Castellabate
comune italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Castellabate (IPA: [kastɛllaˈbate][5] Castiellabbate in dialetto cilentano[6]) è un comune italiano sparso di 8 644 abitanti della provincia di Salerno in Campania. La sede comunale è ubicata nella frazione Santa Maria.
Castellabate comune | |
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Vista panoramica | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Campania |
Provincia | Salerno |
Amministrazione | |
Sindaco | Marco Rizzo (indipendente) dal 4-10-2021 |
Data di istituzione | 8 agosto 1806[1] |
Territorio | |
Coordinate | 40°16′44″N 14°57′10″E |
Altitudine | 278 (centro storico), 35 (sede municipale) m s.l.m. |
Superficie | 37,43 km² |
Abitanti | 8 644[2] (30-6-2024) |
Densità | 230,94 ab./km² |
Frazioni | Alano, Lago, Licosa, Ogliastro Marina, San Marco, Santa Maria, Tresino |
Comuni confinanti | Agropoli, Laureana Cilento, Montecorice, Perdifumo |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 84048 |
Prefisso | 0974 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 065031 |
Cod. catastale | C125 |
Targa | SA |
Cl. sismica | zona 3 (sismicità bassa)[3] |
Cl. climatica | zona C, 1 088 GG[4] |
Nome abitanti | castellabatesi, castellani |
Patrono | san Costabile |
Giorno festivo | 17 febbraio |
Cartografia | |
Localizzazione del comune di Castellabate nella provincia di Salerno | |
[www.comune.castellabate.sa.it Sito istituzionale] | |
Il comune si trova sulla costiera cilentana e il suo territorio rientra completamente nel parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dichiarato nel 1998 Patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO. I suoi ambienti marini formano l'area marina protetta Santa Maria di Castellabate.
«Chi navighi il golfo, da Posidonia, vede l'isola di Leucosia, a breve distanza dalla terraferma, il cui nome prende da una delle Sirene qui caduta dopo che esse, come si racconta, precipitarono nell'abisso del mare.»
Il comune di Castellabate si estende prevalentemente sulla costa tirrenica, nell'estremo meridionale del golfo di Salerno, fra la punta del Saùco nei pressi di Tresino a nord, e il fiume Rio Arena (a Ogliastro Marina) a sud. Confina con Agropoli (a nord), Laureana Cilento (a nord-est), Perdifumo (a est) e Montecorice (a sud).
Il territorio comunale è compreso interamente nel parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e i suoi maggiori rilievi sono il monte Tresino (355 m s.l.m.) e il monte Licosa (326 m s.l.m.). Il capoluogo domina un promontorio (278 m s.l.m.), un'estrema propaggine del monte Stella a ridosso della fascia costiera tra punta Licosa e punta Pagliarolo e delle frazioni di Santa Maria e San Marco. L'unico fiume permanente è il Rio Arena, gli altri corsi d'acqua sono legati principalmente alle precipitazioni piovose.
Il mare e la costa di Castellabate sono dal 1972 sotto tutela biologica marina per preservarne il patrimonio naturale e ambientale, rappresentando uno dei primi esempi di parco marino in Italia[7]. Nel 2009 è stata istituita l'area marina protetta Santa Maria di Castellabate, che abbraccia la zona tra la baia del Saùco (o del Vallone) e la punta di Ogliastro. L'area è suddivisa in zone sottoposte a diverso regime di tutela ambientale, tenuto conto delle caratteristiche ambientali e della situazione socioeconomica presente. La zona A di riserva integrale vieta anche la balneazione e riguarda la costa tra punta Tresino e vallone Maroccia. La zona B (tratto di mare circostante la zona A e quello tra punta Torricella e punta Ogliastro) di riserva generale consente la balneazione e la navigazione a velocità non oltre i cinque nodi entro 300 metri dalla costa. La zona C di riserva parziale con limitazioni circoscritte comprende il residuo tratto di mare all'interno dell'area marina protetta[8].
Alcuni dei suoi ambienti naturali, sia marini che collinari, sono inseriti nella Rete Natura 2000, un sistema di aree protette secondo le direttive europee Habitat (92/43/CE) e Uccelli (74/409/CE), che mirano alla tutela di habitat naturali dove le specie animali e vegetali sono minacciate a livello comunitario. Le zone di protezione speciale che rientrano nel comune sono il parco marino di Santa Maria di Castellabate (5019 ha) e la costa tra punta Tresino e le Ripe Rosse (2841 ha, dove queste ultime rientrano nel comune di Montecorice), mentre i siti di importanza comunitaria sono l'isola di Licosa (5 ha), monte Licosa e dintorni (1096 ha) e monte Tresino e dintorni (1339 ha)[9].
