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Napoli

comune italiano, capoluogo della Campania Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Napoli (AFI: /ˈnapoli/[5] ascolta; Nàpulë in napoletano[6], pronuncia [ˈnɑːpələ]) è un comune italiano di 905 800 abitanti[1], capoluogo dell'omonima città metropolitana e della regione Campania. È il centro di una delle più popolose e densamente popolate aree metropolitane d'Europa, nonché il terzo comune d'Italia per popolazione, dopo Roma e Milano, e il primo per densità abitativa tra i grandi comuni italiani.

Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Napoli (disambigua), Neapolis o Naples.
Dati rapidi Napoli comune, Localizzazione ...

Napoli nasce come insediamento di Partenope su Pizzofalcone, fondato dai Cumani[7] alla fine dell'VIII secolo a.C., secondo le ricerche archeologiche.[8] Alcuni ritrovamenti suggeriscono però una retrodatazione al terzo quarto dello stesso secolo, circa tra il 750 e il 720 a.C.[9] In tal caso sarebbe coeva a Cuma e Pithecusa,[10] ma il campione archeologico disponibile è ancora troppo limitato per una conclusione definitiva.[11] Tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C.,[12] Partenope evolve in Neapolis,[N 1][13] evento attribuito all’arrivo dell’aristocrazia cumana espulsa da Cuma dal tiranno Aristodemo dopo la vittoria di Aricia o nel turbolento clima politico che precedette la sua tirannide.[N 2][14] La Nea Polis (Nuova Città) si sviluppò sul pianoro orientale, già controllato da Partenope,[N 3][15] ed ebbe una riorganizzazione urbanistica ortogonale[16][17] che rifletteva l'espansione dell'insediamento preesistente. Neapolis divenne così una delle città più famose della Magna Grecia,[18] con un importante porto commerciale già dal V secolo a.C.,[N 4] che si consolidò ulteriormente con l'arrivo degli Ateniesi intorno al 450 a.C.,[N 5] giocando un ruolo chiave negli scambi economici e culturali con le popolazioni italiche.[19]

Con la conquista romana, Napoli conservò la cultura greca,[20][13] mantenne la propria autonomia grazie al foedus aequum, si affermò come alleata di Roma nel Tirreno e accedette ai mercati mediterranei controllati da Roma;[21] dagli inizi del I secolo a.C. divenne residenziale, sede dei Sebastà, giochi pari a Delfi e Olimpia,[22] e meta di villeggiatura per l’alta società romana.[20][23] Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, tra il VI e VII secolo, Napoli divenne la capitale del Ducato di Napoli. Pur rimanendo formalmente sotto il controllo bizantino, nell'VIII secolo il ducato acquisì crescente autonomia a causa dell'indebolimento dell'Impero, delle pressioni esterne e del rafforzamento della nobiltà locale,[24] che rese ereditaria la carica di duca, de facto trasformando il ducato in uno stato indipendente. Successivamente, dal XIII secolo e per oltre cinquecento anni, Napoli divenne capitale del Regno di Napoli. Con la Restaurazione, divenne capitale del Regno delle Due Sicilie sotto i Borbone, mantenendo questo status fino all'Unità d'Italia.

Sede della Federico II, la più antica università del mondo a essere nata attraverso un provvedimento statale e laico,[25] ospita anche l'Orientale, la più antica università di studi sinologici e orientalistici del continente,[26] e la Nunziatella, una delle più antiche e prestigiose accademie militari del mondo.[27][28] Cuore storico della lingua napoletana,[29] ha rivestito e riveste tuttora un forte peso in numerosi campi del sapere, della cultura e dell'immaginario collettivo.

Protagonista dell'Umanesimo[30] e centro illuminista di livello europeo,[31] Napoli è stata un centro di riferimento mondiale per la musica classica e l'opera attraverso la scuola musicale napoletana,[32] dando tra l'altro origine all'opera buffa[33] e al conservatorio come luogo di didattica musicale.

Città dall'imponente tradizione nel campo delle arti figurative, che affonda le proprie radici nell'età classica, ha dato luogo a movimenti architettonici e pittorici originali, quali il rinascimento napoletano[34] e il barocco napoletano,[35] il caravaggismo,[36] la scuola di Posillipo,[37] la scuola di Resìna e il liberty napoletano,[38] nonché ad arti minori, ma di rilevanza internazionale, quali la porcellana di Capodimonte[39] e il presepe napoletano.[40]

È all'origine di una forma distintiva di teatro,[41] della canzone napoletana, tradizione musicale di fama mondiale,[42] e di una peculiare tradizione culinaria[43] che comprende alimenti che assumono il ruolo di icone globali, come la pizza napoletana[44], tanto che l'arte dei pizzaioli è stata dichiarata dall'UNESCO patrimonio immateriale dell'umanità[45].

Nel 1995, 10,21 km² del centro storico di Napoli sono stati riconosciuti dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità per i loro edifici e monumenti[46], che testimoniano circa tremila anni di storia.[N 6] Nel 1997, l'organizzazione ha inoltre riconosciuto il complesso vulcanico del Somma-Vesuvio come riserva della biosfera, includendo anche il cosiddetto Miglio d'oro — una storica fascia territoriale che si estende lungo la costa tra il comune di Napoli e Torre del Greco, famosa per le sue ville vesuviane del Settecento — e che oltre ad alcuni quartieri orientali di Napoli, comprende diversi comuni limitrofi.[47]

Infine, la città è anche sede dell'Allied Joint Force Command Naples della NATO e, soprattutto in virtù della sua storica vocazione globale,[48] dell'Assemblea parlamentare del Mediterraneo (PAM).[49]

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Geografia fisica

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Territorio

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Vista dal parco urbano dei Camaldoli.

Napoli sorge quasi al centro dell'omonimo golfo, sovrastato dal vulcano Vesuvio. Il golfo è delimitato a est dalla penisola sorrentina, con Punta Campanella, e a ovest dai Campi Flegrei, dove si trova la collina del Monte di Procida. A nord-ovest e a est si estende il versante meridionale della piana campana, che va dal lago Patria al nolano.

Il territorio di Napoli è composto da molti rilievi collinari, tra cui la collina dei Camaldoli, che è la più alta, raggiungendo i 457 m, ma anche da isole e penisole che si affacciano sul Mar Tirreno.

Il territorio urbano, delimitato a occidente dal complesso vulcanico dei Campi Flegrei e a oriente dal Somma-Vesuvio, ha una storia geologicamente complessa.[50] Il substrato su cui poggia la città ha origine prevalentemente vulcanica ed è il prodotto di una serie di eruzioni dei due complessi.[51]

Secondo la classificazione sismica nazionale, Napoli si trova in zona 2 (sismicità media).[52]

Clima

Lo stesso argomento in dettaglio: Clima di Napoli.

Napoli ha un clima mediterraneo, con inverni miti e piovosi ed estati calde e secche, mitigati dalla brezza marina. Secondo la classificazione Köppen, la città appartiene alla zona Csa (estati secche), mentre non è caratterizzata dalla zona Cfa (clima temperato umido). Il sole brilla per circa 250 giorni all'anno.[53] La città ha vari microclimi, con differenze anche di pochi chilometri. Secondo la classificazione climatica italiana, Napoli è nella zona C, clima temperato.[54]

Gli estremi termici di Napoli dal 1946 sono stati −5,7 °C l'8 gennaio 2017[55][56] e 40,0 °C il 4 agosto 1981[57]. L'umidità è elevata, specie in autunno e inverno, mentre le nebbie sono rare. Le precipitazioni sono distribuite durante l'anno, con picchi autunnali e invernali. Le piogge sono meno frequenti in estate, specialmente a luglio e agosto.[58]

Le nevicate sono molto rare, con episodi storici come quello del 13 febbraio 1956 e del 27 febbraio 2018.[59] La media nivometrica è vicina a zero, ma accumuli occasionali possono verificarsi durante ondate di gelo.[60]

Ulteriori informazioni Mesi, Stagioni ...
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Origini del nome

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Statere del 275 a.C.
«Neapolis ebbe questo nome in seguito a un atto di rifondazione, che, come sappiamo, non fu unico e non si limitò soltanto alla fase iniziale della sua vita, ma conobbe, negli anni seguenti, altre esperienze analoghe, sicché possiamo quasi dire che Neapolis, alla fine, risultò una specie di nome-programma di una città protagonista di processi tali da farle valere il titolo di città delle rifondazioni, destinata a vivere frequenti rinnovamenti.»

