dopo la sua morte.

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Biografia

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Infanzia e adolescenza

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La casa natale di Modigliani a Livorno

Amedeo Modigliani nacque a Livorno, in via Roma,[2] il 12 luglio del 1884 in una famiglia ebraica sefardita, ultimogenito dei quattro figli (tre maschi ed una femmina)[3] di Flaminio Modigliani (1840-1928) e di Eugénie Garsin (1855-1927), quest'ultima nata a Marsiglia ma di famiglia livornese da diverse generazioni, ambedue di sentimenti non rigorosamente religiosi. Quando venne alla luce, la famiglia stava attraversando un grave dissesto economico poiché l'impresa del padre, costituita da alcune società agricole e minerarie in Sardegna (specialmente a Buggerru, in località Grugua, nel Sulcis-Iglesiente),[4] era in bancarotta. Anche la situazione finanziaria dei Garsin era tutt'altro che rosea. Forse anche per questo motivo venne incaricato Evaristo Mauri di fotografare le miniere di proprietà della famiglia.

Fu soprattutto l'intraprendenza della madre a impedire il tracollo economico della famiglia, grazie ai ricavi provenienti dalla scuola materna ed elementare da lei fondata, dalle lezioni private e dall'attività di traduttrice e critica letteraria. Inoltre, si preoccupò personalmente dell'istruzione dei figli.

Fin dall'adolescenza Amedeo fu afflitto da problemi di salute: dapprima una pleurite, poi una febbre tifoide, quindi, ad appena 14 anni, l'esordio della tubercolosi due anni dopo; una forma così grave da costringere il giovane Amedeo ad abbandonare gli studi e a effettuare alcuni soggiorni a Capri -diventata a partire dal XIX secolo famosa in tutto il mondo-, ad Amalfi e a Napoli, dai quali trasse un discreto giovamento. Nel 1898 il fratello maggiore, Giuseppe Emanuele, futuro deputato del Partito Socialista Italiano, fu arrestato a Piacenza, dove dirigeva un giornale, processato insieme all'intero gruppo dirigente socialista locale e condannato a sei mesi di carcere.

Costretto spesso in casa per via della salute assai cagionevole, Modigliani sin da piccolo mostrò una grande passione per il disegno, riempiendo pagine e pagine di schizzi e ritratti tra lo stupore dei parenti, che comunque non gli concessero la possibilità di iscriversi a qualche corso adatto al suo livello; fu solo durante un violento attacco della malattia, che riuscì a strappare alla madre la promessa di poter andare a lavorare nello studio di Guglielmo Micheli, uno dei migliori allievi del grande Giovanni Fattori e uno dei pittori più in vista di Livorno, da cui apprenderà le prime nozioni pittoriche, e dove conoscerà, nel 1898, lo stesso Fattori. Modigliani sarà così inizialmente influenzato dal movimento dei macchiaioli, in particolare da Fattori stesso e da Silvestro Lega.

Il trasferimento a Parigi e l'esordio artistico

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La casa dove abitò a Venezia

Nel 1902 Amedeo Modigliani s'iscrisse alla "Scuola libera di Nudo" di Firenze diretta da Giovanni Fattori, e un anno dopo si spostò a Venezia, dove per due anni frequentò la stessa scuola presso l'Accademia di Belle Arti, ed ebbe le prime esperienze di vita bohémien. Nel 1906 Modigliani emigrò in Francia, precisamente a Parigi, che all'epoca era il punto focale dell'avanguardia. Sistematosi al Bateau-Lavoir, una comune per artisti squattrinati di Montmartre, fu ben presto occupato dalla pittura SOKI, inizialmente influenzato dal lavoro di Henri de Toulouse-Lautrec, finché Paul Cézanne cambiò le sue idee.

Modigliani sviluppò uno stile unico, l'originalità di un genio creativo, che era contemporaneo del movimento artistico dei cubisti, ma di cui non fece mai parte. Modigliani è famoso per il suo lavoro rapido: si dice che completasse un ritratto in una o due sedute. Una volta terminati, i suoi dipinti non venivano mai ritoccati. Eppure, tutti coloro che avevano posato per lui dissero che essere ritratti da Modigliani era come "farsi spogliare l'anima". Modigliani si era inizialmente pensato come scultore più che come pittore e iniziò a scolpire seriamente dopo che Paul Guillaume, un giovane e ambizioso mercante d'arte, s'interessò al suo lavoro sulla scultura nera e lo presentò a Constantin Brâncuși e poco dopo a Picasso.