Il territorio presenta alcune specie animali e vegetali non comuni e perciò soggette a particolari forme di tutela e conservazione. Nei fondali marini si incontrano il coralligeno e praterie estese di posidonia oceanica, al cui interno vivono numerose specie di pesci e crostacei, alcune rare come quella il pesce pappagallo mediterraneo (Sparisoma cretense) e la siriella (Syriella castellabatensis, un crostaceo scoperto nel 1975 nel mare di Licosa e studiato dalla stazione zoologica Anton Dohrn), ma anche ricci di mare, madrepore, gorgonie, briozoi e spugne[10]. Il trottoir a vermeti di Licosa, una bioconcrezione formate da vermetidi (Dendropoma cristatum), è una tipica biocostruzione superficiale del Mediterraneo, simile alle barriere coralline tropicali[11]. Vi è anche la presenza di colonie di nacchere (Pinna nobilis), un mollusco bivalve protetto, inserito nella lista rossa della direttiva europea Habitat[12]. Nel 2006 nella baia Arena di Ogliastro Marina si è assistito a un evento inconsueto per queste zone: la deposizione di uova della tartaruga marina Caretta caretta[13].
Nell'ambiente terrestre, in particolar modo sull'isola di Licosa, vive una specie di lucertola endemica (Podarcis sicula klemmeri), che presenta una particolare livrea verde e azzurra. Sempre nei pressi di Licosa, grazie all'ambiente poco antropizzato, la costa rocciosa e al mare pescoso, nidifica abitualmente in primavera inoltrata il gabbiano corso, che la IUCN ha inserito tra le specie a rischio di estinzione[14]. Nella zona di Tresino si trovano specie come il falco pescatore e il cervone. La formazione vegetale arbustiva di Castellabate è contraddistinta dalla macchia mediterranea con carrubi, mirti, ginepri, corbezzoli, pini d'Aleppo e dagli alberi simbolo del Cilento: l'ulivo, la vite e il fico. Si segnala poi nei pressi della pineta di Licosa la presenza della quercia vallonea (Quercus macrolepis), una specie che corre il rischio dell'estinzione. Si possono trovare poi alcune varietà di piante come il vilucchio striato (Convolvulus lineatus), la violacciocca selvatica (Matthiola tricuspidata) che si riteneva ormai scomparsa dalla zona cilentana e rari endemismi come la ginestra del Cilento (Genista cilentina). Una particolare menzione meritano il limonio salernitano (Limonium remotispiculum) e il giglio bianco (Pancratium maritimum), un fiore selvatico (simbolo nell'iconografia di san Costabile di purezza e mitezza) che cresce spontaneamente sui litorali sabbiosi (soprattutto a Lago), inserito dal Ministero dell'ambiente tra le specie vegetali protette[15].
Il territorio di Castellabate, soprattutto nella zona costiera di Licosa e Ogliastro Marina, è caratterizzato dalla presenza del "flysch del Cilento", una roccia sedimentaria composta da diverse stratificazioni (costituite tipicamente da alternanze cicliche di arenaria, di argilla o marna, di calcare). Si è formata a seguito dell'erosione delle montagne in formazione, che sono emerse dal mare, e i cui detriti quindi si sedimentarono nelle adiacenze dei bacini marini. Tali rocce, immerse nella macchia mediterranea, degradano lentamente nel mare estendendosi anche per oltre cinque miglia. Nei fondali questa conformazione rocciosa, formata da numerose cavità e spaccature, viene utilizzata come rifugio da diversi organismi animali e vegetali. Tra San Marco e punta Licosa è ben visibile l'affioramento degli strati del flysh, che si presentano deformati e inclinati rispetto all'originario assetto orizzontale e l'azione del moto ondoso, erodendo maggiormente i livelli più teneri, ne esalta la stratificazione.
Altri tratti di costa sono interessati da fenomeni erosivi, dovuti principalmente a fattori climatici, che hanno dato vita a spiagge fossili (come quella di San Marco) o a azioni disaggregative delle rocce, come nel caso della costa che va da punta Pagliarolo a punta Tresino. In questo tratto la costa risulta essere particolarmente accidentata, formata da grandi blocchi e segnata numerose fratture chiamate diaclasi.
Il fenomeno erosivo è testimoniato anche dalle caratteristiche rocce che si sono formate e levigate nel tempo: come lo scoglio "della Tartaruga" e quello "della Principessa saracena", che richiama nella forma il viso di una donna intenta ad ammirare il mare[15]. Tale scoglio, secondo una leggenda del posto, è la principessa saracena Ermigarda, la quale si gettò nel mare per unirsi al suo amato pescatore Octavio inghiottito dalle onde. Nettuno per pietà li trasformò in scogli[16].
Un altro fenomeno che va a modellare la forma delle rocce arenarie della costa è quello dell'aloclastismo, dovuto alla cristallizzazione del sale marino, il quale con la sua azione espansiva disgrega la roccia creando una serie di sculture alveolari molto particolari.