L'etimologia del nome «Napoli» deriva dal termine greco Neapolis (Νεάπολις) composto da néa («nuova») e pólis («città»), e si traduce dunque come «città nuova». L'appellativo fu attribuito per distinguere la nuova realtà urbana da quella preesistente sorta sulla collina di Pizzofalcone nell'VIII secolo a.C., conosciuta come Partenope.[65]

La denominazione Neapolis compare tra la fine del VI e l'inizio del V secolo a.C.,[12] quando la città venne rifondata da coloni provenienti da Cuma,[N 2] nell’ambito di una serie di migrazioni e rifondazioni tipiche del fenomeno dell'epoikía, ossia l’insediamento di nuovi gruppi in un contesto urbano preesistente. Questo processo rifletteva una consuetudine abbastanza diffusa nel mondo greco, in cui le comunità, dopo eventi bellici o crisi politiche, riorganizzavano e rinvigorivano i centri abitati, conferendo loro il titolo di «città nuova» in segno di rinascita politica, economica e culturale. Dopo la sua rifondazione, l'insediamento ribadì il proprio nome col sovrapporsi della componente ateniese, pithecusana, cumana (i profughi scampati, intorno al 421 a.C., alla presa della città da parte dei Campani) e osca.[66]

L'uso del termine Neapolis non era esclusivo della città campana: altre località del mondo greco adottarono lo stesso toponimo, tra cui Neapolis in Tracia, Neapolis nella Calcidica e, infine, Neapolis come quartiere di Siracusa, a conferma della natura simbolica e strategica di tale appellativo. Tuttavia, grazie alla sua posizione geografica, alla lunga continuità di vita e all'importanza economica e politica, la Neapolis campana è stata quella che nel tempo ha maggiormente conservato e universalizzato questo nome.

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Storia

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Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Napoli.

Evo antico

Lo stesso argomento in dettaglio: Partenope (città antica).
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Vaso della civiltà del Gaudo.
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Ricostruzione verosimile in 3D di Neapolis greca.
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La sirena Partenope, mitica fondatrice e prima eponima della città di Napoli.

Il sito preciso in cui si sviluppò la città, ossia la collina di Pizzofalcone e le aree limitrofe, fu frequentato e abitato sin dal Neolitico avanzato. Tuttavia, la sequenza cronologica sembra interrompersi all’inizio dell’Età del Ferro,[N 7] per poi riprendere con la fondazione di Partenope come epineion cumano (approdo e avamposto),[7] alla fine dell’VIII secolo a.C.[65] La documentazione archeologica più antica di Partenope, tuttavia, risale al terzo quarto dello stesso secolo, ossia tra il 750 e il 720 a.C.,[9][10] coeva alle prime fasi di Pithecusa e Cuma.[10] Il campione di reperti più antichi attualmente disponibile è troppo limitato per stabilire se la fondazione risalga effettivamente al Tardo geometrico I.[11]

Dopo la sua fase iniziale come semplice avamposto, Partenope si sviluppò precocemente, distinguendosi progressivamente dalla sua città madre (Cuma) e entrando in diretta concorrenza con essa, come dimostrato dalla tradizione storica e confermato dalle scoperte archeologiche.[14][N 8]

Alla fine del VI secolo a.C., Partenope viene rifondata come Neapolis,[17][67] evento attribuito all'arrivo dell'aristocrazia cumana espulsa da Cuma dal tiranno Aristodemo dopo la vittoria di Aricia (505 a.C.) o nel turbolento clima politico che precedette la sua tirannide.[14] Questo segnò una trasformazione significativa dell'insediamento preesistente. Neapolis divenne gradualmente una delle città più influenti della Magna Grecia e costituì la principale fonte tramite la quale la "grecità" alimentò la nascente cultura romana.[N 9]

La Nuova Città, infatti, seppe già a partire dalla prima metà del V secolo a.C. non solo sostituirsi a Cuma nei commerci marittimi, ma anche assumere il controllo del golfo, che da cumano divenne il Golfo Neapolitano;[68] con l'arrivo del navarca ateniese Diotimo, Neapolis raggiunse il culmine della sua influenza nel periodo della Magna Grecia, acquisendo un ruolo sempre più egemone sul litorale campano e una crescente proiezione "internazionale" nel Mediterraneo.[69]

Per la sua posizione strategica, nel 326 a.C., Neapolis si arrese ai Romani, ma riuscì a mantenere l'eredità civile dei suoi fondatori fino al Medioevo,[70] guadagnandosi il titolo di «metropoli dell’ellenismo d’Occidente».[71] Sebbene devastata nell'82 a.C. dai partigiani di Silla, durante l'ultimo secolo della Repubblica romana e sotto l'Impero romano, Neapolis subì una trasformazione: da città mercantile si evolse in una città di otia (cioè luogo di svago) per l'alta società romana.[65] Ebbe importanti scuole, come quella di Filodemo di Gadara e Sirone, nelle quali studiarono Virgilio e Orazio,[18] e fu sede dei Giochi Isolimpici (ossia come quelli di Olimpia), che acquisirono un prestigio pari a quello degli eventi più famosi del mondo greco, come quelli di Olimpia o Delfi,[22] ai quali assistettero o parteciparono anche alcuni imperatori[65] come Augusto e Tito.[22]

Tra il 161 e il 180 d. C., la città ottenne, forse per decisione dell'imperatore Marco Aurelio, il nome di Colonia Aurelia Augusta Antoniniana Felix Neapolis, ottenendo così il riconoscimento ufficiale dello status di colonia.

Età medievale

Il Ducato di Napoli

Lo stesso argomento in dettaglio: Ducato di Napoli.
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Il ducato autonomo di Napoli, formalmente provincia bizantina sopravvissuta fino al 1139.

Nel 536 Napoli fu conquistata dai Bizantini durante la guerra gotica e rimase saldamente in mano all'Impero bizantino anche durante la susseguente invasione longobarda, divenendo in seguito ducato autonomo. Il primo duca di Napoli, secondo la tradizione, sarebbe stato Basilio, nominato nel 660-61 dall'imperatore bizantino Costante II,[72] anche se è probabile che egli fosse stato preceduto da altre persone con stesse mansioni, le quali erano comunque espressione delle cosiddette "famiglie magnatizie" cittadine. La vita del ducato fu caratterizzata da continue guerre, principalmente difensive, contro i potenti principati longobardi vicini e i conquistatori musulmani (genericamente definiti Saraceni), provenienti per lo più dal Nordafrica o dalla Sicilia, che era stata conquistata dagli Arabi-Aghlabidi a partire dall'827. Celebre è a quest'ultimo proposito la battaglia navale di Ostia dell'849.[73]

L'avversione tra il cristianesimo e l'islam, tuttavia, intravide già a Napoli ampi spazi di convergenza in vista di una proiezione più mediterranea che continentale del ducato.[74] I comuni interessi commerciali determinarono di fatto una sostanziale amicizia tra Napoli e il mondo arabo, tanto che si verificò il disinvolto impiego da parte napoletana (ma campana in genere, dovendosi comprendere in questo discorso anche Amalfi) di mercenari, per lo più assoldati nell'insediamento del Traetto (in arabo ribāṭ). Prolungato artefice di questa politica fu il vescovo di Napoli e duca Attanasio II, a dispetto della scomunica inflittagli da papa Giovanni VIII.