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Chaïm Soutine, ritratto da Modigliani nel 1916

Questi caratteri appaiono antichi, quasi egizi, piatti e vagamente ricordanti una maschera, con distintivi occhi a mandorla, bocche increspate, nasi storti e colli allungati. Anche una serie di sculture di Modigliani venne esposta al Salone d'autunno del 1912. A causa delle polveri generate dalla scultura, la sua tubercolosi peggiorava; abbandonò quindi la scultura, prima quella della pietra calcarea e poi anche quella del legno, e si concentrò unicamente sulla pittura.

Elvira "La Quique"

In un caffè Modigliani incontrò Elvira, una bellissima e giovane donna: era una prostituta soprannominata 'La Quique'. Fu un colpo di fulmine per entrambi. I dipinti Elvira appoggiata al tavolo e Nudo in piedi (Elvira), spesso riprodotto su cartoline, sono due dei suoi capolavori.

I ritratti

Tra le personalità ritratte da Modigliani si ricordano il pittore Chaïm Soutine, suo amico e anche lui forte bevitore, Beatrice Hastings, una scrittrice e giornalista inglese alla quale rimase legato sentimentalmente per due anni, e molti colleghi artisti che frequentavano in quel tempo Montparnasse, come Moïse Kisling, Pablo Picasso, Diego Rivera, Juan Gris, Max Jacob e i giovani scrittori Blaise Cendrars e Jean Cocteau.

Un altro pittore suo grande amico, nonostante le liti frequenti per i problemi di alcolismo, fu Maurice Utrillo. Dalle "teste", Modigliani passò ai ritratti con la figura completa svolta a spirale e ai nudi disegnati con una linea ondulata, che costituiscono le sue opere più tipiche. Amedeo amava però soprattutto ritrarre la donna che divenne sua compagna: Jeanne Hébuterne.

I nudi e l'incontro con Jeanne Hébuterne

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Grande nudo disteso, di Modigliani

Il 3 dicembre 1917 si tenne alla Galérie Berthe Weill la prima mostra personale di Modigliani. Il capo della polizia di Parigi rimase scandalizzato per l'immoralità dei nudi di Modigliani in vetrina, e lo costrinse a chiudere la mostra a poche ore dalla sua apertura. La sua pittura apparve diversa da tutto ciò che si faceva allora, ovvero un "ritorno all'ordine". Qualcosa di comune egli aveva con i due pittori russi Pascin e Soutine, anche per l'accensione tonale che, insieme alla ricerca di una materia sempre più vellutata, caratterizza l'opera degli ultimi anni del pittore.

Quello stesso anno Modigliani ricevette una lettera da un'ex amante, Simone Thiroux, una ragazza franco-canadese, che lo informò di essere di ritorno in Canada e di avere dato alla luce un figlio, avuto da lui. Modigliani non riconobbe mai il bambino come suo, mentre trovò il grande, vero amore, in Jeanne Hébuterne, una pittrice in erba, con la quale si trasferì in Provenza dopo che lei era rimasta incinta: il 29 novembre 1918 la ragazza diede alla luce una bambina, che venne anch'essa battezzata Jeanne.

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La tomba di Amedeo Modigliani e della compagna Jeanne Hébuterne al cimitero di Père-Lachaise

Mentre era a Nizza, Léopold Zborowski si prodigò per aiutare lui, Tsuguharu Foujita e altri artisti, cercando di vendere i loro lavori ai ricchi turisti. Modigliani riuscì a vendere solo qualche quadro e per pochi franchi ciascuno. Nonostante ciò fu proprio questo il periodo in cui produsse gran parte dei dipinti che sarebbero diventati i suoi più popolari e di maggior valore. I finanziamenti che Modigliani riceveva svanivano rapidamente in droghe e alcool, tuttavia Modigliani non era il solo, in un ambiente come Montparnasse a cavallo della prima guerra mondiale, a fare uso di alcool e hashish: anzi, si può dire che quelle tendenze erano comuni ai più; quello che colpiva negli eccessi di Modigliani era la loro platealità, al punto da fare esclamare a Picasso un giorno: "Si direbbe che Modigliani non possa prendere una sbornia che al crocicchio di Montparnasse".

