Iran
stato del Medio Oriente Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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L'Iran (in persiano إيران, [iˈrɑːn]),[9] ufficialmente Repubblica Islamica dell'Iran (in persiano جمهوری اسلامی ایران, Jomhuri-ye Eslāmi-ye Irān) è uno Stato dell'Asia situato all'estremità orientale del Medio Oriente.[10][11] Con capitale Teheran, ha una popolazione di quasi 85 milioni di abitanti al 2021. I più grandi gruppi etnici in Iran sono persiani (ca. 51–65%), azeri (14–27%), curdi (10–14%) e luri (6%).[2] Contrariamente a quanto pensa la maggior parte delle persone, l'Iran non è un Paese arabo, infatti la sua lingua ufficiale è il persiano e non l'arabo.[12]
Iran | |
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(FA) استقلال، آزادی، جمهوری اسلامی
(Esteqlāl, Āzādi, Jomhūri-ye Eslāmi) (IT) Indipendenza, Libertà, Repubblica Islamica | |
Dati amministrativi | |
Nome completo | Repubblica Islamica dell'Iran |
Nome ufficiale | جمهوری اسلامی ایران Jomhuri-ye Eslâmi-ye Irân |
Lingue ufficiali | persiano |
Capitale | Teheran[1] (14 410 000 circa ab. / 2020) |
Politica | |
Forma di governo | Repubblica islamica presidenziale teocratica[2][3][4][5] |
Guida suprema | Ali Khamenei |
Presidente[6] | Masoud Pezeshkian |
Ingresso nell'ONU | 24 ottobre 1945 (Membro fondatore come Stato Imperiale dell'Iran) |
Superficie | |
Totale | 1 648 195 km² (18º) |
% delle acque | 0,7% |
Popolazione | |
Totale | 84 820 190[7] ab. (10-04-2021) (18º) |
Densità | 52 ab./km² |
Tasso di crescita | 1,3% (2020) |
Nome degli abitanti | Iraniani/Persiani |
Geografia | |
Continente | Asia |
Confini | Afghanistan, Armenia, Azerbaigian, Iraq (Governo Regionale del Kurdistan), Pakistan, Turchia, Turkmenistan |
Fuso orario | UTC+3:30 |
Economia | |
Valuta | riyal iraniano |
PIL (nominale) | 1,435,560 milioni di USD (2023) (14º) |
PIL pro capite (nominale) | 2 945 USD (2023) |
PIL (PPA) | 988 437 milioni di $ (2012) (17º) |
PIL pro capite (PPA) | 12 986 USD (2012) (75º) |
ISU (2016) | 0,774 (alto) (69º) |
Fecondità | 1,7 (2010)[8] |
Varie | |
Codici ISO 3166 | IR, IRN, 364 |
TLD | .ir e ایران. |
Prefisso tel. | +98 |
Sigla autom. | IR |
Lato di guida | Destra (↓↑) |
Inno nazionale | Sorud-e Melli-e Iran |
Festa nazionale | 11 febbraio |
Evoluzione storica | |
Stato precedente | Stato Imperiale dell'Iran Governo ad interim dell'Iran |
Fino al 1935, l'Iran era noto in Occidente come Persia, patria di una delle più antiche civiltà del mondo.[13] La prima dinastia iranica fu quella elamica del 2800 a.C., anche se furono i Medi ad unificare il territorio dell'Iran soltanto nel 625 a.C.[14] Nel 550 a.C. il regno fu sotto il controllo degli Achemenidi, per poi essere annesso da Alessandro Magno nel 334 a.C. al suo Impero, con la sconfitta dell'ultimo re achemenide Dario III di Persia nelle battaglie di Isso (333 a.C.) e di Gaugamela (331 a.C.)[15] Alla morte di Alessandro, l'Impero macedone venne spartito tra i suoi generali, i Diadochi ("successori"), e la Persia passò nelle mani dei Seleucidi.[16] Successivamente, la Persia fu inglobata nel regno dei Parti nel II secolo a.C., e dal 224 d.C. fino al 651 finì nelle mani dei Sasanidi, i quali crollarono a loro volta sotto i colpi degli arabi musulmani, che avevano avviato nel 633 la conquista islamica della Persia.[17] Con l'affermazione della dinastia Safavide nel 1501[18], uno dei rami minoritari dell'Islam (lo sciismo duodecimano)[19] diviene religione ufficiale del regno, segnando così un punto cruciale nella storia della Persia e del mondo islamico.[20]
Nel 1906, la rivoluzione costituzionale persiana portò alla nascita di un Parlamento, noto come Majlis, e della monarchia costituzionale, ai quali però succedette nel 1921 l'autoritaria dinastia Pahlavi.[21] Nel 1953, il primo esperimento democratico del Paese fu spento da un colpo di Stato orchestrato da Regno Unito e Stati Uniti, che riportò al potere i Pahlavi.[22] Il dissenso popolare sfociò infine nella cosiddetta Rivoluzione iraniana, che determinò la nascita della Repubblica Islamica dell'Iran il 1º aprile 1979, un regime teocratico sciita.[23] Storicamente noto come Persia, il 21 marzo 1935 lo scià Reza Pahlavi chiese formalmente alla comunità internazionale di riferirsi alla nazione con il nome utilizzato dai suoi abitanti in persiano, ossia Iran, «Paese degli Arii».[24] Alcuni studiosi protestarono contro questa decisione perché il cambio di nome avrebbe separato il Paese dalla sua storia, ma nel 1959 lo scià annunciò che i nomi di Persia e Iran erano interscambiabili e di uguale rilevanza in comunicazioni ufficiali e non.[24] Tuttavia il nome Iran rimase il termine di uso più frequente in riferimento allo Stato, mentre i sostantivi e aggettivi "persiani" e "persiano" sono tuttora frequentemente usati in riferimento rispettivamente alla popolazione e alla lingua del Paese.[25]
Il termine Iran (o Aryana) deriverebbe da arya che significa «nobile». La radice ar è presente anche in latino con arare, aratro e arvum («campo»). Il termine ârya ha una designazione onorifica e si applicava ai popoli dediti all'agricoltura.[28]
Fino al 1935, l'Iran era conosciuto in Occidente come Persia, un nome derivato dal greco Persis, usato per riferirsi al Paese iraniano, al suo popolo e ai suoi antichi imperi. Gli iraniani identificarono il loro Paese con il nome ērān ("degli iraniani") sin dal periodo sasanide. Il nome Persia deriva dalla regione meridionale dell'Iran, chiamata Fars/Pars, derivato da Parshua, luogo di origine dell'Impero persiano.
