Timeline
Chat
Prospettiva
Giuseppe Furino
dirigente sportivo e calciatore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Remove ads
Giuseppe Furino (Palermo, 5 luglio 1946) è un ex calciatore e dirigente sportivo italiano, di ruolo centrocampista.
«Nella sua storia leggendaria la Juve ha avuto eccelsi gregari. Ma nessuno all'altezza di questo nano portentoso, incontrista e cursore, immenso agonista, indomabile nella fatica, i piedi come uncini dolorosi in certe circostanze.»
Ha legato la sua carriera alla Juventus, club in cui ha militato per quindici anni a cavallo tra gli anni 1970 e 1980, divenendone uno dei giocatori-simbolo,[2] fino a indossarne la fascia di capitano dal 1976 al 1983 e contribuendo alle vittorie di 8 campionati italiani, 2 Coppe Italia, 1 Coppa UEFA e 1 Coppa delle Coppe, disputando inoltre 2 finali di Coppa dei Campioni.
È stato inoltre vicecampione mondiale nel 1970 con la nazionale italiana.
Remove ads
Biografia
Ha origini usticesi da parte di madre e napoletane da parte di padre, maresciallo della Guardia di Finanza.[3] Nato a Palermo, vi rimase appena sei mesi, trasferendosi con la famiglia,[4] causa il lavoro del padre, dapprima ad Avellino, dove crebbe fino agli otto anni[5] (salvo dodici mesi trascorsi a Ustica coi nonni materni,[5] per il pericolo di un'epidemia di tifo nell'avellinese[6]), poi a Napoli e Agropoli durante l'adolescenza,[7] arrivando infine a Torino quindicenne.[1]
Dopo il ritiro dal calcio giocato si è stabilito definitivamente a Moncalieri, nell'hinterland torinese, dove ha proseguito l'attività di assicuratore già avviata negli ultimi anni da calciatore.[8]
Nel 2015 si è candidato a sindaco della città moncalierese, nelle file della coalizione di centro-destra,[9] non venendo eletto.[10] Nel 2017 ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Agropoli.[7]
Nel marzo 2021, durante la pandemia di COVID-19, è rimasto vedovo della moglie Irene, morta a causa della patologia virale.[6] Nel febbraio 2022 viene colpito da emorragia cerebrale,[11] fatto che lo costringe ad affrontare un successivo periodo di riabilitazione.[12]
Remove ads
Caratteristiche tecniche
Riepilogo
Prospettiva
«Capitano sì, bandiera no. Non mi è mai piaciuto l'accostamento con le bandiere, che stanno alte in cima a un pennone. Io stavo rasoterra, a lottare.»
Fu un mediano aggressivo, infaticabile e duro nei contrasti, nonostante il fisico non imponente, nonché generoso nell'aiutare i compagni.[2] Per queste caratteristiche si guadagnò da parte dei tifosi il soprannome di "Furia",[13][14][15] ripreso anche dal giornalista Vladimiro Caminiti che lo fece diventare "Furia-furin-furetto", affiancandolo a quello di "Capitano con l'elmetto".[16]

Brevilineo e muscoloso,[17] disponeva di notevoli capacità di corsa, recupero sull'avversario[18] e resistenza.[14] Molto caparbio,[13] marcava a uomo ogni sorta di avversario,[13] potendosi confrontare coi maggiori campioni dell'epoca quali Giacomo Bulgarelli, Sandro Mazzola e Gianni Rivera.[19]
Da ragazzo il suo idolo era il Cabezón Omar Sívori, da cui riprese il vezzo di non indossare mai i parastinchi,[1] «poi un giorno, durante un allenamento, vidi del Sol. Rimasi incantato dal suo modo di giocare. Sentivo che il mio posto era in mezzo al campo e lì prima o poi sarei tornato. Come è successo, anche se non è stato automatico».[20]
Soprattutto all'inizio della carriera visse infatti un discreto tormento riguardo al suo impiego, tanto che nel biennio trascorso a Savona venne schierato come ala sinistra[13], mentre a Palermo Carmelo Di Bella lo trasformò da mediano destro a terzino fluidificante,[14] tornando infine a giocare definitivamente a centrocampo solo con il rientro in pianta stabile alla Juventus:[13] in fatto di numeri di maglia, «credo che mi sia mancato solo il nove, oltre all'uno del portiere».[19]
Remove ads
Carriera
Riepilogo
Prospettiva
Giocatore
Club
Gli inizi tra Juventus, Savona e Palermo