Due altre testimonianze spostano il problema sulla compatibilità di tale eccessi con il carattere e il portamento umano di Modigliani.

de Vlaeminck:

«Ho ben conosciuto Modigliani; l'ho conosciuto affamato, l'ho visto ubriaco e l'ho visto abbastanza ricco. Mai l'ho visto mancare di grandezza… Mai ho sorpreso in lui il minimo sentimento basso… Ora che tutto è imbellettato e azzimato, ora che si crede di potere sorpassare la vita, dove tutto è super, da supertassa a surrealismo, alcune parole perdono il loro vero senso. lo non so più usare le parole "arte", "artista". Ma supponiamo per un istante che questa parola riprenda il suo colore, il suo senso, il suo sesso… Allora Modigliani era un grande artista.»

E poi Severini:

«Modigliani non era un vizioso, un ubriacone volgare, un decadente; l'assenzio, se lo prendeva talvolta in doppia dose, era malgrado tutto un “mezzo”, e non un “fine”.»

Quell'eccitazione che ne ricavava era utilizzata per vedere sempre più in profondità dentro di sé; era del resto cosa usuale in tutti gli artisti di quell'epoca.

«Dove sono quegli abusi di cui si è fatta tanta letteratura? E dopo tutto, che credono i borghesi, che si faccia un quadro nello stesso stato di spirito con cui s'infinocchia un cliente? Quanta gente è più volgare senza bere un dito di vino, che non lo fosse Modigliani dopo avere preso due o tre assenzi! Del resto non bisogna credere che Modigliani avesse bisogno di eccitanti per essere brillante, vivo, vivo e pieno d'interesse in qualunque momento della sua vita. Se a Montparnasse tutti gli volevano bene, non è mica per quello che lui era eccezionalmente, quando aveva bevuto, alla sera, qualche assenzio, ma per quel che lui dimostrava di essere usualmente nei suoi rapporti quotidiani con i camerati, e in ogni momento del giorno.»

Nel maggio del 1919 fece ritorno a Parigi dove, assieme a Jeanne e alla loro figlia, affittò un appartamento in rue de la Grande Chaumière. Mentre vivevano lì sia Jeanne che Modigliani dipinsero ritratti l'uno dell'altra e di tutti e due assieme. Anche se Modigliani continuò a dipingere in quel periodo il suo stile di vita era giunto a richiedere il conto, e la salute si stava deteriorando rapidamente. La breve vita di Modigliani precipitava nella tragedia e la tubercolosi lo spegneva all'hôpital de la Charité.

La morte

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Modigliani nel suo studio a Parigi nel 1918
«Un bel dopopranzo nel principio di autunno (1919) sedevo con mia moglie alla terrazza della Closerie des Lilas quando al largo di quel carrefour, e diretto verso il boulevard Montparnasse, vedemmo passare Modigliani. Lo chiamai e venne subito da noi, ma non volle sedersi perché aveva un appuntamento lì vicino. Ci scambiammo le ultime notizie personali e io mi rallegrai molto con lui dell'aria di prosperità e di salute che aveva. Era vestito di un completo di velluto grigio chiaro a righe, quasi nuovo; aveva un bellissimo foulard al collo, e si era fatto rimettere due denti incisivi che gli mancavano. «Si vede che sei sposato» gli dissi «e che Noix de coco[5] non ti lascia andare trasandato: sei contento?»; «Je suis très heureux [sono molto contento]» mi disse serio serio «e anche gli affari vanno». Ci stringemmo la mano, partì. Fu l'ultimo nostro incontro.»

Una mattina di gennaio del 1920 l'inquilino del piano sottostante, insieme a Kisling e Ortiz de Zárate trovarono Modigliani delirante nel letto nello studio gelido, attorniato da numerose scatolette di sardine aperte e bottiglie vuote, mentre si aggrappava a Jeanne, che era quasi al nono mese della seconda gravidanza. Venne convocato un medico, ma c'era ormai poco da fare, poiché Modigliani era in preda a una meningite tubercolare.

Ricoverato all'Hôpital de la Charité, in preda al delirio e circondato dagli amici più stretti e dalla straziata Jeanne, Modì spirò la sera del 24 gennaio 1920. Al funerale di Modigliani parteciparono tutti i membri delle comunità artistiche di Montmartre e Montparnasse. André Salmon, amico di Modigliani comunicò la notizia della morte ad André Warnod tramite una lettera:

«Mio caro Warnod,
voglia annunciare la morte del nostro povero amico, il pittore Amedeo Modigliani di cui conosce l'opera. È morto ieri all'ospedale Charité, a trentacinque anni, gli faremo dei bellissimi funerali.
Ci si riunirà questo martedì, 27 gennaio, alle 14,30 al Charité. Inumazione al Père-Lachaise. Era fratello di Modigliani, il deputato socialista italiano.
Grazie e mi stia bene.»