L'Iran ospita una delle più antiche grandi civiltà del mondo, con insediamenti storici e urbani risalenti al 7000 a.C.[29] Dalla prima età del bronzo, la parte sud-occidentale e occidentale dell'altopiano iraniano ha avuto un importante ruolo nella storia del Vicino Oriente antico con la cultura elamica, e successivamente con vari altri popoli, come i Cassiti, i Mannei e i Gutei. Georg Wilhelm Friedrich Hegel chiama i persiani il "primo popolo storico".[30] I Medi unificarono l'Iran come nazione e impero nel 625 a.C. L'Impero achemenide (550–330 a.C.), fondato da Ciro il Grande, fu il primo vero stato di superpotenza globale[31] e governò dai Balcani al Nord Africa fino all'Asia centrale, coprendo tre continenti, con sede di potere a Persepoli. Era il più grande impero mai visto e il primo impero mondiale.[32] L'impero achemenide è stata l'unica civiltà in tutta la storia a collegare oltre il 40% della popolazione mondiale, rappresentando circa 49,4 milioni delle 112,4 milioni di persone viventi nel mondo attorno al 480 a.C.[33] Gli succedettero i Seleucidi, i Parti e i Sasanidi, che governarono l'Iran per quasi 1.000 anni e rendendolo ancora una volta una potenza leader nel mondo. Gli arcirivali della Persia furono l'Impero romano e il suo successore, l'Impero bizantino.
L'Impero iraniano vero e proprio inizia nell'età del ferro, in seguito all'afflusso dei popoli iraniani. Il popolo iraniano diede origine agli imperi dei Medi, achemenide, partico e sasanide dell'antichità classica.
L'Iran ha subito invasioni da parte di macedoni, arabi, turchi, mongoli ma ha continuamente riaffermato la sua identità nazionale nel corso dei secoli e si è sviluppato come entità politica e culturale distinta.
I primi reperti archeologici dell'Iran, quali quelli trovati nel sito del Kashafrud e di Ganj Par, dimostrano la presenza di insediamenti umani già dal Paleolitico inferiore.[34] Reperti dell'uomo di Neanderthal risalgono al Paleolitico medio e sono stati trovati principalmente nella regione dei monti Zagros, quali le caverne Warwasi e Yafteh.[35][36] Le prime comunità agricole invece cominciarono a stabilirsi in Iran attorno all'8000 a.C.,[37][38] con insediamenti quali Chogha Mish, situato nella regione delle montagne Zagros, mentre la nascita di una delle prime città persiane, Susa, è stata fissata attorno al 4395 a.C.[39] Vi sono dozzine di reperti preistorici attorno all'altopiano iranico che suggeriscono l'esistenza di culture antiche e di insediamenti urbani in altre regioni già dal IV millennio a.C.[40][41] Durante l'era del bronzo l'Iran è stata la patria di diverse civilizzazioni, quali quella dell'Elam, della civiltà di Jiroft e della civiltà del fiume Zayande. Elam è fra le più importanti di queste e si sviluppò nel sud-ovest dell'Iran, influenzata dalle civiltà mesopotamiche. Lo sviluppo della scrittura nell'Elam (IV millennio a.C) fu forse parallelo a quello dei Sumeri.[42] Il regno elamico proseguì la sua esistenza fino all'emergere della civiltà dei Medi e dell'Impero achemenide.
Durante il secondo millennio a.C. antiche popolazioni iraniche arrivarono dalle steppe eurasiatiche,[43] entrando in diretto conflitto con le popolazioni locali.[44][45] Con l'insediamento di questi popoli la regione corrispondente all'odierno Iran fu dominata da tribù persiane, dei Parti e dei Medi. Dal X al VII secolo a.C. assieme ai regni pre-iranici tali popolazioni iraniche divennero parte dell'Impero assiro, situato nella Mesopotamia settentrionale.[46] Sotto il re Cyaxares i Medi e i Persiani si allearono con Nabopolassar di Babilonia e con l'aiuto degli Aramei, Cimmeri e Sciti attaccarono l'Impero assiro. Da ciò scaturì una guerra civile che durò dal 616 a.C. al 605 a.C. e che determinò la liberazione di vari popoli sottomessi all'Impero assiro.[46] L'unificazione dei Medi sotto un unico capo politico nel 728 a.C. portò alla creazione dell'Impero medo.[47]
Nel 550 a.C. Ciro il Grande sottomise l'Impero medo e fondò l'Impero achemenide dopo aver unificato altre città-Stato nella regione. La sua ascesa al potere fu il risultato della ribellione dei Persiani, scaturita dalle azioni del re dei Medi Astiage: ribellione che si estese velocemente alle vicine provincie, le quali si allearono con i Persiani. Le successive conquiste di Ciro e dei suoi successori portarono all'annessione al nuovo Impero persiano di nuove regioni e province, quali Babilonia, l'Antico Egitto, la Lidia e le regioni a ovest del fiume Indo. L'espansione a ovest causò lo scontro diretto tra le varie città-Stato greche e l'impero, dando avvio alle cosiddette guerre persiane. Lo scontro si sviluppò in più occasioni durante la prima metà del V secolo a.C. e si concluse con la ritirata della Persia dai territori greci annessi nella prima parte della guerra.[48] L'impero aveva un sistema amministrativo centralizzato, formato grazie a una fra le prime burocrazie del mondo, sotto il comando diretto dello Shahanshah (scià) e dei suoi satrapi, coadiuvati da un vasto numero di funzionari pubblici e da un esercito di professionisti. Tale strutturazione amministrativa fu successivamente presa come esempio in vari altri imperi successivi.[49]
Nel 334 a.C. Alessandro il Grande invase l'Impero achemenide, sconfiggendo l'ultimo re dei re di questa dinastia, Dario III nella battaglia di Isso del 333 a.C. Dopo la morte di Alessandro la Persia cadde sotto il controllo di vari regni ellenistici. Nel II secolo a.C. la Partia divenne la potenza principale nella regione, riprendendo controllo dei territori iranici occupati dai regni ellenistici e ricreando il precedente Impero persiano sotto l'Impero partico, tuttavia senza alcuna nuova espansione territoriale. L'Impero partico durò fino al 224 d.C., quando gli succedette l'Impero sasanide.[50]
I Sasanidi stabilirono un impero con dimensioni pari a quello degli Achemenidi e con capitale a Ctesifonte.[51] Buona parte del periodo sotto l'Impero partico e l'Impero sasanide fu segnata dalle guerre romano-persiane, le quali avvennero sui confini occidentali e durarono circa settecento anni. Le guerre portarono all'indebolimento economico, militare e politico dell'Impero sasanide e dell'Impero romano, provocando successivamente la fine del primo con conseguenti estese perdite territoriale per mano delle armate dell'invasore arabo-musulmano.
Le prolungate guerre romano-persiane, così come i conflitti interni all'Impero sasanide, portarono alla conquista islamica della Persia nel VII secolo d.C.[52][53] Nonostante la debolezza politica la Persia godeva di un elevato livello di civiltà e cultura, come dimostrato da Jundishapur, riconosciuto come uno straordinario centro medico per competenze scientifiche e mediche.[54] Sconfitto inizialmente dal califfato dei Rashidun, fu governato negli anni successivi dal califfato dei Abbasidi e dei Omayyadi. Il processo di islamizzazione della Persia fu lungo e graduale. Sotto il dominio del califfato dei Rashidun e più tardi degli Omayyadi i Persiani, sia musulmani (mawālī) sia non-musulmani "protetti" (dhimmi), furono discriminati, esclusi da governo e forze armate califfali, venendo inoltre forzati a pagare le tasse dovute dai non-musulmani, quali la jizya.[55][56] Nel 750 gli Abbasidi abbatterono il califfato degli Omayyadi, principalmente per via della insoddisfazione dei mawālī persiani.[57] I mawālī formarono la maggior parte dell'esercito dei rivoltosi, guidati da Abu Muslim.[58][59][60] Dopo due secoli sotto il dominio arabo cominciarono a formarsi i primi domini persiani autonomi o indipendenti (quali i Tahiridi, i Saffaridi, i Samanidi e i Buwayhidi). Nel IX e X secolo prevalse e solidificò il proprio potere la dinastia dei Samanidi,[61] durante il cui governo si cominciò nuovamente a far uso della lingua persiana scritta, grazie all'opera storica di Bal'ami, che parafrasò Ṭabarī.