La zona, data la sua posizione geografica sulla costa tirrenica, è contraddistinta da un clima mediterraneo, con estati calde, inverni miti e tante giornate di sole. Le temperature medie del mese più freddo, gennaio, vanno da una minima di 4 °C a una massima di 12 °C, mentre in luglio e agosto si passa dai 18 °C ai 29 °C. Il clima temperato è favorito anche dalla protezione dell'Appennino lucano che ripara la zona dai venti freddi in inverno. Le precipitazioni, molto scarse nei mesi estivi, toccano il picco massimo in dicembre, quando piove in media un giorno ogni due[15]. Nel 1811 dal Belvedere di San Costabile: «Qui non si muore!», pronunciò il re Gioacchino Murat riferendosi alla salubrità del clima di Castellabate[17].
La stazione meteorologica più vicina è quella di Casal Velino. In base alla media trentennale di riferimento 1961-1990, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +8,7 °C; quella del mese più caldo, agosto, è di +25,7 °C.
Il toponimo comunale deriva dal castello di Sant'Angelo, costruito dall'abate Costabile Gentilcore sull'omonimo colle. Dopo la sua morte, la fortezza fu intitolata dalla popolazione locale al suo ideatore, dando origine al nome del borgo secondo questa linea etimologica: Castrum abbatis > "Castello de lo abbate" > "Castello dell'abbate" > "Castellabate"[18].
Castellabate è una zona abitata fin dall'epoca preistorica (paleolitico superiore), come testimoniano i reperti in pietra rinvenuti ad Alano, San Marco e in località Sant'Antonio (nei pressi di Licosa). Tracce di vita nel periodo neolitico nell'area di Tresino sono attestabili dalle selci e un'ansa attribuibile alla cultura di Diana rinvenute.
Nel corso dei secoli sul territorio si insediarono poi diverse popolazioni come gli Enotri, che occuparono la fascia costiera cilentana nell'VIII secolo a.C. prima della colonizzazione greca. I greci trezeni, scacciati da Sibari, nel V secolo a.C. fondarono sul monte Tresino la città Trezene d'Italia. Altre testimonianze di una civiltà greca, come dimostrano i ritrovamenti in loco, si hanno sul promontorio di Licosa e dintorni, sede della città di Leucosia o Leukothèa[16]. Da questa potrebbe derivare il nome della popolazione italica che nel IV secolo a.C. abitò la costa tra Poseidonia e Elea: i Leucanoi poi Lucani. I patrizi Romani, dopo la conquista della zona denominata integralmente da loro Lucania, costruirono numerose ville (di cui permangono i ruderi) nella regione della fascia costiera che va da Licosa a Tresino, che comprendeva il porto greco-romano della città di Erculia (San Marco)[19].
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente iniziò il lungo periodo delle dominazioni barbariche, caratterizzato da una certa instabilità fino all'avvento dei Goti di Teodorico e più tardi dei Bizantini. Nell'846 Licosa fu considerata una roccaforte di pirati Saraceni, che furono sconfitti proprio nella decisiva battaglia di Licosa da una coalizione di poteri locali che comprendeva tutti i soggetti danneggiati dalle incursioni musulmane: il Ducato di Napoli, il Ducato di Amalfi, il Ducato di Gaeta e il Ducato di Sorrento.
Le prime notizie ufficiali sul territorio risalgono al 977, quando il vescovo di Paestum Pandone vendette alcuni possedimenti terrieri che facevano capo alle chiese di Santa Maria de Gulia, Santa Maria Litus Maris e San Giovanni di Tresino a marinai di Atrani[1]. In queste terre ci fu anche la presenza dei monaci basiliani profughi dell'oriente, la cappella di Santa Sofia ne è una testimonianza. I Longobardi e i Normanni sono tra le popolazioni che hanno lasciato nella zona un forte segno tangibile della loro presenza. I Longobardi inizialmente depredarono queste terre, ma dopo la loro conversione al cristianesimo operata dai benedettini ne divennero i benefattori attraverso l'imposizione feudale. Essi, data la loro profonda devozione per san Michele Arcangelo, denominarono colle Sant'Angelo l'altura su cui sarebbe sorta Castellabate. Nel 1028 il principe Guaimario III di Salerno scacciò i Saraceni definitivamente[20]. Nel 1072 fu il principe longobardo Gisulfo II di Salerno a donare le terre di Castellabate all'abate della badia di Cava Leone I. Il lavoro svolto dai benedettini fu talmente meritorio durante la dominazione normanna, soprattutto per le bonifiche operate, che Guglielmo II di Puglia nel settembre del 1123 gli concesse il privilegio di costruire una fortezza per difendere le popolazioni locali dagli attacchi dei pirati saraceni, i quali compivano frequenti scorrerie nella zona[21].