Il X secolo fu caratterizzato da una politica di neutralità, che mirò a tener fuori Napoli dai giochi che si svolgevano intorno a lei. Da ciò trassero giovamento sia l'economia, che la cultura, consentendo da un lato lo sviluppo delle industrie tessili[N 10] e della lavorazione del ferro; dall'altro, un proficuo scambio di materiale letterario e storico - sia religioso sia profano, sia greco sia latino - tra la città e Costantinopoli, da cui provenne ad esempio il greco Romanzo di Alessandro.[N 11]

Lo sviluppo del movimento iconoclasta da parte di Leone III l'Isaurico, e la conseguente disputa teologica tra quest'ultimo e Papa Gregorio II, ebbe come conseguenza il passaggio formale delle diocesi dell'Italia bizantina sotto l'autorità del patriarcato di Costantinopoli. Nei fatti, tuttavia, la disposizione di Leone III rimase inapplicata, e Napoli restò fedele all'autorità del Papa. Come ricompensa per la posizione assunta nella disputa, la città fu elevata al rango di provincia ecclesiastica intorno al 990, e Sergio II ne fu il primo arcivescovo.[75]

Nel 1030 il duca Sergio IV donò la contea di Aversa alla banda di mercenari Normanni di Rainulfo Drengot, che lo avevano affiancato nell'ennesima guerra contro il principato di Capua. Dalla base di Aversa, i Normanni acquisirono una propria struttura sociale e organizzativa e nel volgere di un secolo furono in grado di sottomettere tutto il meridione d'Italia, dando vita al Regno di Sicilia. Il Ducato di Napoli fu, comunque, l'ultimo territorio a cadere in mano normanna, con la capitolazione del duca Sergio VII nel 1137.

Il periodo normanno-svevo

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Sicilia.
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Statua marmorea di Federico II di Svevia, posta all'ingresso del palazzo Reale di Napoli.

Nel 1139, i Normanni conquistarono definitivamente la città e il ducato entrò a far parte del territorio del Principato di Capua, nel neonato Regno di Sicilia. Sebbene Ruggero II avesse scelto Palermo come capitale, Napoli — già un centro di spessore sin dal VII secolo,[76][77] come attestano le evidenze archeologiche che indicano la conservazione della sua fisionomia urbana in un contesto di diffusa ruralizzazione nell’Occidente altomedievale,[78] e come conferma il suo ruolo di vicecapitale dell'Esarcato d'Italia sotto Costante II[79] — tra il X e il XII secolo si trasformò progressivamente in un notevole polo mercantile. Nel XII secolo, grazie alla crescita delle attività commerciali, alla vitalità del porto e all’aumento dei flussi monetari, la città superò centri come Amalfi e Salerno, storicamente più consolidati nel commercio mediterraneo. Questa espansione economica e strategica preparò il terreno per la sua successiva ascesa politica, che si concretizzò con la scelta di Napoli come capitale sotto la dominazione angioina.[80][81]

Quando il Regno di Sicilia passò agli Svevi, sotto la dinastia degli Hohenstaufen, Napoli fu compresa nel giustizierato di Terra di Lavoro. Federico II di Svevia, pur preferendo Palermo ma anche la Capitanata come sedi della corte,[82] istituì nel 1224 a Napoli l’Università, destinata a formare la classe dirigente dello Stato. Tale scelta fu dovuta, tra le altre cose, alla sua posizione geografica, poiché il nuovo Studio avrebbe dovuto essere un centro di richiamo non solo per il Regno di Sicilia, ma anche per il Sacro Romano Impero.[83] L'Università, il più antico istituto europeo del suo genere, fu concepita come scuola indipendente dal potere papale.

La città, tuttavia, manifestò più volte ostilità nei confronti degli eredi dell’imperatore, Corrado IV e Manfredi, tanto che Corrado ordinò la demolizione di parte delle mura cittadine e trasferì temporaneamente la sede dell'università a Salerno. Quest'ultima fu riportata a Napoli nel 1258. La fedeltà mostrata al papato fu ricompensata con l’ultimo soggiorno di Innocenzo IV nella città, da ottobre a dicembre del 1254, prima della sua morte.

Il periodo angioino

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Napoli.
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Roberto il Saggio

Napoli entrò a far parte del regno angioino grazie alle vittorie di Carlo I d'Angiò su Manfredi di Svevia nella battaglia di Benevento nel 1266, e su Corradino di Svevia nella Battaglia di Tagliacozzo nel 1268. Durante il regno di Carlo II d'Angiò furono formalmente istituiti i Sedili, organi amministrativi suddivisi per zone della città, la cui origine risale alle fratrie dell'epoca greca e alla Magna cura Regis. Questi rimarranno attivi fino al XIX secolo.

In seguito alla rivolta scoppiata in Sicilia nel 1282 (i Vespri siciliani), causata anche dal trasferimento ufficiale della capitale del Regno di Sicilia da Palermo a Napoli nel 1266,[84] e al successivo passaggio dell’isola sotto il dominio aragonese, Napoli divenne la capitale del Regno di Napoli. A succedere a Carlo I fu il figlio Carlo II, e in seguito il nipote Roberto d'Angiò, detto "il Saggio", che rese Napoli uno dei principali centri culturali d'Europa e del Mediterraneo (per approfondire, vedi protoumanesimo angioino). In questo periodo soggiornarono in città personalità come Francesco Petrarca, Simone Martini, Giotto (che vi fondò una scuola pittorica giottesca tra le più importanti d’Italia) e Boccaccio, che nella basilica di San Lorenzo Maggiore conobbe Fiammetta, ovvero Maria d’Aquino, e in seguito rimpiangerà gli anni trascorsi alla corte napoletana. Nel 1343 successe a Roberto la nipote Giovanna I di Napoli, mentre nel 1382 salì al potere la linea degli Angioini di Durazzo con Carlo di Durazzo, Ladislao I di Napoli e Giovanna II di Napoli.

Tra gli eventi più significativi del periodo angioino si ricordano la decapitazione del giovane Corradino di Svevia nel 1268, il maremoto del 1343 (che diede il colpo di grazia ad Amalfi), il primo tentativo di riunificazione politica d’Italia sotto Ladislao di Durazzo, e gli assedi alla città durante le lotte per la successione di Giovanna II d’Angiò tra Renato d’Angiò e Alfonso V d’Aragona, fino a quando quest’ultimo, nel 1442, penetrò nella città attraverso un acquedotto e la occupò definitivamente.

Età moderna

Il Regno aragonese Utriusque Siciliae

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Napoli nel Quattrocento (Tavola Strozzi)

Il sovrano Alfonso il Magnanimo, nonostante il conflitto interno fra la monarchia e i baroni, che si manifestò in episodi drammatici come la congiura dei baroni sotto il regno del figlio Ferdinando I di Napoli, privilegiò la città, facendone la capitale del suo Impero[85] mediterraneo.[86] Il periodo alfonsino e quello dei suoi successori fu caratterizzato dall'ampliamento del perimetro della città e dalla costruzione di una possente cinta muraria con ventidue torri cilindriche. In questo periodo furono anche costruiti importanti monumenti cittadini, come l'arco del Maschio Angioino (iniziativa che diede origine al cosiddetto clima dell'Arco), palazzo Diomede Carafa, palazzo Filomarino, porta Capuana, palazzo Como e la scomparsa villa di Poggioreale, che diverrà un paradigma per numerose ville, anche oltre i confini italiani.[87]

Anche il clima culturale conobbe un notevole incremento, grazie al grande impulso dato da Alfonso alla biblioteca cittadina e alla fondazione dell'Accademia Pontaniana. Le grandi somme profuse nella promozione della cultura diedero impulso ad un fiorire di attività, che resero Napoli protagonista dell'Umanesimo.[88]

Il Viceregno spagnolo

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Pedro Álvarez de Toledo. Dipinto di Tiziano.