L'affermazione di un califfato abbaside vide il risorgimento della cultura persiana, discriminata durante il primo periodo del dominio arabo. In tale processo l'aristocrazia araba fu gradualmente sostituita dalla burocrazia persiana.[62] Ciò fece sì che la letteratura, filosofia e medicina persiana divenissero maggiori elementi della epoca d'oro islamica.[63][64] L'epoca d'oro islamica raggiunse il proprio culmine nell'XI secolo, durante il quale la Persia fu il teatro scientifico di maggior importanza.[54] Dopo il X secolo assieme all'arabo la lingua persiana divenne di uso comune per trattati di filosofia, storia, matematica, musica, scienza e medicina. Fra gli autori persiani più autorevoli dell'epoca vi sono Nasir al-Din al-Tusi, Avicenna, Qotb al-Din Shirazi, Naser-e Khosrow, al-Biruni e ʿUmar Khayyām.
Il rifiorire della cultura persiana in questo periodo portò anche a un forte risorgere del nazionalismo persiano, dato che il tentativo degli anni precedenti di renderlo un Paese arabo (talora anche in maniera violenta) non aveva dato alcun frutto in Persia. Il movimento della Shuʿūbiyya non servì alla Persia per recuperare una maggior autonomia, visto che il suo ambito era quello puramente letterario, ma fu utile a restaurare un'identità culturale alquanto appannatasi con la conquista araba del Paese.[65] Uno degli elementi più importanti di questo movimento fu il recupero delle proprie tradizioni letterarie e in questo un ruolo importante fu svolto da Firdusi e dal suo capolavoro epico che recuperava un passato storico e mitico di fondamentale importanza per i persiani.
Il X secolo vide in questa regione la migrazione di massa delle tribù turche dell'Asia centrale nell'altopiano iranico.[66] Membri di queste tribù furono utilizzati al servizio dell'esercito degli Abbasidi come guerrieri-schiavi (ghilmān e mamālīk), sostituendo elementi arabi e persiani dell'esercito.[58] La conseguenza fu l'incremento del loro potere politico. Nel 999 prese il potere dell'Iran la dinastia dei Ghaznavidi, a capo del quale vi erano mamelucchi di origine turche, alla quale succedettero l'Impero selgiuchide e l'Impero corasmio. Tali imperi, a capo dei quali vi era un'oligarchia di matrice turca, erano altamente "persianizzati" e avevano adottato vari modelli di amministrazione e governo della Persia sasanide.[66] Tale adattamento culturale diede vita successivamente allo sviluppo della distinta tradizione turco-persiana.
Tra il 1219 e 1221 l'Impero del Khwārazm-Shāh subì una rovinosa invasione da parte dell'esercito mongolo guidato da Gengis Khan. La devastazione apportata fu tale da far perdere la vita a un altissimo numero di abitanti dell'altopiano iranico, una stima pari a circa dieci o quindici milioni di persone. Alcuni storici stimano che la popolazione dell'Iran non sia tornata ai livelli precedenti alla invasione fino al XX secolo.[67] In seguito alla dissoluzione dell'Impero mongolo nel 1256 Hulagu Khan, nipote di Gengis Khan, istituì la dinastia dell'Ilkhanato e nella lenta frammentazione che ne accompagnò la fine la Persia fu divisa tra Chupanidi, Jalayiridi, Muzaffaridi e Sarbadar.
Nel 1370 prese il controllo dell'Iran Tamerlano, creando l'Impero timuride, il quale durò per i successivi 156 anni. Tale regno vide numerosi casi di violenza e sterminio nei confronti della popolazione locale: ne fu un esempio il completo massacro della popolazione di Isfahan da parte di Tamerlano nel 1387, che fece uccidere settantamila cittadini in pochi giorni.[68] Hulagu Khan e Tamerlano, così come i loro successori e nonostante le origini mongole, adottarono la tradizione, le usanze, costumi e cultura locali, circondandosi in un ambiente persiano.[69]
Successivamente al declino dell'Impero timuride (1370–1506) la Persia si ritrovò politicamente divisa, dando quindi via alla nascita di numerosi movimenti religiosi, fra i quali numerosi appartenenti al ramo sciita dell'Islam. Tra queste era particolarmente attivo a livello politico il gruppo sufi dei Qizilbash safavidi, che riuscirono a far affermare nel 1501 il loro capo Ismāʿīl.[70]
Dopo aver preso controllo dell'Azerbaigian e stabilito la propria capitale a Tabriz Scià Isma'il I cominciò la sua campagna per riportare interamente la Persia sotto il proprio controllo, riunificando il Paese nel giro di dieci anni. Tali eventi portarono alla nascita della dinastia Safavide, una delle più importanti dinastie dell'Iran, spesso considerata come quella che fece entrare la Persia nell'età moderna.[71] I Safavidi comandarono uno dei più importanti Imperi persiani dopo la conquista islamica della Persia[72][73][74][75] e imposero la variante sciita duodecimana dell'Islam come religione ufficiale dell'impero, segnando un importante evento nella storia dell'Islam.[76] I Safavidi governarono dal 1501 al 1722 (con l'eccezione di un breve ritorno dal 1729 al 1736) e all'apice della loro espansione controllavano i territori corrispondenti all'odierno Iran, Azerbaigian, Armenia, gran parte dell'Iraq, Kuwait, Georgia, Afghanistan e alcune parti dell'odierno Pakistan, Tagikistan, Turkmenistan, Turchia e Siria. Di particolare rilievo è il fatto che l'ascesa della dinastia segnò il ritorno della Persia sotto il controllo delle popolazioni locali (persiani, azeri e curdi), a differenza delle precedenti occupazioni arabe e mongole, dando nuova vita all'identità nazionale della Persia, reintroducendo l'uso ufficiale del nome Iran nell'amministrazione dell'impero.[77]
Durante il regno di ʿAbbās I il Grande (1588–1629) la Persia stabilì contatti diplomatici con l'Occidente per poter far fronte al nemico comune, ossia l'Impero ottomano.[78] Fu riorganizzato e modernizzato l'esercito della Persia, grazie in particolare al contributo degli emissari del Regno Unito Sir Anthony Shirley e Robert Shirley.[79] La capitale dell'impero fu ricollocata da Qazvin a Isfahan, la quale divenne centro culturale della Persia, mentre fu ricreato un solido sistema amministrativo e fiscale. Avendo consolidato il suo potere in Persia, ʿAbbās organizzò una lunga campagna contro gli ottomani per riconquistare parti del territorio perduto dai suoi predecessori (tra cui l'Azerbaigian, inclusa Tabriz). Grazie al suo ingegno militare riuscì a sconfiggere ripetutamente gli ottomani riconquistando il Caucaso, Tabriz e gran parte della Mesopotamia. Allo stesso tempo ʿAbbās cacciò i portoghesi dal golfo Persico, ristabilendo il commercio marittimo con il resto del mondo e fondando il porto di Bandar Abbas.[80]