Crebbe a livello sportivo nel vivaio della Juventus, dove attirò le attenzioni di Renato Cesarini il quale lo accolse sotto la sua ala: «lui si metteva a bordo campo, mi incitava e mi suggeriva come giocare. Il guaio è che i suoi consigli erano del tutto contrari a ciò che mi veniva detto dagli allenatori. Ne veniva fuori un gran casino. Ma mi divertivo da morire ed ero orgoglioso di essere il suo pupillo».[19]
Nel campionato 1966-1967 i piemontesi lo diedero in prestito in Serie B al Savona, dove diventò subito titolare nel ruolo di mediano. Dopo la retrocessione dei liguri disputò con loro un campionato di Serie C,[21] prima di venir ceduto in prestito in massima serie al Palermo, nella stagione 1968-1969,[5] con diritto di riscatto fissato a 30 milioni di lire:[14] «ero arrivato a Palermo per caso, nel giro dei prestiti, credo legato all'operazione che portò Benetti alla Juventus».[20]

Inizialmente in rosanero non trovò spazio, sicché l'allenatore Carmelo Di Bella lo schierò per la prima volta alla terza partita di Coppa Italia, vinta in trasferta per 1-0 contro il Napoli.[22] Alla quarta giornata, il 27 ottobre 1968, realizzò il suo primo gol in Serie A, l'1-0 che sancì il successo degli isolani sul campo della Sampdoria.[23] Chiuse la parentesi siciliana disputando 27 delle 30 partite di un campionato «giocato bene, in crescendo, con una salvezza conquistata meritatamente».[20]
Dato che la squadra sicula non esercitò il diritto di riscatto,[14] dall'estate del 1969 tornò in seno alla Juventus che, nel frattempo, aveva appena chiuso il ciclo movimientiano di Heriberto Herrera dando inizio a un corposo rinnovamento e svecchiamento della rosa.[19]
Il quindicennio alla Juve
Al primo anno a Torino parve non godere appieno della fiducia della società bianconera. La svolta arrivò nel 1970, dapprima con l'avvicendamento in panchina tra Luis Carniglia ed Ercole Rabitti, proveniente dal settore giovanile e che per questo ben conosceva le qualità di Furino,[19] e poi con l'insediamento in società dell'ex bandiera bianconera Giampiero Boniperti che puntò senza indugi sul giocatore,[20] il quale nel frattempo crebbe sotto la guida di Armando Picchi, prematuramente scomparso, e del suo erede Čestmír Vycpálek[5] divenendo presto uno degli inamovibili della squadra: in particolare, fu proprio il tecnico cecoslovacco a stabilizzarlo in campo come mediano, «quello che io ho sempre sentito come il mio ruolo naturale».[19]