Jeanne Hébuterne, che era stata portata nella casa dei suoi genitori ed era incinta del secondo figlio, all'indomani della morte di Amedeo si gettò da una finestra al quinto piano. Modigliani venne sepolto nel cimitero di Père-Lachaise nel primo pomeriggio del 26 gennaio. Jeanne Hébuterne fu tumulata il giorno dopo al cimitero parigino di Bagneux, vicino a Parigi, e solo nel 1930 la sua amareggiata famiglia (che l'aveva fatta seppellire furtivamente per evitare ulteriori "scandali") concesse che le sue spoglie venissero messe a riposare accanto a quelle di Modigliani.

Su Le Figaro André Warnod scrisse: «Furono magnifiche esequie, a cui presenziarono Montparnasse e Montmartre: pittori, scultori, poeti e modelli. Il loro straordinario corteo scortava il carro funebre coperto di fiori. Al suo passaggio, a tutti gli incroci, gli agenti della polizia si mettevano sull'attenti e facevano il saluto militare. Modigliani salutato proprio da coloro che l'avevano tanto spesso ingiuriato! Che rivincita!».[6] Mentre Lunia Czechowska, una polacca con la quale Modigliani aveva avuto un rapporto in passato, scrisse di lui: «Il pomeriggio andai a trovare un'amica svedese che sapeva dell'amicizia che mi legava a Modigliani e fu lei a informarmi della sua morte. I miei amici non mi avevano avvertita immediatamente e non avevano più avuto il coraggio di farlo dopo. Così venni a sapere che Jeanne era stata così sgomentata dalla morte di Modigliani, che si era gettata dal quinto piano. Né sua figlia, né il piccolo che aspettava avevano potuto darle la forza di vivere. L'ultima dimora di Modigliani fu assicurata da Kisling, amico leale e fedele; Jeanne Léger fece di tutto perché Jeanne Hébuterne riposasse accanto a colui che amava».[6]

Fu Moïse Kisling, il quale aveva organizzato una colletta tra amici, artisti e modelle, a saldare la fattura di 1.340 franchi per le "esequie e trasporti funebri".[6] La figlia di soli venti mesi, Jeanne Modigliani, venne affidata alla nonna paterna Eugènie Garsin, che continuava a vivere a Livorno.

Nel gennaio del 2011 su L'Osservatore Romano, in un articolo di Sandro Barbagallo, è emersa la vera storia del figlio illegittimo del pittore, avuto dalla relazione con Simone Thiroux e dato in adozione: nato nel 1917 e morto nel 2004, si chiamava Gerald Thiroux Villette, divenne sacerdote e per tutta la vita guidò la parrocchia di Milly-la-Forêt (Île-de-France)[7].

La fortuna postuma

La concezione della sua pittura basata sul disegno lineare, la purezza arcaica della sua scultura e la vita romantica e tribolata dalla miseria e dai malanni fanno di Modigliani una personalità eccezionale nel quadro dell'arte moderna, isolata dalle correnti del gusto contemporaneo (cubismo, futurismo, dadaismo e surrealismo) pur lavorando nel loro stesso periodo. Oggi, Modigliani è universalmente considerato come uno dei più grandi artisti del XX secolo e le sue opere sono esposte nei più importanti musei del mondo.

Le sue sculture raramente cambiano di mano, e i pochi dipinti che vengono venduti dai proprietari possono raggiungere anche più di quindici milioni di euro. Il 14 giugno 2010 viene venduta all'asta a Parigi da Christie's una delle sue sculture, Tête de Caryatide, per la cifra record di 43,18 milioni di euro,[8] mentre per quanto riguarda le tele il suo record personale è stato battuto il 2 novembre 2010 a New York da Sotheby's con il nudo La Belle Romaine per la cifra record di 68,96 milioni di dollari (compresi diritti d'asta)[9]. Una "testa" del grande autore livornese è stata venduta all'asta il 4 novembre 2014 presso Sotheby's a New York per la cifra record di 70,725 milioni di dollari.[10] Il 9 novembre 2015 un nuovo record: Nudo sdraiato è stato battuto all'asta da Christie's a New York e dopo nove minuti e mezzo di gara a colpi di rilanci milionari è stato acquistato per 170,405 milioni di dollari.