L'Iran contemporaneo ha ereditato dalla Persia dell'epoca safavide (1501–1722) il modello istituzionale monarchico, religioso e tribale (uymaq). La dinastia dei Cagiari (Qajar), che governò la Persia dal 1779 al 1925, ripropose la condizione di un regime assolutista, ma debolmente accentrato e costretto a confrontarsi con potenti forze tribali provinciali e con un apparato religioso sempre più indipendente. Nel XIX secolo la Persia divenne teatro della rivalità tra l'Impero britannico e l'Impero russo zarista, che nel 1907 si accordarono per spartirsi il Paese in zone d'influenza. Le conquiste e l'influenza occidentale portarono alla rivoluzione costituzionale del 1906 in cui una coalizione di intellettuali, di ʿulamāʾ e mercanti tentò di creare un regime parlamentare con l'istituzione del Majlis. Il movimento costituzionale fu soppresso in due tempi dall'intervento militare russo (1908 e 1911), ma il Majlis sopravvisse. Durante la prima guerra mondiale la Persia, benché formalmente neutrale, divenne terreno di scontro tra russi, britannici e turchi ottomani. Alla fine del conflitto il crollo degli imperi ottomano e zarista lasciò il Regno Unito quale unica potenza nella regione, ma il tentativo di stabilire un formale protettorato (1919) fallì per l'opposizione della popolazione e del clero sciita e per l'influenza bolscevica dal nord. Nel 1921 Reza Khan, comandante della brigata cosacca, marciò su Teheran e divenne l'uomo forte del Paese. Primo ministro dal 1923, nel 1925 depose i Cagiari e divenne egli stesso scià con il nome di Reza Pahlavi. L'epoca dei Pahlavi, compresa tra il 1925 e il 1979, costituì praticamente una ripetizione della storia precedente: i tentativi di centralizzazione e modernizzazione provocarono una resistenza nazionale, guidata dagli ʿulamāʾ in nome dell'Islam. I Cagiari giunsero al potere dopo un periodo di anarchia e lotte tribali (legate agli uymaq), ma non riuscirono mai a consolidare la loro posizione perché l'esercito era esiguo, le province frammentate e governate da khān e Ilkhān (intesi come rappresentanti dei khān) e la loro corte poco sviluppata.
Il periodo cagiaro Mentre lo Stato cagiaro aveva una sovranità precaria, il potere degli ʿulamāʾ nel XVIII e XIX secolo aumentò moltissimo, soprattutto da quando essi riuscirono a convincere i musulmani che in assenza dell'imam gli esponenti religiosi più devoti e ricchi di spiritualità dovessero essere considerati come le autentiche guide della comunità. Inoltre vi era un sistema informale di comunicazioni che collegava gli ʿulamāʾ persiani ai centri sciiti iracheni. Il rapporto tra ʿulamāʾ e Cagiari era molto delicato: una lunga tradizione storica aveva assuefatto gli ʿulamāʾ al rifiuto dell'impegno politico. Fath 'Ali Shah (1797–1843) tollerò un atteggiamento di indipendenza da parte di vari ʿulamāʾ, contribuì a eliminare il sufismo e le dottrine non considerate ortodosse. L'intervento europeo modificò la posizione del regime: il trattato del Golestan (1813) sancì la cessione alla Russia della Georgia, di Derbent, Baku, Shirvan e altre parti dell'Armenia. Con il trattato di Turkmanciai (1828) la Russia ottenne l'Armenia, il controllo del mar Caspio e una posizione privilegiata nel commercio persiano. Tra il 1864 e il 1885 vi fu la conquista delle province centro-asiatiche, ma le conquiste russe furono bilanciate dai britannici, che assunsero il controllo dell'Afghanistan per proteggere il loro Impero indiano. La Persia, che aveva mire sull'Afghanistan, fu sconfitta nel 1856 a Herat e fu costretta a riconoscere l'indipendenza dell'Afghanistan. Dopo il 1857 la penetrazione di britannici e russi fu principalmente commerciale (prestiti, banche, risorse e infrastrutture). In quegli anni vennero fatte alcune riforme e nel 1879 fu creata la brigata cosacca. La dominazione straniera creò aspirazioni di ammodernamento da parte di alcuni intellettuali, ma il regime dipendeva da russi e britannici, mentre gli ʿulamāʾ si opponevano alla laicizzazione e i gruppi tribali alla centralizzazione e le timide riforme fallirono.
Allo stesso tempo mercanti e artigiani erano sopraffatti dalla concorrenza europea e dopo l'occupazione del Caucaso del 1828 si scatenò un movimento nazionale a favore del jihād. Lo Scià Muhammad (1834–1848) utilizzando metodi occidentali in campo militare e politico esacerbò le tensioni e si inimicò i mullah (per via dell'istituzione di scuole laiche, fuori dalla giurisdizione dei mullah). Nello stesso tempo i mullah dovettero fronteggiare non solo l'irrigidimento dello Stato, ma anche l'ascesa di nuovi movimenti religiosi, come ad esempio la predicazione di sayyid 'Ali Muhammad, il quale si proclamò il vero Imam e morì ucciso nel 1850. La tensione fra Stato e mullah esplose a proposito delle concessioni al barone Paul Julius Reuter del 1872 e del 1889, che furono contrastate perché si svendevano gli interessi persiani agli stranieri e si riducevano i mercanti persiani a semplici intermediari tra imprese estere e popolo. Nel 1891 ci fu la cosiddetta rivolta del tabacco: un movimento di opposizione alla monopolizzazione del tabacco per effetto di una nuova concessione data agli stranieri (1890). Le proteste provenivano soprattutto da parte della borghesia e dai mercanti del bazar, in quanto non esisteva una classe contadina media. Molti autori considerano la rivolta del tabacco come il primo passo verso la rivoluzione costituzionale persiana sopra ricordata. Nel 1901 lo scià attribuì al britannico D'Arcy la prima concessione petrolifera.[81]
La protesta del tabacco contro l'autoritarismo cagiaro si sviluppò in senso più compiutamente politico anche per l'influenza della nascita della Duma russa e dei cambiamenti nell'Impero ottomano e in Egitto, oltre al catalizzarsi delle opposizioni che portò all'affermazione non violenta del movimento costituzionalista. Il trattato intitolato "Ammonimento e perfezionamento del popolo" recepì varie posizioni di mullah liberali, senza inizialmente porsi il problema del rapporto tra concezione occidentale di Stato parlamentare e idee religiose e questa confluenza di posizioni diverse tra mercanti del bazar, religiosi, liberali e popolo permise l'unione di varie forze.