La storia di questo territorio è legata indissolubilmente alla figura di san Costabile Gentilcore, quarto abate della Badia di Cava. Nel medesimo anno in cui fu elevato alla dignità di abate egli avviò i lavori di costruzione del castello di Sant'Angelo (10 ottobre 1123). L'abbaziato di Costabile fu breve: questi difatti si spense il 17 febbraio 1124. Il suo successore, l'abate Simeone, completò la costruzione del maniero e si prodigò in favore della popolazione locale. Nel 1124 egli comprò dal conte di Acerno il porto "Travierso" e lo fece ampliare, sviluppando così il commercio. Nel 1138 concesse ai sudditi del potere feudale dell'abbazia un diploma di diversi privilegi: ridusse a metà gli aggravi, donò ad essi le case che abitavano e le terre chiedendo in cambio la loro bonifica e coltivazione[22]. Dal 1194 al 1266 il feudo fu sotto il dominio svevo, per passare poi sotto quello angioino. Il castello si rivelò un valido presidio e Castellabate, grazie anche ai benefici derivati dalla sua posizione naturale, divenne col tempo la più importante baronia del Cilento. Nel 1276 il feudo ecclesiastico comprendeva i casali di Perdifumo, San Mango, San Mauro, Acquavella, Casalicchio, Serramezzana, San Giorgio, Tresino, San Matteo ad duo fulmina, Torricelle, Ortodonico (oggi frazione di Montecorice), San Zaccaria e Santa Barbara di Ceraso, e i principali approdi cilentani: Stajno, Travierso, Santa Maria de Gulia, Pozzillo, Oliarola, San Primo di Cannicchio e San Matteo. Durante la guerra angioina-aragonese il castello subì gravi danni e venne conquistato nel 1286 dagli Almugaveri agli ordini di Giacomo I di Sicilia, che lo tennero fino al 1299 quando fu ripreso dagli Angioini di re Carlo II d'Angiò. Nel 1302 questi lo laicizzò, nominando Giacomo di Sant'Amando capitano del castello e concedendo agli abati cavensi, ritenuti responsabili di scarsa vigilanza, esclusivamente di dimorare. Castellabate quindi ospitò un presidio della corona, in cui si succedettero i capitani Riccardo di Eboli, Goffredo di Castro, Tommaso III Sanseverino e Ruggiero II Sanseverino, fino al 1349, quando fu restituito completamente alla Badia di Cava dalla regina Giovanna I di Napoli. Nel 1357 il castello fu conquistato con la violenza, sequestrando anche l'abate Maynerio, da Nicola Vulture di Rocca Cilento, ai cui discendenti venne poi sequestrato il feudo perché partigiani di Luigi I d'Angiò[23].
Altre notizie sul feudo ecclesiastico si hanno nel 1412, anno in cui papa Gregorio XII per saldare alcuni debiti bellici lo vendette a re Ladislao I di Napoli. Sotto la regina Giovanna II di Napoli, il castello venne occupato dal conte di Campagna Francesco Mormile, che lo dovette cedere poi nel 1427 al principe di Salerno e barone del Cilento Antonio Colonna. Re Alfonso V d'Aragona nel 1436 lo concesse a Giovanni, conte di Marsico e barone del Cilento, appartenente alla famiglia dei Sanseverino che lo amministrarono fino alla ribellione di Ferrante Sanseverino (1552), ultimo principe di Salerno. Da allora alla guida di Castellabate si avvicendarono diversi feudatari: Marino Freccia (1553), acquistandolo all'asta dalla Regia Camera della Sommaria; Vincenzo Loffredo (1556); famiglia Filomarino, conti di Rocca d'Aspide (1557); famiglia Acquaviva, conti di Conversano (1622); famiglia Caracciolo di Torrecuso (1645), che dovette fronteggiare un evento catastrofico come la peste del 1656; consigliere regio Francesco Nicodemo (1704); reggente Giacinto Falletti (1713); marchese Paride Granito (1733). Il paese fu interessato dalla Repubblica Napoletana del 1799, in cui Luisa Granito ebbe un ruolo politico attivo. La famiglia Granito, dopo diverse successioni, possedette il feudo fino all'eversione della feudalità avvenuta nel 1806[24].
L'8 agosto 1806 Castellabate, dopo l'abolizione della feudalità, con le contrade di Santa Maria, San Marco, Ogliastro Marina e Lago, fu elevato a capoluogo di comune e del circondario "Castel dell'abate", rientrante nel distretto di Bonati (provincia del Principato Citra) del Regno di Napoli. Il 13 agosto 1806 Licosa fu assalita dalla flotta inglese dell'ammiraglio William Sidney Smith, che cercava di fomentare le popolazioni costiere ad un'insurrezione contro Napoleone. Il fortino licosano fu difeso dai Còrsi guidati da Matteo Buttafuoco e dalla popolazione locale, che cercarono di respingere gli Inglesi inscenando una cruenta battaglia[25].