A partire dal 1501, a causa delle Guerre d'Italia, che sconvolsero la geopolitica europea, il Regno di Napoli perse la sua indipendenza. Dopo la marcia su Napoli di Carlo VIII di Francia e la successiva occupazione francese, nel maggio del 1503 il regno passò sotto la dominazione spagnola e, per oltre due secoli, fu governato da un viceré al servizio della corona. In questo periodo, tuttavia, la città non cadde mai in una condizione provinciale;[82][89] le sue dimensioni monstre,[89] la vivacità interculturale[90] e l'anticurialismo tipici della Napoli spagnola ne fecero, effettivamente, uno dei massimi centri dell'Impero.[31] Napoli era di fatto una capitale imperiale grazie alla sontuosa corte vicereale, considerata da molti la più grandiosa tra i domini della corona spagnola, con Castel Nuovo, il Palazzo vicereale e il nuovo Palazzo Reale, che dovevano trasmettere l'idea di dignità regale. La corte, con il suo imponente apparato e un consistente numero di funzionari, integrava l’aristocrazia napoletana nelle élite della Monarchia e assicurava continuità e contiguità con Madrid. Attraverso cerimonie e feste, compensava l’assenza fisica del sovrano e definiva l’identità di Napoli come capitale, pur restando una “capitale senza Re”, poiché il sovrano risiedeva altrove.[91] Inoltre, Napoli fu chiamata a contrastare l'espansionismo dell'Impero ottomano nel Mediterraneo centro-occidentale e, soprattutto, a fungere da retrovia dell'azione spagnola nella valle padana,[92] configurandosi come un presidio militare di primaria importanza per la Monarchia spagnola, sia nella difesa del Mediterraneo sia nell’organizzazione delle campagne militari europee.[91]

Del suddetto periodo è possibile riscontrare prestiti lessicali da adstrato nella lingua napoletana,[93] oltre ad ampliamenti dell’assetto urbanistico della città, che raddoppiò il proprio perimetro, assistette all’apertura di via Toledo e alla costruzione dei cosiddetti quartieri spagnoli, realizzati dagli architetti Giovanni Benincasa e Ferdinando Manlio su richiesta dell’allora viceré Pedro de Toledo.

Durante la guerra di successione spagnola l'Austria conquistò Napoli (1707), ma la mantenne per pochi anni, fino al 1734, quando il regno fu occupato da Carlo di Borbone, che vi ricostituì uno Stato indipendente comprendente tutto il sud Italia e la Sicilia.

Il periodo borbonico e la parentesi francese

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno delle Due Sicilie e Risorgimento.
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Dipinto di Ferdinando II re delle Due Sicilie; metà del XIX secolo.

Sotto Carlo III di Borbone, la città vide una serie di grandiose opere architettoniche ed archeologiche grazie alle quali divenne una eccelsa capitale europea[94]. Si affermò inoltre come uno dei più importanti centri illuministi d'Europa[95] e una delle principali mete del Grand Tour.

Con la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, Napoli vide la nascita di una repubblica giacobina affogata nel sangue dalla successiva restaurazione borbonica. Nel 1806 fu conquistata dalle truppe francesi condotte da Napoleone Bonaparte che affidò il regno a suo fratello Giuseppe e in seguito a Gioacchino Murat, che non riuscì ad unificare prematuramente la penisola ma risvegliò il sentimento nazionale attraverso il Proclama di Rimini.[96] Nel 1815 con la definitiva sconfitta di Napoleone e il Congresso di Vienna Napoli ritornò nuovamente ai Borbone. Durante il periodo francese, numerose furono le spoliazioni napoleoniche di opere d'arte a Napoli.

Il 1820 in Europa fu l'anno delle agitazioni contro l'assolutismo monarchico, e a Napoli queste si manifestarono nella rivolta capitanata dal generale Guglielmo Pepe. Intimorito da ciò, Ferdinando I acquisì un comportamento ambiguo, elargendo dapprima la Costituzione, e chiedendo poi l'aiuto austriaco, per poterla ritirare e reprimere l'opposizione.[97] Tale atteggiamento si ripeté nei moti del 1848 quando, dopo l'ennesima insurrezione, Ferdinando II concesse una carta costituzionale, per poi sciogliere il Parlamento e reprimere la rivolta nel sangue, ripristinando l'assolutismo.[97][98] Altresì, in questo periodo la città vide numerosi impulsi in molti settori.[99]

La città fu colpita, come il resto d'Europa, da epidemie di colera che provocarono più di 20.000 morti tra 1835-37 e tra 1854-55; sfociando anche in sommosse.[100]

Nel 1860 il Regno delle Due Sicilie fu oggetto della spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi e successivamente invaso dal Regno di Sardegna. Francesco II di Borbone abbandonò Napoli ripiegando a Gaeta insieme a parte dell'esercito borbonico per «garantirla dalle rovine e dalla guerra… risparmiare a questa Patria carissima gli orrori dei disordini interni e i disastri della guerra civile»,[101] e fu tentata una prima difesa con la battaglia del Volturno e quindi con l'assedio di Gaeta. A seguito della sconfitta delle truppe borboniche, Napoli fu annessa al nascente Regno d'Italia.

Età contemporanea

«Andando a Firenze, dopo due anni, dopo cinque, anche dopo sei se volete, potremo dire addio ai fiorentini e andare a Roma; ma da Napoli non si esce; se vi andiamo, saremo costretti a rimanerci. Volete voi Napoli? Se ciò volete, badate bene, prima di prendere la risoluzione di andare a stabilire la capitale a Napoli, bisogna prendere quella di rinunziare definitivamente a Roma.»

Nel 1864, il Regno d'Italia fu costretto, dalla Convenzione di settembre con il Secondo Impero francese di Napoleone III, a spostare la capitale da Torino.[103] Tra i motivi dello spostamento vi furono quelli militari: Napoli venne considerata la città favorita, assieme a Firenze (la prima era 'protetta' dal Mar Tirreno, la seconda dall'Appennino).[104] La città partenopea, per ragioni politiche, venne considerata dalla maggioranza del gabinetto una candidata particolarmente adatta, ma non ottenne l'appoggio del re, che ritenne Firenze una città più consona ad un ruolo di capitale temporanea[105]. Questa scelta venne confermata dal comitato di cinque generali incaricato di decidere, poiché Napoli non sarebbe stata abbastanza difendibile, considerato che la flotta italiana non era equiparabile a quella francese o inglese.[106]

Le difficoltà derivanti dalla perdita del suo precedente e secolare ruolo di capitale, unite al nuovo sistema fiscale e doganale nazionale ereditato da quello piemontese,[107] determinarono una profonda crisi sociale e industriale, denunciata anche dalla scrittrice Matilde Serao ne Il ventre di Napoli e Il paese di cuccagna.[108]

Le condizioni così difficili del comune più popoloso del Regno d'Italia (e lo sarà fino agli anni trenta del Novecento, quando sarà superato dapprima da Milano e poi da Roma)[109][110], determinarono, alla fine del XIX secolo, una lunga e profonda trasformazione urbanistica, influenzata notevolmente dal grande piano di ristrutturazione di Parigi sotto il Secondo Impero.[111] In questo periodo furono demoliti numerosi fabbricati e monumenti, furono costruiti nuovi quartieri, piazze e edifici, e furono aperte arterie come via Duomo, il Rettifilo, via Francesco Caracciolo, via A. Depretis e viale Gramsci. Questo frangente storico coincise anche con la nascita di numerosi café-chantant e con lo sviluppo di un dinamico ambiente culturale e sociale, che vide esponenti del calibro di Benedetto Croce.[112]

L'11 marzo 1918, nel corso del primo conflitto mondiale, pur trovandosi molto distante dalla zona di conflitto, la città fu bombardata dal dirigibile tedesco L.58 o LZ 104, partito da una base bulgara, causando almeno 20 morti ed oltre 100 feriti tra la popolazione civile[113][114].

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Galleria Umberto I

Nei primi anni venti del XX secolo, Napoli fu sede di uno dei più importanti Fasci di Combattimento italiani con a capo Aurelio Padovani; il 24 ottobre 1922 la città fu teatro della grande adunanza di camicie nere che fu la prova generale della Marcia su Roma.[115]

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Uno «scugnizzo» armato durante le Quattro giornate di Napoli.