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Alcune lettere di Modigliani

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Di Modigliani si conserva un lungo carteggio con amici e parenti, grazie al quale è possibile ricostruire le varie vicende della sua vita:

«Caro amico,
La bacio come avrei voluto se avessi potuto il giorno della sua partenza. Sto facendo bisboccia con Survage al Coq d'Or. Ho venduto tutti i quadri. Mi invii presto il denaro. Lo champagne scorre a fiumi. Auguriamo a lei e alla famiglia i migliori auguri di buon anno. Ressurrectio vitae. Hic incipit vita nova. In novo anno!
Modigliani»
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Affair Place Ravignan 1919[11]

Oltre alle lettere scrisse alcune poesie, spesso accompagnate da uno schizzo su cui riportava le proprie emozioni.

Durante il soggiorno a Nizza, nel gennaio-febbraio 1919, Modigliani invia una lettera a Zborowski con un post scriptum: “Non dimenticate l’affare di Place Ravignan”. Cos’era l’affare di Place Ravignan? C'erano forse nel suo vecchio studio delle opere da recuperare? Tra le ipotesi la più plausibile è quella di uno dei suoi biografi: Pierre Sichel ipotizza che nei primi mesi del 1919 Modigliani apprende la notizia che Elvira “la Quique” è stata fucilata durante la guerra dai tedeschi come spia. Di colpo gli torna in mente quando il padrone di casa l’ha costretto a sgomberare in fretta e furia l'appartamento di Place Ravignan, trattenendo alcuni ritratti di Elvira per compensare i mancati pagamenti.[11]

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Il ritrovamento delle sculture di Modigliani

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Una scultura di Modigliani del 1911

I tre falsi

In occasione di una mostra promossa nel 1984 dal Museo progressivo di arte contemporanea di Livorno (oggi scomparso, ma all'epoca ospitato nei locali di Villa Maria) per il centenario della nascita e dedicata alle sue sculture, su pressione dei fratelli Vera e Dario Durbè si decise di verificare se la diceria, secondo la quale l'artista avrebbe gettato nel Fosso Reale delle sue sculture, fosse vera. In effetti nel 1909 Modigliani, tornato temporaneamente a Livorno, aveva scolpito sculture che aveva mostrato poi presso il Caffè Bardi ad amici artisti, i quali lo avrebbero deriso consigliandogli di gettarle nel fosso. Cosa che l'artista, in uno scatto d'ira, avrebbe fatto d'impeto.

Dragando il canale nei pressi della zona di piazza Cavour, dove si trovava il Caffè Bardi, vennero effettivamente ritrovate tre teste, scolpite in uno stile che a prima vista richiamava quello del Modigliani di quegli anni. I critici d'arte si divisero: da una parte Federico Zeri che negò subito l'attribuzione e dall'altra Dario e Vera Durbè, conservatrice dei musei civici livornesi, e ancora Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi attribuirono le teste con certezza a Modigliani[12][13]. Un mese dopo il ritrovamento, tre studenti universitari livornesi si presentarono alla redazione del settimanale Panorama dichiarando la burla ed esibendo come prova della falsificazione una fotografia che li ritraeva nell'atto di scolpire una delle teste, ricevendo, come compenso per lo scoop, dieci milioni di lire[14].

La cosiddetta "testa numero 2" era opera loro, realizzata per burla con banali attrezzi prima di essere gettata nottetempo nel Fosso Reale e, come prova, gli studenti mostrarono una fotografia che li ritraeva con la scultura. Di fronte alle perplessità suscitate, tre di loro furono invitati a creare in diretta un nuovo falso, durante uno Speciale TG1, al fine di dimostrare con i fatti la loro capacità di realizzarlo in "così poco tempo" (come riteneva invece impossibile Vera Durbè, la quale fino alla morte si riterrà convinta, almeno apparentemente, dell'originalità delle tre teste).

Successivamente, anche a seguito dell'invito rivolto in televisione da Federico Zeri, anche l'autore delle altre due "teste" uscì dall'anonimato; si trattava di Angelo Froglia[15] (Livorno 1955-1997), un pittore livornese lavoratore portuale per necessità, il quale dichiarò che la sua non voleva essere una burla, ma che si trattava di « [...] un'operazione estetico-artistica per verificare fino a che punto la gente, i critici, i mass-media creano dei miti».