Dal 1811 al 1860 fu capoluogo dell'omonimo circondario appartenente al distretto di Vallo del Regno delle Due Sicilie, nel quale rientravano anche Perdifumo (con i casali di Camella e Vatolla), Serramezzana (con i casali di Capograssi e San Teodoro) e Ortodonico (con i casali di Cosentini, Fornelli, Montecorice e Zoppi)[26]. Il territorio fu interessato dai moti cilentani del 1828, un tentativo di insurrezione per ottenere da Francesco I il ripristino della Costituzione del 1820 nel Regno delle Due Sicilie. Nel 1836 la popolazione castellabatese fu messa a dura prova dall'epidemia di colera che imperversò anche nella zona cilentana. Il 17 gennaio 1848 Castellabate insorse contro le autorità borboniche dando vita ai moti insurrezionali del 1848, a cui parteciparono gli esponenti delle famiglie gentilizie come Pompeo e Carlo de Angelis, Costabile Matarazzo, Giovanbattista Forziati, Antonio Baglivo, Luigi Parente, Tommaso Perrotti, Andrea Guglielmini, Federico Coppola e Nicola Pepi[1].
Dal 1860 al 1927, durante il Regno d'Italia fu capoluogo dell'omonimo mandamento (che comprendeva anche Ortodonico, Perdifumo e Serramezzana) appartenente al circondario di Vallo della Lucania[27]. Fu coinvolta dall'esteso fenomeno dell'emigrazione di fine XIX secolo, di cui Francesco Matarazzo ne divenne l'esempio più significativo. Matarazzo, partito dal paese natio inizialmente anch'egli in cerca di fortuna, con le proprie fabbriche contribuì in maniera significativa allo sviluppo industriale del Brasile, meta privilegiata degli emigranti di Castellabate[1].
Il paese passa praticamente incolume la fase della prima guerra mondiale. Nel settembre del 1943, durante la seconda guerra mondiale, il territorio, come gran parte della costa salernitana, fu teatro del cosiddetto sbarco a Salerno: le truppe degli alleati occuparono la marina di Castellabate per diversi giorni prima di avanzare verso Roma. La torre del Semaforo di Licosa venne utilizzata come postazione militare dai tedeschi durante lo sbarco alleato[28].
Il periodo post bellico fu caratterizzato dal contrasto tra i cittadini di Castellabate paese (il capoluogo storico sul colle) e quelli di Santa Maria (la frazione marina più sviluppata), che contendevano ai primi la sede comunale. L'apice della discordia si ebbe il 30 luglio 1946, quando furono trasferiti la maggior parte degli uffici municipali da Castellabate a Santa Maria. Lo strappo tra le due località fu tale che negli anni sessanta venne presentata più volte la richiesta (sempre respinta) di costituire il comune autonomo di Santa Maria[29]. Negli anni settanta il paese fu teatro di una profonda trasformazione urbana, che lo tramutò da territorio agricolo e dedito alla pesca a centro turistico balneare, con la costruzione di alberghi, camping, residence e seconde case estive.
Lo stemma araldico comunale è uno scudo in cui vi è raffigurato l'abate Costabile Gentilcore, patrono e fondatore di Castellabate, con dietro il castello (denominato "Castello dell'abate") da lui stesso progettato per difendere il paese. Completano lo stemma la scritta dorata "san Costabile" e l'anno di fondazione del castello (1123). Il gonfalone comunale è un drappo azzurro con ornamenti dorati ai bordi che reca al centro lo stemma araldico comunale e la scritta dorata "Comune di Castellabate"[30]. Il 17 marzo 2011 sono state apposte sul gonfalone comunale la medaglia di bronzo al merito civile conferita dal Ministero dell'interno il 16 aprile 2009 e la medaglia di bronzo della Croce Rossa Italiana conferita il 18 dicembre 2007[31].
L'abitato medievale sorge su colle Sant'Angelo e conta cinque accessi: porta "Cavalieri" e porta "di Mare", dal lato mare; porta "la Chiazza" e porta "Sant'Eustachio" dalle campagne; porta "de li Bovi" dal retroterra (Belvedere). L'accesso principale è dal "Belvedere di San Costabile" (chiamato anticamente "Vaglio"), una terrazza a picco sul mare con vista panoramica del golfo di Salerno, dell'isola di Capri e d'Ischia. Il paese si sviluppa intorno alle mura del "Castello dell'abate", che fu fondato nel 1123 dall'abate Costabile e completato dal suo successore Simeone, con lo scopo di proteggere la popolazione locale dedita a fiorenti traffici via mare da eventuali attacchi da parte dei Saraceni. La fortezza è dotata di mura perimetrali con quattro torri angolari a pianta rotonda e cela all'interno abitazioni, forni, cisterne e magazzini per le provviste. Sono accessibili i sotterranei, che, secondo alcune leggende, raggiungono le frazioni marine per poter permettere la fuga in caso di invasione. La struttura, completamente restaurata, è diventata un punto di riferimento per manifestazioni artistiche, culturali e sociali. Il borgo è caratterizzato dall'intreccio di vicoletti in pietra viva e stretti passaggi al di sotto delle casette comunicanti. Tra queste si collocano i vari palazzi gentilizi del Settecento, costruiti ex novo o ampliati da dimore preesistenti, che appartengono a famiglie facoltose del luogo o della nobiltà salernitana e napoletana. I principali sono: palazzo Perrotti (del XVII secolo, conserva intatta la stanza di Gioacchino Murat), palazzo Matarazzo (uno dei più grandi e antichi del borgo con i suoi due artistici portali aragonesi e lo stemma di famiglia dipinto su una volta), palazzo Antico, palazzo Jaquinto (con lo stemma in marmo sul portone d'ingresso), palazzo Forziati, palazzo Meriglia, palazzo Verrone, palazzo Gammarano e palazzo Comenale (sede dell'archivio comunale). Ma la vera agorà del borgo medievale è la piazza 10 ottobre 1123 (data di fondazione del castello) con vista panoramica sulla valle dell'Annunziata[1][42].