Con lo spostamento del baricentro politico ed economico del paese verso il Mezzogiorno,[116] Mussolini riservò a Napoli il ruolo di città porto dell'Impero coloniale italiano,[117][118] motivo per cui vide nuovamente un profondo rinnovamento urbanistico.[119] Casi emblematici di questo cambiamento furono la costruzione della Mostra d'Oltremare e del primo passante ferroviario di penetrazione urbana sotterraneo d'Italia, noto come "metropolitana FS", con la tratta Napoli-Pozzuoli.[120]

Proprio per il suo ruolo Napoli fu, durante la seconda guerra mondiale, la città italiana che subì il numero maggiore di bombardamenti, circa duecento.[121] Dopo la resa del Regno d'Italia agli Alleati, avvenuta l'8 settembre 1943, Napoli fu teatro di una storica insurrezione popolare nota come le Quattro Giornate (27-30 settembre 1943) che, coronata dal successo, diede impulso alla Resistenza italiana dei partigiani contro i nazifascisti.[122] Sconvolta dai numerosi bombardamenti, dal disastro della nave Caterina Costa e dall'occupazione tedesca in ritirata, Napoli fu la prima grande città ad essere governata dagli anglo-americani durante il secondo conflitto mondiale. Pur restando estromessa dal Regno del Sud, nell'inverno 1943-44 e nella primavera seguente, Napoli rivestì il ruolo di maggiore crocevia politico delle terre liberate dagli anglo-americani.[123]

Durante il secondo dopoguerra, vi fu il referendum per decidere tra monarchia e repubblica, e nella circoscrizione di Napoli ben 904 000 furono a favore della prima.[124] Pochi giorni dopo, fu Enrico De Nicola, napoletano, ad essere eletto primo presidente della Repubblica.

Gli anni del miracolo economico ebbero rilevanti effetti anche sulla città, ma, allo stesso tempo, coincisero anche con la nascita di una Napoli capitale della speculazione edilizia, che fu simbolicamente descritta nel celebre film Le mani sulla città di Francesco Rosi. In questo periodo la città si espanse in tutte le direzioni, anche oltre gli obsoleti confini comunali, portando alla nascita dell'agglomerato urbano che oggi conosciamo.[125] Nello stesso periodo la città vide nascere anche un'attività cinematografica molto intensa, sia a livello nazionale che internazionale.[126]

Il terremoto dell'Irpinia del 1980 fece sentire i suoi effetti anche a Napoli, dove nella zona orientale crollò un edificio, causando la morte di 52 persone. Da una situazione economica e sociale così difficile, il settore turistico subì un'ulteriore flessione e fu la camorra a espandersi.[127] Negli anni 1982-84, a ovest della metropoli, i Campi Flegrei subirono una seconda crisi bradisismica, dopo quella del 1970, che provocò un esodo di massa, soprattutto a Pozzuoli, dove parte della popolazione trovò rifugio nella nuova zona urbana di Monterusciello.[128] La crisi bradisismica venne avvertita anche dagli stessi quartieri occidentali del comune di Napoli, come Bagnoli e Pianura.

Nel 1994 ebbe inizio la crisi dei rifiuti in Campania, dichiarata ufficialmente con la proclamazione dello stato di emergenza da parte del governo italiano, e destinata a protrarsi ciclicamente fino al 2012.[129] Nello stesso anno, l'8 e il 9 luglio, Napoli ospitò il vertice del G7, alla presenza dei capi di Stato e di governo delle principali economie industrializzate.[130] Qualche mese più tardi, nel novembre 1994, la città fu anche sede della Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulla criminalità organizzata transnazionale, ospitata presso il Palazzo Reale, con la partecipazione del Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro.[131] Questi eventi costituirono una occasione di rilancio turistico, culturale e amministrativo della città.[132]

Nel 1995, dopo circa dieci anni di cantieri, venne completato il Centro Direzionale di Napoli, il primo gruppo di grattacieli dell'Europa meridionale.

Alla fine del 2007, ci fu una nuova e più grave crisi nella gestione dei rifiuti.[133] L'emergenza attirò l'attenzione delle principali testate internazionali e le immagini della città di Napoli ricoperta di rifiuti furono ampiamente diffuse attraverso le televisioni di tutto il mondo,[134] suscitando preoccupazione e indignazione internazionale.[135][136] L'emergenza fu da imputare a una commistione di errori tecnico-amministrativi e di interessi politici, industriali e malavitosi.[137] Nel frattempo, la città veniva anche scelta per ospitare la quarta edizione del Forum Universale delle Culture.[138]

Nel 2025, Napoli si è aggiudicata l'organizzazione della 38ª edizione della Coppa America di vela, che si terrà nel 2027, segnando la prima volta che la competizione avrà luogo in Italia.[139] Dal 4 al 6 giugno, ha ospitato la seconda edizione della "Conferenza di Napoli sul Patrimonio Culturale nel XXI secolo", promossa da Italia e UNESCO per promuovere strategie per la valorizzazione del patrimonio tangibile e intangibile.[140]

Capitale storica del Mezzogiorno, la Napoli contemporanea costituisce il centro di un’ampia area metropolitana e ha conservato un ruolo significativo, soprattutto in ambito culturale e diplomatico. La città ospita importanti musei e teatri, antiche e prestigiose università,[141] nonché la sede dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo,[49] un organismo internazionale con rappresentanza ONU.[142] Come altre città non capitali, quali Ginevra, Strasburgo o New York, Napoli ospita quindi un'organizzazione internazionale di rilievo[48] pur non essendo capitale di Stato.

Simboli

Lo stesso argomento in dettaglio: Stemma di Napoli.
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Logo della città di Napoli, con lo stemma rosso e oro posto in alto.

Lo stemma è stato riconosciuto con decreto del Capo del Governo del 13 gennaio 1941[143] e si compone di uno scudo sannitico diviso in due parti orizzontali di uguale altezza, quella superiore colorata d'oro e l'altra di rosso («troncato d'oro e di rosso»), sormontato da una corona turrita con cinque bastioni merlati visibili, di cui solo uno, quello centrale, dotato di porta d'ingresso. Secondo un'ipotesi, già dichiarata infondata dallo storico Bartolomeo Capasso,[144] l'oro simboleggia il sole, mentre il rosso la luna.[145][N 12]

Il gonfalone riprende i due colori dello stemma, oro e rosso, che occupano rispettivamente la metà superiore e la metà inferiore dell'intero drappo («troncato»), riprendendo simmetricamente la disposizione dei colori dello scudo araldico cittadino.[146]

Onorificenze

Napoli è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione; è stata, infatti, la prima grande città europea a liberarsi dall'occupazione nazi-fascista e quindi insignita della medaglia d'oro al valor militare per i sacrifici della popolazione e per le attività nella lotta partigiana durante la rivolta detta delle Quattro giornate di Napoli.