Nonostante la restaurazione assolutista del 1908 e del 1911, la Costituzione del 1906 rimase formalmente in vigore fino al 1979. La Costituzione subordinava lo shah a un governo costituzionale, proclamava l'Islam religione ufficiale della Persia e l'impegno del governo ad applicare la sharīʿa. La crisi del movimento costituzionale a fronte del ritorno reazionario dello scià mise in luce alcune tendenze: i mullah in linea di massima non erano avversi alla monarchia e la comparsa di una posizione attiva dipendeva dai mutati rapporti tra Stato e capi religiosi e dall'indebolimento del primo. Anche a causa della debolezza dello Stato, il Paese attraversò un periodo di semi-anarchia che andò dal 1911 al 1925. Durante la prima guerra mondiale truppe russe e britanniche occuparono la Persia come retrovia nel conflitto contro l'Impero ottomano. Con il crollo del regime zarista nel 1917 tutta la Persia cadde nelle mani dei britannici, che con il trattato anglo-persiano del 1919 cercarono di formalizzare un loro protettorato. Mentre il Regno Unito si impegnava a consolidare la sua presenza, l'Unione Sovietica appoggiava i movimenti separatisti del Gīlān e dell'Azerbaigian e partiti comunisti di Tabriz e Teheran.
Nel 1921 Reża Khān, diventato il comandante della brigata cosacca, marciò su Teheran, affidò il governo a Ẕiyā Ṭabāṭabāʾī e divenne l'uomo forte del Paese. Sempre nel 1921 i persiani conclusero con l'Unione Sovietica un trattato di amicizia e da questa nuova posizione di forza denunciarono formalmente il trattato anglo-persiano del 1919. Per un periodo la Persia fu retta da governi inefficienti fino a che Reża Khān sconfisse alcuni capi tribali, rafforzò la sua autorità su esercito e polizia e nel 1925 si proclamò scià di Persia, nonché fondatore della dinastia Pahlavi e del primo forte regno accentrato. Reża Shāh creò un esercito forte e in grado di dominare il Paese.
Sostenuto dall'esercito e da una pubblica amministrazione centralizzata e fedele, lo scià superò l'opposizione delle élite religiose tribali, mise fuori legge il Partito Comunista e ridimensionò il potere degli ʿulamāʾ attraverso un sistema di istruzione laica (Università di Teheran e meno fondi alle madrase) e la riorganizzazione dell'amministrazione giudiziaria (no alla sharī'a, necessità della laurea in giurisprudenza per essere giudice e supremazia dello Stato). La laicizzazione dell'amministrazione giudiziaria e dell'istruzione erano solo parte di un più ampio programma per modernizzare l'economia. Negli anni venti e trenta fu creata l'infrastruttura di un'economia moderna: rete ferroviaria, banca centrale e comunicazioni postali e telegrafiche. Si sviluppò anche un'industria interna che produceva beni di consumo alternativi a quelli di importazione. Negli anni trenta diminuì il peso del commercio estero con la Unione Sovietica mentre aumentò quello verso la Germania. Il petrolio era una fonte importante di entrate pubbliche: scoperto per la prima volta nel 1908, portò nel 1909 alla fondazione dell'Anglo-Persian Oil Company. Nel 1915 furono costruite le raffinerie di Abadan. La produzione di petrolio rendeva bene alla Persia, ma creava anche un forte risentimento contro gli stranieri che lo estraevano. Nel 1933 il governo pretese una riduzione dei territori concessi per la ricerca del petrolio e il pagamento di un reddito fisso in cambio di una proroga fino al 1993. Questo cambiamento di politica nelle concessioni superò la grande depressione, ma non la seconda guerra mondiale.
La politica di sviluppo di Reża Shāh creò un piccolo settore moderno in un'economia e in una società molto arretrate. La seconda guerra mondiale pose fine a questi esperimenti: nel 1941 l'Unione Sovietica e il Regno Unito, preoccupati di tenere aperte la via di rifornimento al petrolio persiano, cominciarono a esigere che i tedeschi fossero espulsi e lanciarono un ultimatum e invasero il Paese. Gli anglo-sovietici costrinsero quindi Reża Shāh ad abdicare a favore del figlio, Moḥammad Reża Pahlavī. Con l'entrata in guerra degli Stati Uniti, quest'ultimi giunsero in Iran e dal 1942 gestirono la logistica del corridoio persiano per il rifornimento di materiale bellico all'Unione Sovietica. Nel 1943 si tenne la conferenza di Teheran, il primo vertice interalleato tra Roosevelt, Churchill e Stalin. Gli anni dal 1946 al 1953 videro gli Stati Uniti sostituirsi gradualmente agli inglesi nel sostegno alla ricostruzione e gestione del Paese. Nel 1946 gli statunitensi aiutarono i persiani a resistere alle pressioni dei sovietici che occupavano la provincia settentrionale dell'Azerbaigian, esigevano concessioni petrolifere e appoggiavano i movimenti separatisti del Kurdistan e dell'Azerbaigian. Sul finire degli anni cinquanta la Persia lottò anche per ottenere un maggior controllo dell'Anglo-Iranian Oil Company.
Nel 1951 Mohammad Mossadeq giunse al potere col progetto di stabilire una concreta democrazia e di instaurare una monarchia costituzionale. Mossadeq fu eletto Primo ministro dal Majles all'unanimità per la sua nota avversione al rinnovo della concessione petrolifera dell'Anglo-Iranian Oil Company del 1933, dopo che un fanatico aveva assassinato il Primo ministro Razmara, il quale era invece favorevole al rinnovo. Mossadeq procedette subito a nazionalizzare l'industria iraniana degli idrocarburi, che era allora sotto il pieno controllo del Regno Unito. La reazione inglese fu molto dura e ne scaturì la crisi di Abadan, un accanito confronto durato tre anni, nel corso del quale le potenze europee boicottarono il petrolio della Persia. Quest'ultima fin dall'inizio ritenne che gli Stati Uniti, i quali non avevano interessi nella Anglo-Iranian Oil Company, avrebbero sostenuto il suo piano di nazionalizzazione. La posizione degli Stati Uniti d'America nella crisi di Abadan registrò un'evoluzione, passando lentamente da un chiaro sostegno a Mossadeq, accompagnato da un invito a trovare una soluzione di compromesso con il Regno Unito, a un progressivo allineamento con le posizioni inglesi.[82]
Nonostante l'aperta contrarietà di Mossadeq verso il socialismo, Winston Churchill – assolutamente determinato a difendere gli interessi britannici nel Paese vicino-orientale – denunciò agli Stati Uniti che Mossadeq non era in grado di gestire un Paese in preda al caos e che stava "progressivamente propendendo verso il comunismo". In piena guerra di Corea gli Stati Uniti temevano che Mossadeq stesse involontariamente aprendo la porta a una penetrazione dell'Unione Sovietica. In quel periodo di guerra fredda caratterizzato da forti paure gli Stati Uniti finirono per accettare i piani britannici per far cadere Mossadeq. Il Regno Unito chiese aiuto agli Stati Uniti perché nell'ottobre 1952 Mossadeq aveva chiuso l'ambasciata britannica. Mossadeq si era indebolito sul piano interno, avendo perso anche il sostegno del clero sciita, allora guidato dall'ayatollah Kashani, che non gradiva le sue riforme sociali.
Sotto la direzione di Kermit Roosevelt Jr., un esperto dirigente della Central Intelligence Agency (CIA) e nipote del presidente statunitense Theodore Roosevelt, la CIA e il britannico Secret Intelligence Service (SIS) organizzarono un'operazione coperta per deporre Mossadeq con l'aiuto delle forze armate leali allo shah. Il piano era etichettato come operazione Ajax, la cui esecuzione avvenne su autorizzazione firmata dello scià per costringere alle dimissioni dal suo posto di Primo ministro Mossadeq e sostituirlo con il generale Fażlollāh Zahedī: esso ricevette il consenso dei britannici e degli statunitensi. Sebbene il piano fosse ben coordinato e pianificato, il colpo di Stato fallì, inducendo lo scià a cercare rifugio a Baghdad e poi a Roma.