Il sistema difensivo di Castellabate comprendeva diverse torri costiere, innalzate per avvistare le imbarcazioni saracene che si avvicinavano alla costa con l'intento di depredarla o conquistarla e offrire alle popolazioni locali una prima difesa da possibili invasori. Quella meglio conservata è la torre normanno-aragonese della "Pagliarola" o "Perrotti", che accorpata a palazzo Perrotti domina la Marina Piccola di Santa Maria. Questa opera di origine medievale, ulteriormente potenziata nel 1570, aveva il compito di difendere gli scambi commerciali che avvenivano nel porticciolo "Travierso". È costituita da una torre a pianta circolare, circondata da una torre più bassa di epoca successiva. Le più antiche, di cui restano visibili i ruderi, sono le torri angioine "di Tresino" (1277), collocata nei pressi di punta Tresino, e quella "di Licosa", contemporanea alla precedente. Nel periodo 1567-69 fu costruita la torre "Cannitiello" detta anche "Mezzatorre", presso Licosa, nel 1569 quella "di Ogliastro" o "di Ogliarola" nella punta di Ogliastro Marina, nel 1570 l'altra di avvistamento, posta sulla collina di Licosa e detta "Torricella" o torre "del Semaforo". Dello stesso periodo, caratterizzato dalla presenza aragonese, è anche la torre "dei Zappini" nei pressi di punta Pagliarolo a Tresino. Alla fine del 1592 risale la torre "della Marina di Ogliastro", detta anche "dell'Arena" o "delle Ripe Rosse". Tali postazioni, situate in importanti punti strategici per perlustrare tutto il litorale, comunicavano con segnali di fumo o di fuoco tra loro e con l'abitato di colle Sant'Angelo, dove la popolazione in caso di assalto chiudeva le porte del paese e si rifugiava nel Castello dell'abate[33].
Abitanti censiti[44]
Al 31 dicembre 2015 risultano residenti 661 cittadini stranieri (7,19% della popolazione comunale). Le comunità più numerose sono:[45]
Il dialetto che parlano i castellabatesi è il cilentano, ma con alcune varianti e peculiarità che lo differenziano da quello dei paesi limitrofi (uso della "e" al posto della "i" per una serie di vocaboli e per l'articolo determinativo "u" invece di "lu"). È molto simile al dialetto cilentano meridionale specie per quanto riguarda la pronuncia chiara e distinta delle vocali finali (a differenza degli altri dialetti campani che le indeboliscono), la doppia "l" che diventa doppia "d" e l'uso del doppio congiuntivo ("si u sapia, tu dicia", in italiano "se lo sapessi, te lo direi")[46].
Castellabate affonda le sue radici storiche nella cultura cristiana, essendo stata amministrata per diversi secoli dai benedettini della Badia di Cava. La maggioranza della popolazione locale è di religione cristiana (Chiesa cattolica). Il comune appartiene alla diocesi di Vallo della Lucania e conta cinque parrocchie:
La popolazione di Castellabate ha una particolare devozione per san Costabile, al quale sono stati attribuiti diversi miracoli e leggende, legate ai periodi di difficoltà storici del borgo: le epidemie di peste e colera, gli assalti saraceni e il secondo conflitto mondiale. La leggenda più tramandata è quella delle capre, che narra di cinque navi pirate che nel 1623 erano pronte ad assalire Castellabate. I suoi abitanti, impauriti, lasciarono di fretta le proprie abitazioni per rifugiarsi nel castello in cima al colle. La sera, quando la speranza di salvezza per gli assediati stava venendo meno, si videro circa settecento capre con delle fiaccole legate alle corna, guidate da san Costabile, che si dirigevano verso il litorale dove i Turchi si apprestavano a dare l'assalto. Questi pensando che si trattasse di un considerevole numero di castellabatesi pronti a difendere l'abitato, abbandonarono l'intento di assalire il borgo e tolsero le ancore[1].