Medaglia d'Oro al Valor Militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Con superbo slancio patriottico sapeva ritrovare, in mezzo al lutto e alle rovine, la forza per cacciare dal suolo partenopeo le soldatesche germaniche sfidandone la feroce disumana rappresaglia. Impegnata un'impari lotta col secolare nemico offriva alla Patria, nelle "Quattro Giornate" di fine settembre 1943, numerosi eletti figli. Col suo glorioso esempio additava a tutti gli Italiani, la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria.[147][148]»
 Roma, 10 settembre 1944 (Concessa da: Vittorio Emanuele III di Savoia, Re d'Italia)
Croce d'Oro al Merito dell'Arma dei Carabinieri - nastrino per uniforme ordinaria
«Fedeli ai più alti valori di devozione alla patria, i napoletani legavano indissolubilmente il proprio destino a quello dei carabinieri, per contrastare le violenze dell'occupante straniero e respingendo dal suolo natio. Dal 27 settembre 1943 gli insorti sostenevano con indomito slancio i carabinieri di tutte le stazioni urbane della città nei molteplici scontri che si susseguirono all'assalto delle truppe naziste. In ogni quartiere, da Capodimonte al Mercato, alla Stella, a Chiaiano, all'Avvocata, all'Arenella, a San Carlo all'Arena, al Vomero, a Montecalvario, ovunque divampando la guerriglia, le azioni più ardite, condotte all'unisono, consentivano di interrompere le requisizioni e distribuire viveri alla popolazione affamata, riconquistare i serbatoi idrici e impedire la distruzione dei ponti, trarre in salvo concittadini e alleati. In tali gloriose gesta la città e l'Arma, avvinte nello stesso anelito di indipendenza, si consacravano alla storia, saldandosi in un fronte comune, baluardo esemplare di giustizia e libertà.[149]»
 Napoli, 27-30 settembre 1943
Medaglia d'Oro di Benemerenza per il Terremoto Calabro-Siculo - nastrino per uniforme ordinaria
«Per l'opera data in occasione del terremoto del 28 dicembre 1908[152]»
 Roma, 5 giugno 1910
Titolo di Città - nastrino per uniforme ordinaria
«Antico diritto»
 Napoli
Titolo di Città Fidelissima - nastrino per uniforme ordinaria
Titolo di Città Fidelissima[155][156]
«Concessa da: Ferdinando I Trastámara d'Aragona, Re di Napoli (26 settembre 1488); Carlo I d'Angiò; Carlo V d'Asburgo (1535, maggio 1547)»
 Napoli
Grandato di Spagna - nastrino per uniforme ordinaria
«[157]»
 Madrid, 19 luglio 1707 (Concessa da: Filippo IV Borbone, Re di Napoli e Re di Spagna)
Grandato di Spagna - nastrino per uniforme ordinaria
«Tenendo presenti li rilevanti meriti e servizi della mia fedelissima Città e Regno di Napoli, che viene adornato di tante speciali circostanze di rappresentazione, splendore, e lustro, e di tante celebri Città numerose di nobiltà, e antiche, e specialmente di Napoli sua Capitale, considerata degnamente per una delle maggiori insigne Città di Europa, sì per la sua situazione, magnificenza, e abbondanza, come per la moltitudine de' suoi abitatori, abitando in essa infinite famiglie nobili, delle quali alcune per retaggio ereditario godono la dignità di Grande di Spagna, e per la stimabila finezza, e amore, con cui ha corrisposta al mio Real servigio, ho firmato di bene di concedere a detta fedelissima Città di Napoli in perpetuo il Grandato di Spagna, unitamente alla Deputazione de' Capitoli, Privilegi, e Grazie; ed è mia volontà che goda ambedue perpetuamente con tutti gli onori, esenzioni, prerogative, e distinzioni, nella maniera che le hanno godute, e godono altre Città di questi Regni di Spagna; e ordino che si registri nella Camera di Castiglia questa Cedola.[158]»
 Madrid, 24 settembre 1711 (Concessa da: Filippo IV Borbone, Re di Napoli e Re di Spagna)
Grandato di Spagna - nastrino per uniforme ordinaria
«Yo por lo que el Rey tiene determinado recivo en mi proprio nombre vuestra obedencia, y os juro vuestros privilegios, y quelos observare.[159][160]»
 Maddaloni, 9 aprile 1734 (Concessa da:Carlo I di Borbone, Duca di Parma e Piacenza, Infante di Spagna)
Senato Cittadino - nastrino per uniforme ordinaria
«Volendo restituire al Corpo municipale della città di Napoli il lustro di cui era decorato l'estinto Senato della stessa città, e conciliare le sue onorificenze colle disposizioni della nostra legge de' 12 di dicembre 1816 sull'amministrazione civile [… omississ …] Abbiamo risoluto di decretare e decretiamo quanto siegue: Art. 1. Riconcediamo al Corpo Municipale della città di Napoli il titolo di Senato, e tutte le decorazioni e onorificenze, di cui godea prima della occupazione militare.[161]»
 Napoli, 7 febbraio 1817 (Concessa da: Ferdinando I di Borbone, Re delle Due Sicilie)
Distintivo d'Onore di Grande Mutilata - nastrino per uniforme ordinaria
«L'Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra consapevole delle sofferenze patite da Napoli, per le ferite subite dai bombardamenti, impavida sotto la spietata offesa nemica, consegna alle Autorità Cittadine il Distintivo d'Onore di Grande Mutilata.[162]»
 Roma, 9 maggio 1943 (Concessa da: Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra)
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Monumenti e luoghi d'interesse

Riepilogo
Prospettiva
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia dell'urbanistica e dell'architettura di Napoli.
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Una parte del centro storico (i decumani). In evidenza, il monastero di Santa Chiara, Spaccanapoli e il centro direzionale.

Napoli si presenta come un microcosmo della storia europea, intrecciando civiltà, popoli e culture che hanno lasciato un’impronta indelebile nel suo patrimonio artistico e monumentale, di valore universale senza pari.[163] La città è una delle più ricche al mondo di risorse culturali, artistiche e monumentali, tanto da essere definita dalla BBC come «la città italiana con troppa storia da gestire».[164][165] Il suo centro storico, risultato di millenni di evoluzione, ha esercitato una profonda influenza sull'Europa sin dai tempi più antichi.[163]

Architetture religiose

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Duomo di Santa Maria Assunta.
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Certosa di San Martino.

Gli edifici religiosi costituiscono una parte fondamentale del patrimonio monumentale di Napoli. La certosa di San Martino, eretta su maestose fondamenta gotiche che costituiscono di per sé un’importante opera architettonica,[166] è uno degli esempi più riusciti del Barocco. La Cattedrale di Napoli, ovvero il duomo di Santa Maria Assunta, è uno degli edifici più rappresentativi della città, ma accanto ad essa si trovano altre chiese di notevole valore storico e artistico, tra cui la chiesa dei Girolamini, la chiesa del Gesù Nuovo, la basilica di San Francesco di Paola, la basilica di San Domenico Maggiore, la basilica di San Lorenzo Maggiore, la basilica di Santa Maria del Carmine Maggiore e la basilica di Santa Chiara, nota per la sua navata di 45 metri, una delle navate più alte del mondo, così come per il suo complesso monumentale che include il chiostro maiolicato e il mausoleo di alcuni sovrani e personaggi storici.

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Chiesa della Trinità Maggiore.
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Basilica di Santa Chiara.

Napoli è celebre per il suo vasto patrimonio di chiese, cappelle e oratori, che costituiscono uno degli insiemi più numerosi al mondo.[167] Nel XVIII secolo, la metropoli partenopea era soprannominata "la città delle 500 cupole".[168] A tal proposito, un viaggiatore e scrittore del periodo riportava:

(francese)
«Ce qui nous a paru le plus extraordinaire à Naples, c'est le nombre et la magnificence de ses églises; je puis vous dire sans exagérer que cela surpasse l'imagination»
(italiano)
«La cosa che ci è sembrata più straordinaria a Napoli è il numero e la magnificenza delle sue chiese; posso dirvi senza esagerare che ciò oltrepassa l'immaginabile.»

Nonostante i restauri recenti (chiesa dei Girolamini, chiesa di San Carlo alle Mortelle, chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, Chiesa dell'Immacolatella a Pizzofalcone, Chiesa di Sant'Antonio a Port'Alba ecc.) e quelli in corso (chiesa di Santa Maria della Sapienza, chiesa di Santa Maria Maddalena delle Convertite Spagnole, Chiesa di Santa Croce e Purgatorio al Mercato, Chiesa di Santa Maria del Popolo agli Incurabili ecc.), molte chiese restano chiuse.[170] Questo riflette la complessa gestione e conservazione di un patrimonio così vasto, e non sempre è noto il numero esatto di edifici religiosi presenti sul territorio, influenzato da costi elevati e da alcuni interventi poco appropriati,[171] nonostante il valore artistico di edifici come la chiesa di Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli, la chiesa di Sant'Agostino alla Zecca e Santa Maria in Cosmedin, tra le più antiche della città. Numerosi anche le edicole sacre di Napoli, i chiostri monumentali e le aree cimiteriali, tra cui il cimitero di Poggioreale, uno dei più vasti d'Europa.

Architetture civili

Le singole voci sono elencate nella Categoria:Guglie, obelischi e colonne di Napoli.