La resistenza dei nazionalisti e il sostegno di cui godevano nel Paese era stato sottovalutato dagli organizzatori del colpo di Stato, ma entro breve tempo i lealisti sostenuti dagli anglo-statunitensi la spuntarono. A una grande dimostrazione pro-Mossadeq alla notizia dello sventato colpo di Stato seguì l'indomani una grande manifestazione contro Mossadeq e in favore dello scià sostenuta anche dal clero sciita militante guidato dall'ayatollah Kashānī. Partita dal bazar di Teheran, la manifestazione fu rinforzata da reparti militari e carri armati che diedero l'assalto alla residenza di Mossadeq. Il sovrano poté quindi fare ritorno a Teheran, Zahedī fu nominato primo ministro e, dopo un processo-farsa, Mossadeq fu condannato a morte. Lo shah commutò in seguito la condanna in esilio e arresti domiciliari perpetui. La controversia con le compagnie petrolifere fu risolta nel 1954 con un'intesa tra la National-Iranian Oil Company e un consorzio composto da sette compagnie straniere (le cosiddette «Sette Sorelle del petrolio»).[83] Così le compagnie straniere riuscirono a conservare una forma di controllo sul prezzo e la commercializzazione del petrolio.
Il colpo di Stato del 1953 pose fine alla lotta per il potere e ricreò un regime accentrato e autoritario basato sull'appoggio straniero e favorevole alla modernizzazione economica e sociale. Sotto il profilo tecnico il restaurato regime dello scià era una monarchia costituzionale, ma in pratica lo scià esercitava un potere assoluto e controllava sia l'esercito sia la Savak, la polizia segreta. Inoltre dipendeva dagli Stati Uniti e aderì così al patto di Baghdad (1955) e dal 1959 alla CENTO. La Persia mantenne stretti rapporti con Israele, negli anni settanta aiutò il sultano dell'Oman a reprimere l'opposizione e nel 1975 costrinse l'Iraq a definire le controverse frontiere nella zona del basso Eufrate. Tuttavia durante gli anni settanta le relazioni con l'Unione Sovietica rimasero buone.
Tra il 1960 e il 1977 lo Stato avviò un programma per consolidare il suo governo autocratico, velocizzare la modernizzazione, compiere riforme culturali (voto alle donne) e agrarie per coinvolgere anche la gente della campagna. Un aspetto cruciale fu la rivoluzione bianca, una serie di riforme economiche e sociali, tra cui in particolare una riforma agraria che in molti casi non diede ai contadini neanche il minimo per sopravvivere. In effetti i programmi dello scià tendevano soprattutto a creare imprese di grandi dimensioni patrocinate dallo Stato, dove vi era una forte meccanizzazione che portò a una quantità eccedente di manodopera. La stessa sorte toccò ai nomadi e al bestiame. Alcune di queste grandi imprese fallirono creando carestie e un movimento migratorio su vasta scala soprattutto verso Teheran. Si investì molto anche nel settore industriale, che tuttavia non riusciva a competere sui mercati internazionali. Tutto questo portò a un'acuta inflazione e a un peggioramento del tenore di vita di tutti coloro che non erano legati all'industria. In campo sociale furono fatte varie riforme per migliorare la condizione femminile (istruzione, lavoro, divorzio e diritto di voto). I programmi di rinnovamento suscitarono i timori della società e l'opposizione alla natura autoritaria del regime.
Negli anni sessanta e settanta l'opposizione era diffusa, ma dispersa: il partito Tudeh e l'Unione Nazionale vennero schiacciati dalla Savak e le rivendicazioni delle minoranze curde, arabe e baluci regolarmente frustrate. La sconfitta di Mossadeq aprì un periodo di calma dei mullah, che sotto la guida dell'Āyatollāh Borujerdī rimasero politicamente inattivi. Negli anni sessanta si creò una rete nazionale di comunicazione che aveva come centro la città di Qom. Sempre in questi anni le scelte del governo provocarono l'accanita opposizione degli ʿulamāʾ, che esplose nel 1963 quando lo scià decise di convocare un referendum nazionale sulla riforma agraria, inasprendo i controlli polizieschi sulle attività degli ʿulamāʾ a Qom. Ci furono le dimostrazioni guidate dall'ayatollah Khomeyni, che nel 1964 fu esiliato in Iraq.
Importante fu anche lo sviluppo del movimento per la riforma religiosa che voleva i mullah non più disinteressati alla politica, ma attivamente impegnati: si creò così fra il 1967 e il 1973 la Husayniyya Irshadun, un'università informale che voleva rivitalizzare lo sciismo. Khomeyni nella sua opera Il governo islamico affermò che i mullah dovevano ribellarsi contro gli abusi della monarchia. Durante gli anni settanta la reazione a questa situazione portò a un inasprimento del regime. In queste condizioni politiche la scintilla della rivoluzione scaturì da una dimostrazione svolta dagli studenti religiosi a Qom contro un assassinio attribuito alla Savak. La polizia sparò e uccise alcuni dimostranti e le proteste si ripeterono ogni quaranta giorni con recite sulle pubbliche piazze di poesie dei principali poeti persiani classici: un sottile e colto richiamo all'orgoglio nazionale che affascinò e fece riflettere un numero enorme di cittadini anche poco politicizzati. Nel mese di muharram (autunno 1978) a dimostrare apertamente contro il regime erano già milioni di persone.
Nel corso del 1978, mentre a Teheran si susseguivano le manifestazioni di protesta e gli scioperi, a Parigi tutti i gruppi di opposizione si unirono in un comitato rivoluzionario guidato dall'Āyatollāh Khomeynī. Dopo aver tentato la repressione, lo scià provò la carta del dialogo, ma era ormai troppo tardi e l'ondata di proteste divenne un movimento rivoluzionario. All'inizio del 1979 tutto si bloccò[non chiaro] e l'esercito (dopo una prima cruenta, ma inutile reazione) lentamente cominciò a rifiutarsi di uccidere i propri compatrioti, che seguitavano a scendere ogni giorno di più nelle piazze.
Nel mese di gennaio lo scià fuggì all'estero e il 1º febbraio l'imam Khomeynī tornò dall'esilio in Francia accolto in trionfo dalla folla. L'11 febbraio le forze armate iraniane dichiararono la loro neutralità e in tal modo segnarono la vittoria della Rivoluzione islamica: in questa data è celebrata la festa nazionale della Repubblica Islamica dell'Iran. La vittoria della rivoluzione portò alla costituzione in Iran di un governo islamico ispirato da Khomeynī, dopo una prima fase in cui l'esecutivo provvisorio fu guidato dal nazionalista Mehdi Bazargan, erede politico di Mohammad Mossadeq. Fin dal principio la Repubblica Islamica fu caratterizzata da un intrinseco dualismo tra potere religioso e istituzioni statali.
L'episodio che segnò questa radicalizzazione islamica della rivoluzione è la presa dell'ambasciata statunitense di Teheran nel novembre 1979 da parte di un gruppo di studenti, con la successiva crisi degli ostaggi.