Hanno sede a Castellabate:
Nel Comune erano presenti ben tre sale cinematografiche.
Sono state girate a Castellabate le riprese di sei film:
Inoltre Castellabate è stata citata dall'attore Claudio Bisio nel film Femmine contro maschi.
Il 20 novembre 2010 il comune di Castellabate ha vinto il trofeo "Ciak Festival" del 64º Festival del cinema di Salerno (sezione film turistici) con il film Castellabate: una risorsa di tesori, un documentario sulla storia di Castellabate[66].
Il 15 e il 16 aprile 2011 si è svolto a Castellabate, nella location di villa Matarazzo e del Castello dell'abate, il Festival cinematografico Unitaly per premiare il migliore spot a livello nazionale con tema l'unità d'Italia. La giuria del concorso è stata presieduta da Michele Placido[67].
Dal 10 al 16 settembre 2012 si è svolto a Castellabate il Festival internazionale del cinema a tema gastronomico Cinecibo nella location di Marina piccola e del Castello dell'abate. La manifestazione ha visto la presenza di attori quali Ricky Tognazzi, Simona Izzo, Francesca Inaudi, Donatella Finocchiaro, Alessandro Siani, Roberto Farnesi, Sergio Assisi e Patrizio Rispo[68].
Castellabate e il Cilento sono la patria della dieta mediterranea (riconosciuta patrimonio immateriale dell'umanità dall'UNESCO nel 2010): un modello nutrizionale formalizzato da Ancel Keys, quando con i suoi studi scoprì che le popolazioni della zona presentano un tasso di mortalità dovuto a malattie cardiovascolari molto basso grazie alle loro abitudini alimentari[71]. I piatti tipici castellabatesi sono:
Il comune di Castellabate è un territorio variegato di circa 37 km², composto da zone collinari, pianeggianti, marine e insulari, suddiviso in otto frazioni principali. Ha avuto uno sviluppo urbanistico moderno di tipo policentrico, grazie alle diverse peculiarità distintive di ogni frazione, a differenza dell'insediamento abitativo medievale che ne ha avuto uno di tipo monocentrico, dove il nucleo centrale era rappresentato dal Castello dell'abate.
Le attività economiche principali sono il turismo, il commercio e l'artigianato, che hanno occupato il posto che in passato spettava a pesca e agricoltura. Nel 2001 risultano insediate sul territorio 132 attività industriali con 321 addetti pari al 17,29% della forza lavoro occupata, 248 attività di servizio con 429 addetti pari al 23,10% della forza lavoro occupata, altre 258 attività riguardano 669 addetti pari al 36,03% della forza lavoro occupata e 36 attività amministrative con 438 addetti pari al 23,59% della forza lavoro occupata. Risultano occupati complessivamente 1.857 individui, pari al 23,88% del numero complessivo di abitanti[80].
Le principali attività agricole riguardano prevalentemente prodotti di qualità, come l'olio Cilento DOP, il fico bianco del Cilento DOP, i limoni, i pomodori (per le conserve) e il vino (come il Tresinus, il Paestum IGT e il Cilento DOC). L'allevamento è finalizzato all'ottenimento di prodotti come la mozzarella di bufala campana, la cacioricotta del Cilento, la pancetta, la soppressata e il miele[81]. Le attività di pesca riguardano principalmente la pesca ad alici, merluzzi e tonni[1].
Nel territorio si registra la presenza di piccole aziende, quali cantieri navali per la costruzione di barche in ferro o legno, e la Zarotti, marchio nazionale di prodotti ittici[1][82].
Castellabate, come gran parte del Cilento, ha una tradizione artigianale antica, tramandata nel tempo fra le varie generazioni. La maggior parte della produzione di manufatti dell'artigianato locale riguarda soprattutto il campo della ceramica, vetreria artistica, oggettistica, arte presepiale, ricamo, cucito, uncinetto, pittura su stoffa, decoupage, pittura a mano, arte antica, accessori di moda e scultura in legno. Sul territorio sono spesso organizzati mercatini, esposizioni, fiere, manifestazioni per incentivare e promuovere l'artigianato locale[1].
Il turismo rappresenta la principale risorsa economica del territorio: Castellabate, infatti, è riconosciuto dalla Regione Campania quale comune a prevalente economia turistica. Grazie alla limpidezza delle acque e le caratteristiche del suo territorio, Castellabate è un apprezzato centro della costiera cilentana frequentato da diverse migliaia di turisti, specialmente nel periodo che va da giugno a settembre. Il turismo straniero si concentra prevalentemente nei mesi dalle temperature meno afose. L'offerta ricettiva è costituita da hotel, villaggi, camping, residence, ed in prevalenza da appartamenti. La forma di turismo più sviluppato è quella di tipo balneare, naturalistico e diportistico.