Per il clima mite e la favorevole posizione naturale, nel corso dei secoli Napoli e i suoi dintorni sono stati scelti anche come luogo di villeggiatura. Con l'ascesa della città a capitale iniziarono a essere edificate dimore e palazzi nobiliari, residenze di aristocratici desiderosi di prender parte alla vita di corte. Come risultato, la città e il suo circondario (soprattutto lungo la costa vesuviana) furono arricchiti da centinaia di ville, tra le quali è doveroso ricordare villa Pignatelli, villa Carafa di Belvedere, villa Doria d'Angri, villa Rosebery, villa Floridiana, villa Rocca Matilde e villa Visocchi.

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Palazzo Reale.
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Reggia di Portici (nel comune confinante di Portici, ma parte integrante del piano urbanistico napoletano del XVIII secolo).[172]
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La Reggia di Capodimonte.
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L'Obelisco dell'Immacolata.
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La Fontana del Gigante.
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Galleria Umberto I.

L'edilizia civile in epoca altomedievale risentì ampiamente delle numerose guerre e dell'incertezza politica del periodo. L'Umanesimo invece lasciò numerose testimonianze, in particolare di artisti catalani, mentre a partire dal XV secolo più marcata fu l'impronta toscana, caratteristica dell'edilizia rinascimentale riletta in chiave locale. Furono gli anni in cui si ebbe la fioritura più cospicua di palazzi nobiliari, soprattutto grazie alle espansioni a ovest che portarono alla nascita di via Toledo.[173]

Al particolarmente prolifico periodo barocco, seguito dal neoclassico, risale invece la grande residenza regia della città: il Palazzo Reale. Il grande piano urbanistico di Carlo di Borbone coinvolse anche i territori fuori le mura, con la costruzione delle regge di Portici, Capodimonte e Caserta.[174] Sempre nel corso del XVIII secolo furono costruiti il teatro di San Carlo, il più antico al mondo ancora in attività e il più capiente in Italia,[175][176] e il real Albergo dei Poveri, paragonabile per dimensioni alla Reggia di Caserta. Dopo l'unità d'Italia, sul finire del XIX secolo, si avviò il grande progetto del risanamento di Napoli, che prevedeva l'abbattimento di intere aree e l'edificazione di nuovi edifici, anche di notevole pregio, come la galleria Umberto I.

Dopo il periodo razionalista, che vide sorgere importanti strutture, tra cui il nuovo palazzo delle Poste e il teatro Mediterraneo della Mostra d'Oltremare, negli anni Novanta fu inaugurata un'intera cittadella di grattacieli, la prima d'Italia e dell'Europa meridionale: il centro direzionale di Napoli di Kenzō Tange, alla cui realizzazione parteciparono architetti di fama internazionale. In anni recenti si ricorda invece la stazione di Napoli Afragola di Zaha Hadid, inclusa dalla BBC tra le migliori costruzioni al mondo del 2017.[177]

Gli obelischi della città, i più famosi dei quali sono l'obelisco dell'Immacolata, quello di San Domenico e di San Gennaro, risalgono al periodo compreso tra il medioevo e il barocco. La loro costruzione derivò dalle pratiche della chiesa di assegnare a ogni importante edificio di culto un elemento riconoscibile ai pellegrini, ma anche dalle feste pubbliche, durante le quali si soleva costruire torri lignee portate a spalla e fortemente decorate con cartapesta (tradizione che sopravvive con la Festa dei Gigli di Nola).

Napoli, sebbene molto meno rispetto al passato, è inoltre ricca di fontane: la fontana del Gigante, la fontana del Sebeto e la fontana del Nettuno sono importanti esempi di epoca barocca. La più vasta è invece la fontana dell'Esedra (900 ) di Carlo Cocchia e Luigi Piccinato, che si ispirarono alla settecentesca fontana della Reggia di Caserta.

Numerose anche le scale storico-monumentali della città, che superano le 200 e costituiscono un elemento distintivo dell'urbanistica partenopea. Vi sono esempi di varie forme e dimensioni disseminati su tutto il territorio del centro storico: tra le altre, la Pedamentina a San Martino, la scalinata del Petraio e la monumentale scalinata di Montesanto.

Architetture militari

Le singole voci sono elencate nella Categoria:Castelli di Napoli e Categoria:Torri di Napoli.
Lo stesso argomento in dettaglio: Mura di Napoli e Porte di Napoli.
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Port'Alba.
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Castel dell'Ovo.
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Maschio Angioino.

Sin dall'epoca greca le mura cittadine si estendevano su un tracciato quadrangolare, delimitato a nord dall'odierna via Foria, a sud dal corso Umberto I, ad ovest su via San Sebastiano e ad est su via Carbonara.[178] Queste saranno poi riprese anche in epoca romana,[179] costituendo quindi il centro antico della città. Delle modifiche furono compiute per accogliere i profughi dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e sotto Valentiniano III.[178]

Napoli ha visto l'avvicendarsi di diverse dinastie straniere, motivo per cui ha dovuto dotarsi di poderose fortificazioni: la più antica fu Castel dell'Ovo, costruito direttamente sul mare sulle vestigia della Villa di Licinio Lucullo, con funzione prettamente difensiva delle coste cittadine, in considerazione della sua posizione pressoché centrale. Nel 1153 fu eretto Castel Capuano, edificato per volere di Guglielmo I di Sicilia con lo scopo di proteggere l'entroterra e fungere da residenza reale.

In epoca angioina le mura si estendevano per circa 4,5 km, comprendendo un'area di circa 200 ettari e 30000 abitanti.[178] Il fossato a nord fu denominato carbonarius publicus in quanto vi venivano bruciati i rifiuti, quello a ovest Lavinaius in cui fluivano le acque piovane prima di gettarsi in mare. Ulteriori modifiche furono effettuate nel XIII secolo da Carlo I d'Angiò, in direzione della marina fino ad includere il Castel Nuovo, e nel 1484 dagli Aragonesi in direzione del Carmine fino all'omonimo castello.[180] In questa fase furono edificati altri tre castelli: il Maschio Angioino,[N 13] che assunse il ruolo di residenza reale, il Castel Sant'Elmo, che aveva una funzione di controllo della città grazie alla sua favorevole posizione in altura, e il Castello del Carmine.

Durante il vicereame spagnolo furono intrapresi nuovi lavori di murazione.[178] Nonostante il divieto di estendersi fuori le mura,[178] nel 1656 la città contava 450 000 abitanti (compresi i casali). Al periodo del viceregno, invece, risalgono il Castello di Nisida e il forte di Vigliena.[181] La caserma Garibaldi infine rappresenta l'ultima fortificazione, sorta poco prima l'unità d'Italia. Altri castelli, per lo più palazzi o monasteri fortificati, sono locati oltre le mura e nel suo circondario. Da segnalare anche i piccoli fortini daziari del muro finanziere, l'ultima cinta muraria che circondava la città ottocentesca, come quello in stile neogreco del ponte dei Granili.

Con lo sviluppo delle tecnologie belliche, le mura persero progressivamente valore fino a scomparire del tutto.

La cinta muraria originale era intervallata da una serie di torri, dapprima erette in tufo e poi in piperno e pietra lavica, accompagnate lungo il percorso da una serie di portali, dei quali sono ancora visibili testimonianze: porta Medina (1640) nell'attuale Montesanto, porta San Gennaro (1573) nell'attuale piazza Cavour, port'Alba (1625) nell'attuale piazza Dante e l'antica porta Capuana. Tra le torri sopravvissute si ricordano Torre Ranieri e Torre San Domenico.

Siti archeologici

Lo stesso argomento in dettaglio: Siti archeologici a Napoli.
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Il parco archeologico di Posillipo.
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Crypta Neapolitana.
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Colonne superstiti del tempio dei Dioscuri (Foro di Neapolis)

L'attuale forma del centro antico rispecchia ancora la rielaborazione dell'antico tracciato viario, costituendo uno dei più importanti siti archeologici greci ancora in uso da circa 2600 anni. La Napoli greca, oltre all'impianto urbano, ci ha lasciato preziosi resti, come mura, torri di difesa, templi (compresa la tazza di porfido proveniente dal tempio di Era di Poseidonia), cunicoli e ambienti del sottosuolo.