Dal 1980 al 1988 il Paese è costretto a fronteggiare l'aggressione dell'Iraq di Saddam Hussein: Saddam pensava che la rivoluzione e le epurazioni dei vertici militari persiani avessero molto indebolito l'Iran (un tempo «guardiano del golfo Persico») e approfittando della sensibile ostilità della comunità internazionale verso il regime khomeinista e della fragilità della nuova repubblica islamica cercò di strappare il controllo della provincia del Khūzestān, ricca di petrolio, in cui erano presenti forti gruppi di lontana origine araba. L'attacco di Saddam, che prese a pretesto alcune dispute territoriali mai risolte sullo Shaṭṭ al-ʿArab, invece di mettere in crisi il regime di Khomeini risvegliò il sentimento patriottico degli iraniani, ivi compresi quelli di ascendenza araba, contribuendo indirettamente a legittimare agli occhi degli iraniani il regime islamico.
L'Iran khomeinista resistette infatti all'urto e arrestò quasi subito l'avanzata irachena grazie alla superiorità aerea e alla lealtà delle forze armate di fronte all'aggressione. Il conflitto si trasformò quindi in una guerra di posizione, ma l'Iran volle prendere l'iniziativa tramite una serie di offensive condotte dai Pasdaran, che puntavano a far cadere il regime di Saddam. Il prezzo di questi attacchi terrestri fu altissimo in termini di vite umane e per arrestarli Saddam utilizzò anche le armi chimiche, impiegate anche contro i curdi a Halabja. Il conflitto si protrasse per otto anni e secondo la sua ottica l'Iran ne uscì strategicamente vincitore, avendo bloccato le intenzioni espansionistiche di Saddam, anche se tatticamente non ci furono vincitori e l'Iran fu anzi costretto ad accettare infine le offerte di pace precedentemente respinte con sdegno. Durante la guerra, mentre l'Iran rimase isolato, l'Iraq fu finanziato dall'Egitto, dai Paesi arabi del Golfo Persico, dall'Unione Sovietica e dai Paesi del Patto di Varsavia, dagli Stati Uniti[84] (dall'inizio del 1983), dalla Francia, dal Regno Unito, dalla Germania, dal Brasile e dalla Repubblica Popolare Cinese (che vendette però armi anche all'Iran). Tutti questi Paesi fornirono a Saddam intelligence, agenti per armi chimiche, così come altre forme di assistenza militare. Invece i principali alleati dell'Iran durante la guerra furono la Siria, la Libia e la Corea del Nord.
Alla morte di Khomeyni (avvenuta nel 1989) il suo ufficio di guida suprema della rivoluzione islamica venne assunto (su disposizione dello stesso Khomeyni) dall'ayatollah Ali Khamenei dopo la rimozione dell'Hossein-Ali Montazeri, inizialmente destinato a succedergli come guida suprema, ma dimostratosi non perfettamente allineato con le sue idee e i suoi programmi.
Khamenei cercò di riformare l'economia incoraggiando l'iniziativa privata e limitando lo strapotere delle bonyad, le associazioni caritatevoli e dei bazar. In politica estera, che già durante gli ultimi anni del potere di Khomeini si era fatta più pragmatica, iniziò a tessere nuove relazioni con le repubbliche dell'Asia centrale, con la Turchia, con l'India e con la Cina. Molto importante è stato il ruolo dell'Iran come paciere e stabilizzatore dell'area centro-asiatica a cavallo del millennio: l'Iran gode di buoni rapporti diplomatici e commerciali con tutte le repubbliche ex sovietiche.
Si sono compiuti sforzi anche per riavvicinare il Paese all'Occidente, che hanno dato discreti risultati con l'Unione Europea: l'Iran è infatti in partenariato commerciale principalmente con Germania e Italia. Tali tentativi si sono tuttavia scontrati con la ferrea contrarietà degli Stati Uniti alla riammissione dell'Iran negli organismi internazionali, decisiva nell'impedire un pieno ritorno alla normalità dei rapporti internazionali di questo Paese.
L'Iran si è già dotato da una ventina d'anni (ufficialmente a scopi civili) di centrali nucleari con tecnologia principalmente fornita dalla Russia allo scopo di ridurre la sua dipendenza dal petrolio (l'Iran consuma a uso interno il 40% del greggio che estrae). L'accerchiamento statunitense dell'Iran (gli Stati Uniti hanno basi militari e aeree in Iraq, Turchia, Afghanistan e Pakistan) ha portato il governo iraniano a decidere di arricchire da solo l'uranio usato come combustibile nelle proprie centrali nucleari: decisione che vari Paesi temono possa nascondere un tentativo di costruzione di armi nucleari. Ciò insieme alle dichiarazioni fatte del presidente Mahmud Ahmadinejad circa "la sparizione dalla carta geografica dello Stato di Israele" ha provocato la reazione di Israele e di quella parte della comunità internazionale che sostiene fermamente lo Stato ebraico, originando una crisi. In proposito Ahmadinejad ha sostenuto il diritto dell'Iran ad avere la propria tecnologia nucleare, così come ne dispongono molti altri Paesi. Un'importante decisione di politica economica è il progetto di aprire per marzo 2006 una borsa nella quale gli operatori possano scambiare per la prima volta partite di gas e petrolio in euro, oltre che in dollari, sulla falsariga di quanto deciso nel 2000 dall'Iraq di Saddam Hussein.
In seguito alle elezioni presidenziali del 13 giugno 2009 vinte ufficialmente da Aḥmadinejād, ma sulla cui regolarità l'opposizione ha espresso forti dubbi, la tensione sociale del Paese è notevolmente aumentata, sfociando in manifestazioni non autorizzate e scontri di piazza, con un numero indefinito di morti provocato da un intervento delle forze dell'ordine, giudicato eccessivo all'interno dello stesso governo, affiancate da un discreto numero di pasdaran e basiji. Forte commozione ha destato in tutto il mondo la visione degli ultimi istanti di vita di Neda Agha-Soltani. A dispetto della dura repressione del regime i moti studenteschi continuano[85] e riprendono anzi un drammatico corso dopo la morte dell'ayatollah Ḥoseyn-ʿAlī Montaẓerī, il quale non era stato indulgente verso il regime clericale, che pure aveva contribuito a far crescere.
Il programma nucleare iraniano è al centro del dibattito politico internazionale fra Israele, Stati Uniti e Unione Europea. In risposta al programma nucleare iraniano l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha approvato a più riprese sanzioni di varia natura nei suoi confronti.[86][87] Nel giugno 2010 anche gli Stati Uniti dell'amministrazione Obama hanno approvato sanzioni unilaterali verso l'Iran.[87] Il 1º settembre 2011 il presidente francese Sarkozy ha dichiarato: «Le ambizioni militari, nucleari e balistiche dell'Iran costituiscono una minaccia crescente che potrebbe condurre a un attacco preventivo contro i siti iraniani», aggiungendo però che un eventuale "attacco preventivo" provocherebbe «una crisi grave che la Francia non vuole a nessun prezzo». Sarkozy ha poi ribadito che «l'Iran rifiuta di negoziare seriamente» e «si abbandona a nuove provocazioni» e che «di fronte a questa sfida la comunità internazionale deve fornire una risposta credibile. Può farlo se dà prova di unità, di fermezza e con sanzioni ancora più dure».[88]
Il 14 giugno 2013 Hassan Rouhani, leader del partito moderato Società dei Chierici Militanti, è stato eletto come nuovo presidente con il 52,7% delle preferenze.