Nel corso dei seguenti tre lustri all'ombra della Mole ebbe modo di conquistare otto campionati italiani (1971-1972 – «forse è quello a cui sono più affezionato. È stato il primo trionfo in assoluto, da titolare, nel mio ruolo di mediano. È stata la prima vittoria, quella che ha aperto il lunghissimo periodo di dominio bianconero» –,[19] 1972-1973, 1974-1975, 1976-1977, 1977-1978, 1980-1981, 1981-1982, 1983-1984) e due Coppe Italia (1978-1979 e 1982-1983), a cui si aggiunsero in campo europeo la Coppa UEFA del 1976-1977 – «uno dei momenti più belli della mia carriera. Il primo trofeo internazionale, dopo una vera e propria battaglia a Bilbao. Senza contare che quattro giorni dopo avremmo battuto la Sampdoria e vinto anche lo scudetto dei record. Una stagione trionfale e con una squadra tutta italiana» –[20] e la Coppa delle Coppe del 1983-1984.
Nell'estate del 1976, con la partenza di Pietro Anastasi, ereditò inoltre da questi i gradi di capitano del club che manterrà per i successivi sette anni, vivendo in gran parte l'epopea del plurivittorioso ciclo di Giovanni Trapattoni.[24] Nella stagione 1981-1982, ormai trentaseienne, dopo oltre un decennio in bianconero era ancora tra i protagonisti dell'undici titolare, disputando peraltro nell'occasione uno dei suoi migliori tornei sul piano personale.[19]
Ciò nonostante, di lì a breve perderà fisiologicamente il posto da titolare in favore di più giovani elementi, meglio adatti a supportare i nuovi schemi bianconeri ora incentrati sulle giocate di Michel Platini,[20] su tutti Massimo Bonini: «la società ha i suoi programmi, che a un certo punto non coincidono più con i tuoi [...] Vedevo che venivano inseriti nella rosa dei probabili successori: prima Marchetti, poi Tavola, Verza, lo stesso Prandelli. Io ho giocato sempre le mie carte, poi però la corsa è stata "truccata" e allora ho capito che era meglio dire basta [...] Mi riferisco alla seconda parte della stagione 1982-1983. Niente contro Bonini, ma era già stabilito che dovesse giocare lui».[19]

Persa definitivamente centralità nell'undici base, nell'estate 1983 cedette nel frattempo anche i gradi di capitano della squadra al più giovane Gaetano Scirea.[25] Chiuse la carriera in bianconero, e contestualmente quella agonistica, il 6 maggio 1984, dopo 361 partite di campionato spalmate in quindici stagioni, quando il Trap gli concesse il secondo tempo di Juventus-Avellino, a scudetto ormai acquisito,[26] per permettergli di conquistare il suo ottavo tricolore personale, eguagliando così l'allora primato di Giovanni Ferrari e Virginio Rosetta; un record che Furino in qualche modo "migliorò", avendo conseguito tutti i titoli con un'unica squadra. Tale primato gli sarà strappato trentaquattro anni dopo da un altro capitano juventino, Gianluigi Buffon.
Nazionale
In nazionale non riuscì a essere protagonista come in casa juventina:[27] nello specifico, «in Argentina andarono nove juventini, ma io rimasi a casa. Che dire? Non ci siamo mai amati, e non so il perché».[19] In maglia azzurra disputò tre partite in tutto, di cui la prima il 6 giugno al campionato del mondo 1970 in Messico, subentrando nella ripresa ad Angelo Domenghini nella partita contro l'Uruguay; in questa rassegna iridata fu vicecampione del mondo.
Tornò a vestire l'azzurro nel 1973, non venendo tuttavia convocato da Ferruccio Valcareggi per il successivo campionato del mondo 1974 in Germania Ovest: «La sola cosa che posso raccontare è che Valcareggi, dopo Italia-Turchia del 25 febbraio 1973 vinta per 1-0, dichiarò ai giornalisti nello spogliatoio: "Ho trovato finalmente il mediano per questa nazionale". Ricordo che avevo a fianco Mazzola che mi disse: "Non gli credere". Ebbe ragione lui. Non mi convocò più».[19]
Dirigente
Nel 1991 Giampiero Boniperti lo riprese nei quadri tecnici della Juventus in qualità di responsabile del settore giovanile,[28] carica ricoperta sino al 1998.[29] In questo lasso di tempo la formazione Primavera bianconera, allenata dall'ex compagno di squadra Antonello Cuccureddu, conquistò nella stagione 1993-1994 il Torneo di Viareggio[30] e il campionato di categoria,[31] affermazioni che mancavano alla Vecchia Signora da, rispettivamente, oltre trenta e vent'anni, e la sua prima Coppa Italia Primavera nell'annata 1994-1995.[32]
Remove ads
Statistiche
Presenze e reti nei club
Cronologia presenze e reti in nazionale
Remove ads
Palmarès
Club

Competizioni nazionali
Coppa Italia: 2
Competizioni internazionali
Coppa UEFA: 1
- Juventus: 1976-1977
Onorificenze
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
Wikiwand - on
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Remove ads