Altra forma di turismo che caratterizza la zona è quello di tipo nuziale: dal 2004 sono diverse centinaia le coppie di innamorati che hanno scelto Castellabate come luogo dove celebrare le proprie nozze. In maggior numero il fenomeno riguarda sposini di nazionalità irlandese, norvegese, inglese e statunitense[83].
Dopo il successo di pubblico ottenuto dalla proiezione nelle sale italiane del film Benvenuti al Sud, il comune è divenuto meta di gruppi di turisti che chiedono di visitare i luoghi visti nella pellicola di Luca Miniero, dando vita a una forma di turismo alternativo: il cineturismo[83]. Le mete principali dei turisti sono il borgo medievale, piazza 10 ottobre 1123, il Belvedere di San Costabile e il porto delle Gatte. Nelle location in cui sono state girate le principali scene del film sono stati affissi vari banner con foto e frasi che le individuano e aiutano a orientare i visitatori[61].
Il principale collegamento stradale è la ex strada statale 267, declassata in strada regionale campana.
I tratti che collegano il territorio ai comuni limitrofi sono:
Le strade provinciali che attraversano il territorio sono:
Il comune è servito dalla stazione di Agropoli-Castellabate, situata nel comune di Agropoli (distante circa 12 chilometri da Castellabate) sulla linea della Ferrovia Tirrenica Meridionale[84].
La struttura portuale (con capitaneria dipendente dal circondario marittimo di Agropoli) è stata realizzata nel 1954 a San Marco e ospita la flotta da pesca locale e barche da diporto. Contiene circa 413 posti barca per imbarcazioni di lunghezza entro i 16 metri. I fondali oscillano tra i 2,5 e i 3 metri. Il porto, completamente banchinato sul lato interno, è riparato ad ovest da un molo di sopraflutto a tre bracci e ad est da un moletto di sottoflutto a scogliera[85]. È uno scalo estivo del metrò del mare, che collega con partenze giornaliere Castellabate con Napoli, Capri, Positano, Amalfi, Salerno, Agropoli, Acciaroli, Casal Velino, Palinuro e Sapri[86].
I trasporti urbani tra le varie frazioni comunali vengono svolti con autoservizi di linea gestiti dalla società cooperativa SMEC autotrasporti[87]. Il servizio interurbano è garantito dalle linee del CSTP.[88]
Periodo | Primo cittadino | Partito | Carica | Note | |
---|---|---|---|---|---|
9 giugno 1996 | 24 settembre 2000 | Raffaele Tortora | Indipendente | Sindaco | [89] |
24 settembre 2000 | 14 maggio 2001 | Alfonso Orlando | Indipendente | Vicesindaco f.f. | |
14 maggio 2001 | 16 maggio 2011 | Costabile Maurano | Casa delle Libertà | Sindaco | |
16 maggio 2011 | 19 agosto 2020 | Costabile Spinelli | Forza Italia | Sindaco | [90] |
19 agosto 2020 | 4 ottobre 2021 | Luisa Maiuri | Indipendente di area FdI | Vicesindaco f.f. | |
4 ottobre 2021 | in carica | Marco Rizzo | Indipendente di centro-sinistra | Sindaco |
Le competenze in materia di difesa del suolo sono delegate dalla Regione Campania all'Autorità di bacino regionale Sinistra Sele[93].
Dal 1971 al 2008 ha fatto parte della comunità montana Alento-Monte Stella.
Il calcio è lo sport maggiormente praticato. Le squadre che rappresentano il comune sono l'A.S.D. Polisportiva Santa Maria Cilento e l'A.S.D. Vigor Castellabate. La prima disputa il campionato di Serie D, la seconda disputa il campionato regionale di Promozione.
Le squadre femminili locali di calcio a 5 iscritte al campionato di serie C2 sono due: Santa Maria a Mare e Donnaluna Castellabate[94].
La "Tecnocasa volley Santa Maria" è la squadra di pallavolo maschile e femminile di Castellabate che disputa le partite interne nella palestra Luigi Guercio a Santa Maria[95].
L'Asd tennistavolo Cilento Santa Maria 2010 è la squadra di tennistavolo maschile che partecipa con due squadre al campionato regionale campano: una in serie C2, l'altra in D1. I colori sociali della squadra sono il giallo-rosso e le partite interne hanno luogo nella palestra Panebianco a Santa Maria[96].
Castellabate è stata interessata dal Giro d'Italia per due volte;[97] nel 1980 con il passaggio dalla 10ª tappa Sorrento-Palinuro, vinta da Giovanni Mantovani e nel 2013 con il passaggio della 3ª tappa Sorrento-Ascea vinta da Luca Paolini.
Dall’anno 2014 nel periodo estivo si svolge la gara podistica denominata Corsa della sirena, creata ed organizzata dal gruppo podistico Castellabate Runner.
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