Nel 2015 infine è stato trovato un accordo internazionale per l'arricchimento dell'Uranio, da cui poi gli Stati Uniti guidati da Trump ne sono usciti nel 2018 nonostante l'Iran non avesse mai violato l'accordo.
Nelle successive elezioni del 19 maggio 2017 Rouhani è stato riconfermato con il 57,14% dei voti. A seguito delle elezioni si sono verificati due attentati terroristici nella capitale Teheran il 7 giugno, con la morte di oltre venti persone.[89][90][91]
Il 18 giugno 2021 si sono svolte le nuove elezioni presidenziali (si svolgono ogni 4 anni) ed è risultato vincitore Ebrahim Raisi (che aveva perso le precedenti del 2017)[92], Presidente della Corte Suprema dell'Iran.
A partire dal settembre 2022, a seguito della morte di Mahsa Amini, si sono verificate in tutto il Paese proteste contro il regime.[93] Il governo ha risposto con oltre 20.000 arresti e circa 500 uccisioni tra i manifestanti,[94] oltre che con impiccagioni tra i rivoltosi[95][96][97], tra cui quella di un 22enne disabile[98] e dell'ex viceministro della Difesa Alireza Akbari, arrestato nel 2019 e accusato di essere "una spia britannica".[99]
Il territorio dell'Iran è il diciottesimo per grandezza al mondo, con un'area totale pari a 1 648 195 chilometri quadrati.[100] Ciò equivale alla totale area combinata del Regno Unito, Francia, Spagna e Germania.[101] Confina con l'Azerbaigian, l'Armenia e la Turchia a nord-ovest, con il mar Caspio a nord, con il Turkmenistan a nord-est e a est con Turkmenistan e Afghanistan, a sud-est con il Pakistan e il golfo di Oman, a sud con il Golfo Persico e lo stretto di Hormuz e infine con l'Iraq a ovest.
L'Iran consiste per la maggior parte dell'altopiano iranico, con l'eccezione delle coste e della regione del Khūzestān. È uno fra i Paesi più montuosi al mondo, con il paesaggio dominato da montagne, vasti altopiani e catene montuose, le quali separano tra loro i vari bacini idrografici e le poche pianure. La parte più montuosa è quella occidentale e nord-occidentale, ricoperta dalla catena del Caucaso e dai monti Zagros, con la cima del Zard Kuh come punto più alto a 4 548 metri. A nord del Paese e a sud del mar Caspio si trova invece la catena montuosa più alta del Paese, i monti Elburz, con la vetta più alta sul monte Damavand a 5 610 m s.l.m., il quale è inoltre la montagna più alta dell'Eurasia a ovest del Hindu Kush.[102]
La parte settentrionale del Paese è ricoperta da dense e piovose foreste. Di queste il 10% si trova in aree protette da parchi nazionali, mentre il 50% ha subito seri danni per via di sfruttamento e agricoltura. Si estendono per cinque diverse regioni iraniane: il nord del Khorasan, il Golestan, Mazandaran, Gilan e Ardabil. La catena dell'Elburz raccoglie la umidità del mar Caspio, che poi si riversa sotto forma di forti precipitazioni durante l'autunno, inverno e primavera. Tali precipitazioni variano da 900 mm a 1 600 mm annui. Le foreste si diradano andando verso sud.[103]
La parte centrale e meridionale del Paese sono invece ricoperte per la maggior parte da steppe, semi-steppe o regioni semi-aride. La parte centro-orientale del Paese è coperta dal Dasht-e Kavir (letteralmente «immenso deserto»), il quale è il deserto più grande del Paese, seguito più a est dal Dasht-e Lut e diversi laghi di sale. Tali deserti si sono formati a causa delle altissime catene montuose circostanti, le quali non permettono a quantità sufficienti di nuvole cariche di pioggia di raggiungere queste regioni.
A causa della sua vastità e del variare dell'altitudine l'Iran presenta un vasto quadro climatico.[104] Gli inverni (da dicembre a febbraio) possono essere freddi e rigidi in buona parte del Paese, mentre d'estate (da giugno ad agosto) le temperature fino a 48-50 °C sono da considerarsi nella norma. Le precipitazioni piovose regolari sono circoscritte in prevalenza alla fascia più settentrionale e a quella più occidentale del Paese, che sono in genere anche le regioni più fredde.[105] Di norma quella occidentale è la regione più fredda, nonché una delle più umide, dell'Iran. Qui tra dicembre e febbraio le temperature molto al di sotto dello zero sono molto comuni. Spesso la neve è presente fino all'inizio della primavera (in montagna anche più a lungo).[106] Anche le province del mar Caspio e la regione che si estende a nord della catena dell'Elburz registrano piogge piuttosto abbondanti, con una media annuale di circa 1300 mm. La coltre di nuvole che avvolge queste zone tutto l'anno rende le temperature estive un po' più sopportabili rispetto a quelle delle località situate appena più a sud. Qui l'inverno è più temperato che nel resto del settentrione. Molto frequenti sono i temporali.[107]
L'Iran settentrionale è caratterizzato da inverni molto freddi, con temperature che oscillano intorno allo zero, se non al di sotto. Il mese più piovoso è marzo, mentre le estati sono calde e secche. La provincia di Teheran ha un clima decisamente arido. In città le estati sono calde, asciutte e per nulla ventilate, invece le colline ai piedi dell'Elburz sono più fresche. L'inverno può essere molto rigido, specialmente di notte, anche se di solito agli inizi di marzo spariscono tutti i residui di neve. Tra novembre e metà maggio gli acquazzoni sono piuttosto frequenti.[108] Le zone centrali dell'Iran sono molto calde d'estate e la temperatura aumenta mano a mano che ci si sposta verso sud. Tuttavia è possibile trovare un po' di refrigerio salendo a quote più elevate.[109] Gli inverni sono freddi, ma meno rispetto alle zone occidentali e settentrionali. Le precipitazioni piovose variano da zona a zona, ma di rado la media supera di molto i 250 mm circa l'anno. L'Iran meridionale e la costa del golfo Persico nel periodo compreso tra l'inizio di maggio e la metà di ottobre registrano temperature roventi (di norma fino ai 50 °C), con un tasso di umidità molto elevato. La media annuale delle piogge (perlopiù invernali) è di 150 mm circa. Allontanandosi dal golfo Persico le temperature scendono leggermente: le estati sono calde e secche, gli inverni miti, anch'essi asciutti. Piove pochissimo e le gelate sono pochissime.[110]
L'Iran è un Paese di grande diversità etnico-culturale, composta da diverse religioni ed etnie, le quali sono principalmente derivate o influenzate dalla millenaria cultura persiana.[111]
La popolazione dell'Iran è salita in modo sensibile durante il XX secolo, raggiungendo la cifra di 77 milioni di abitanti nel 2013.[112] Secondo i dati del censimento del 1959 la popolazione dell'Iran era di diciannove milioni di abitanti.[113] Tuttavia la crescita demografica del Paese è diminuita in modo significativo, di circa l'1,29% nel luglio del 2012.