Ad avvalorare la posizione di Froglia vi era un suo filmato durante il quale scolpiva le due teste. Froglia, mentre scolpiva le pietre, realizzò anche il film Peitho e Apate… della persuasione e dell'inganno (Cerchez Modi), che suscitò l'interesse della critica al Torino Film Festival del 1984. Froglia successivamente dichiarerà di essere stato aiutato, nel gettare le teste nei fossi, da altre due persone: un pescatore con la barca e un dipendente del comune che fece scivolare in acqua le pietre.[16]

Nel 2011 il regista Giovanni Donfrancesco ha realizzato il film documentario Le vere false teste di Modigliani[17][18], che ricostruisce la vicenda. La disputa tra storici d'arte a proposito della originalità o meno delle teste e la prova dell'erroneo giudizio di taluni di essi, in particolare viene menzionato Giulio Carlo Argan, rappresenta uno degli episodi maggiormente citati nei "luoghi comuni" nei confronti dei critici d'arte.

Ancora oggi il discusso e controverso catalogo, pubblicato in poche ore dopo la scoperta delle teste e presentato in esclusiva durante la mostra dedicata a Modigliani a Livorno voluta da Vera Durbè, è in vendita come rarità presso l'editore Books & Company. Battezzato subito come il catalogo della "beffa di Modì" è diventato una rarità per amatori e costituisce una testimonianza molto concreta sulla labilità e le distorsioni che caratterizzano spesso il giudizio della cultura ufficiale, quando questa soccombe al sensazionalismo della novità a tutti i costi o al fremito dell'esclusiva editoriale.[19]

Le ultime tre sculture ritrovate

Sette anni dopo, nel 1991, un certo Piero Carboni, carrozziere di Livorno, asserì di possedere tre autentiche sculture di Modigliani. Egli le aveva custodite nella propria officina senza darvi importanza, dicendo di averle recuperate dalla casa dello zio Roberto Simoncini durante la seconda guerra mondiale. La ricostruzione questa volta sembra possedere elementi di verità, in quanto Modigliani nel 1909 aveva affittato una casa nelle vicinanze della casa dello zio di Carboni, detto "il Solicchio", e rappresentato probabilmente da Modigliani in un suo dipinto[20].

Inoltre, amici del "Solicchio" ricordano quelle sculture viste a casa e lasciate da un pittore partito per Parigi, che sarebbe diventato successivamente famoso. Le tre sculture rappresentano, anche questa volta, tre teste e sono già state battezzate: La bellezza, La saggezza e La scheggiata dal critico d'arte Carlo Pepi, al quale Piero Carboni le mostrò per primo, fiducioso della competenza dimostrata da quest'ultimo in occasione dei tre falsi del 1984. In quella circostanza, infatti, Carlo Pepi era stato fra i primi ad accorgersi della contraffazione e non aveva esitato a definire "porcherie" le tre sculture ripescate quel giorno.

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Cronologia

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Opere

Lo stesso argomento in dettaglio: Opere di Amedeo Modigliani.

Ritratti di Jeanne Hébuterne

Altri ritratti

Nudi

Paesaggi

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Omaggi

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Omaggi musicali

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Ragazza in camicetta a pois (1919).
  • Il Quintetto di Livorno di Andrea Pellegrini, gruppo jazz con Tino Tracanna (sax), Nino Pellegrini (contrabbasso), Riccardo Jenna / Cristian Calcagnile (batteria), ha realizzato una suite ispirata a Modigliani (Il Notaio di Nizza, Modigliani, Le Mani di Jeanne, Il Tratto di Modì, Al Lapin Agile ecc.) presentata per esempio al Festival Jazz di Montescudaio (prod. Provincia di Pisa, Comune di Montescudaio, Ass. Cult. Minerva) nel 2003 e a Fauglia presso il Museo Kienerk (prod. Comune di Fauglia, Fondazione Laviosa, Museo Giorgio Kienerk) nel 2011.
  • I brani Il talento di Modigliani e Parigi de LaMalareputazione, contenuti nell'album Panico (2013).
  • Dancing Barefoot è una canzone di Patti Smith scritta insieme a Ivan Kral e pubblicata nell'album del 1979 Wave. Come si legge nelle note di copertina, il brano è stato dedicato a quelle donne che sono come l'amante di Amedeo Modigliani, Jeanne Hébuterne.
  • Il cantautore italiano Caparezza basa la canzone "Teste di Modì" (nell'album Museica) sul caso del ritrovamento delle "teste" di Modigliani.
  • Cd Modigliani - Il tratto, l'Africa e perdersi (Erasmo Edizioni - Il Poderino) di Andrea Pellegrini con Quintetto di Livorno, Tino Tracanna. Allegato al libro di Andrea Pellegrini, Mirabolanti avventure di un jazzista, Livorno, Erasmo, 2014, ISBN 978-88-98598-13-7.
  • Dargen D'Amico (cantautore - rapper) nel suo album "D'io", del 2015, ha intitolato la dodicesima traccia "Modigliani". Chiave di lettura dell'intero brano di natura introspettiva del D'Amico, è proprio il titolo. Il pezzo può essere compreso solo grazie alla conoscenza del pittore e della sua vita, fatta, si dice, di eccessi e di sregolatezze e al ritrovamento, con successivo clamore mediatico, dei tre falsi scultorei. Il video della canzone inizia con l'artista che si siede su una poltrona e vede se stesso, o meglio la sua ombra, recitare uno spettacolo di cui lui stesso è spettatore. La canzone è un inno alla felicità raggiunta, all'introspezione di se stessi nel momento stesso in cui ci si rende conto che ciò che di bello si sta vivendo sta per finire e che è frutto di una messa in scena, proprio come la notorietà e l'importanza degli autori delle tre sculture.
  • I ModìTango (Giovanna Pieri Buti, violino - Emiliano Degl'Innocenti, contrabbasso - Alessandro Ottaviani, fisarmonica) sono una formazione musicale con base a Livorno che omaggia Modigliani rifacendosi a un onirico incontro a Montparnasse fra il pittore livornese e Carlos Gardel davanti all'entrata di una milonga.
  • Il rapper Lazza cita nel testo di Morto mai, dall'album Re Mida, Modigliani nei versti: "Tu allunghi il collo e guardi, Modigliani"
  • La cantautrice illustratrice, Ottavia Brown, nell’album Signora Nessuno, uscito nel 2020, dedica la traccia Maledetto alla pittura di Amedeo Modigliani definito “l’ultimo eroe romantico”.
  • Il cantautore Francesco Gabbani inserisce nel suo album Dalla Tua Parte del 2025 la traccia “Modigliani”.

Omaggi cinematografici

Omaggi teatrali

Omaggi letterari

Omaggi fotografici

Istituto Amedeo Modigliani

A partire dal 2017 Spoleto ospita un nuovo spazio sede internazionale dell'Istituto Amedeo Modigliani. Questa sede sarà fino al 2020 il centro operativo del Comitato organizzatore delle celebrazioni del Centenario della morte dell'artista Modigliani. Lo spazio è situato nel centro storico di Spoleto occupando 300 metri quadrati nella suggestiva cornice di Palazzo Montani[28].

Il centro è adibito per ospitare mostre ma è anche dotato di un laboratorio per mettere a punto forme di intreccio tra tecnologia e arte. Tra le mostre spicca un percorso permanente di riproduzioni di capolavori di Modigliani realizzati con la tecnologia Modlight. Questo è un sistema di altissima definizione basato su impianti a led e su fotografie scattate sulle opere originali. Lo scopo dell’Istituto, in vista dell'anniversario del 2020, è di mettere in atto e realizzare la “Mostra impossibile Modigliani”[29]. Si cerca di presentare, per la prima volta, l'intera produzione del maestro in un unico luogo[30].

Ceramiche Richard Ginori

Nel 2010, a seguito di una collaborazione tra "Ginori 1735" e il Modigliani Institut Archives Légales Paris-Rome, è stata realizzata una collezione di ceramiche decorate con i tratti ed le figure di alcune delle opere dell'artista.

Mostra nella sua Livorno nel centenario della morte

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Modigliani e l'avventura di Montparnarnasse

In occasione del centenario della morte del suo illustre concittadino Livorno nel suo Museo Civico, ex bottini d'olio, ha organizzato una mostra che lo ricorda con la presenza di sue opere di altri artisti delle collezioni Netter e Alexandre.[31]

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2020 pietre d'inciampo a Livorno per il centenario della morte di Amedeo Modigliani
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Modigliani e il cinema

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Note

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Bibliografia

Voci correlate

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Altri progetti

Collegamenti esterni

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