Più numerose sono le rovine risalenti al periodo romano, tra le quali i resti di mercati come quello di San Lorenzo Maggiore, aree termali come quella di Santa Chiara, cryptae, mura, acquedotti, passaggi sotterranei (avviati dai Greci, ma ampliati dai Romani) e reperti archeologici di vario genere.

Tra le rovine di epoca romana visitabili in città rientrano quelle del parco archeologico di Posillipo, che comprende anche il parco sommerso di Gaiola.

La Napoli sotterranea occupa un'enorme estensione (circa 900000  di cavità artificiali).[182] Tra questi ambienti del sottosuolo, è possibile ammirare anche i resti del teatro romano di Neapolis, in cui si esibiva anche Nerone. Porzioni dello stesso teatro sono visibili all'esterno, lungo i decumani. Come testimonianza della Napoli antica, vi sono anche luoghi di culto e sepolture sotterranee: le più famose sono le catacombe cristiane, ma ne esistono esempi legati al periodo greco e preellenico.

Il parco archeologico di Ercolano, pur essendo situato al di fuori dei confini amministrativi di Napoli, rappresentava in epoca romana un importante sobborgo della città, parte di un vasto sistema urbano che si estendeva oltre i suoi confini.[183]

Aree naturali

Lo stesso argomento in dettaglio: Golfo di Napoli.
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La baia di Trentaremi lungo la costa di Posillipo.
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Il parco nazionale del Vesuvio.
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Veduta del parco regionale dei Campi Flegrei (in evidenza Nisida, Capo Miseno, Procida e Ischia).

Napoli, oltre a possedere un patrimonio storico, monumentale, artistico, archeologico e culturale di livello mondiale, vanta anche un patrimonio naturalistico paragonabile a quello di Rio de Janeiro,[184] tanto che su questo elemento distintivo è nato il celebre detto popolare: «Vedi Napoli e poi muori».[N 14]

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Cartolina di Giorgio Sommer (fine Ottocento) con il celebre “pino di Posillipo”, la cui chioma delimitava a occidente il panorama cittadino, contrapposta al pennacchio del Vesuvio a levante.

Dal belvedere di Posillipo si apre una delle vedute più celebri del golfo di Napoli, resa iconica dal cosiddetto “pino di Posillipo”, soggetto di numerose rappresentazioni pittoriche e fotografiche tra Ottocento e Novecento; l’esemplare originario, ammalato, venne abbattuto nel 1984.[185]

La città possiede una moltitudine di aree verdi libere: il parco di Capodimonte, una vasta distesa di verde che circonda diversi fabbricati settecenteschi e in particolare l'omonima reggia, la Villa Reale (oggi meglio conosciuta come Villa Comunale), un giardino urbano di circa un chilometro e mezzo opera di Carlo Vanvitelli, il parco Vergiliano a Piedigrotta, una piccola area verde in cui secondo la tradizione popolare è custodito il sepolcro di Virgilio, o ancora la villa Floridiana, il real orto botanico e il parco regionale dei Campi Flegrei.

Una veduta particolarmente suggestiva è offerta dal parco Virgiliano a Posillipo, posizionato su uno punto che permette di osservare contemporaneamente tutta la baia di Napoli.

Sulla collina dei Camaldoli inizia invece il parco Metropolitano delle colline di Napoli (2215 ettari), il quale occupa un quinto dell'intera superficie comunale fino al parco del Poggio ai Colli Aminei.

Oltre agli spazi verdi Napoli è caratterizzata anche da aree marine protette, come Nisida, cala Badessa e la Gaiola, quest'ultima un raro esempio nel Mediterraneo di parco archeologico sommerso a causa del fenomeno del bradisismo.

Posto a pochissima distanza dalla zona est, si ricorda infine il vulcano Vesuvio, simbolo per eccellenza della città,[186] il cui parco è stato inserito dall'UNESCO tra le riserve mondiali della biosfera.

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Società

Riepilogo
Prospettiva

Evoluzione demografica

Nel primo censimento dello Stato unitario (1861), Napoli era il comune più popoloso d'Italia e tra i primi in Europa. Cedette negli anni '30 del '900 il primato a Milano (1931), poi a Roma (1936). Annoverando anche i pendolari (circa 200 000, ben il 20% in rapporto alla popolazione residente)[187] che ogni giorno si riversano in città, il numero di persone presenti sul territorio del comune cambia considerevolmente. Tuttavia, analogamente a quanto accade in altre città europee, come ad esempio Francoforte sul Meno, Napoli presenta un comune non particolarmente popolato (il diciottesimo dell'Unione europea), ma un'area metropolitana tra le più popolose d'Europa.

Abitanti censiti in migliaia[189]

Abitanti censiti in migliaia[178][190]

Etnie e minoranze straniere

Al 31 dicembre 2023 a Napoli risultavano residenti 58 044 cittadini stranieri (6,35% della popolazione complessiva).[191] Le nazionalità principali erano:[192]

Lingue e dialetti

Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua napoletana, Dialetto napoletano e Dialetti campani.
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Giambattista Basile, uno dei primi scrittori e letterati in lingua napoletana.

La lingua napoletana è un idioma neolatino del gruppo italo-romanzo, sottogruppo meridionale intermedio, parlato a Napoli nella variante diatopica locale detta dialetto napoletano (napulitano).

Nel tempo ha ricevuto influenze di adstrato da bizantini, longobardi, normanni, francesi e spagnoli. Le prime testimonianze scritte risalgono al 960 con il Placito di Capua. La prima opera in prosa, i Diurnali attribuiti a Matteo Spinelli, è oggi ritenuta inautentica.

Dal 1442, per volere di Alfonso V d'Aragona, il napoletano letterario divenne lingua ufficiale della cancelleria reale, sostituendo in parte il latino, fino al 1501[193]. Fu poi sostituito dal volgare toscano (italiano), su impulso dell’Accademia Pontaniana e in via definitiva nel 1554 da Girolamo Seripando[194]. L’italiano fu così adottato da tutti gli Antichi Stati italiani preunitari, tranne che nel Regno di Sardegna insulare, dove divenne ufficiale solo nel XVIII secolo[195].

Nel XVII secolo, a Napoli, l’italiano era la lingua più usata nella stampa (53,6% dei libri), seguito dal latino (38,8%) e solo marginalmente dal napoletano (meno dell’1%)[196].

Nonostante ciò, il napoletano conservava un ruolo primario nell’uso orale, coesistendo con l’italiano in regime di diglossia[197].

Tra gli autori in volgare napoletano si ricordano Giulio Cesare Cortese (Vaiasseide) e Giambattista Basile (Lo cunto de li cunti), reso celebre anche dalla traduzione di Benedetto Croce, che ha donato al mondo l’immaginario popolare delle odierne "fiabe classiche".[198]

Cortese e Basile posero le basi della dignità letteraria della lingua napoletana moderna, sviluppatasi nei secoli seguenti con autori come Salvatore di Giacomo, Edoardo Nicolardi e Libero Bovio, e divenuta elemento distintivo del teatro napoletano, della canzone classica napoletana e della scuola musicale partenopea.

Religione

Lo stesso argomento in dettaglio: Arcidiocesi di Napoli.
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Busto reliquiario di San Gennaro, conservato presso la Reale cappella del Tesoro di San Gennaro.

Luogo di approdo dell'apostolo Pietro in Italia,[199] Napoli fu uno dei primi luoghi del cristianesimo in Occidente.[N 15]

Le prime catacombe partenopee,[N 16] risalenti al II e al III secolo d.C., non furono adibite al culto, ma utilizzate solo per usi funebri, secondo quanto stabiliva la legge romana.[200]

L'evangelizzazione della città si sviluppò nei primi secoli dell'era cristiana,[N 17] mentre la latinizzazione dei riti avvenne nel XII secolo, soprattutto per volontà di Ruggero II il normanno. Per molti secoli le basiliche maggiori ospitarono i sedili di Napoli, organi amministrativi cittadini cui si deve, tra l'altro, l'opposizione all'istituzione del locale tribunale dell'Inquisizione (1547).

La città, escludendo i quartieri occidentali afferenti alla diocesi di Pozzuoli, rientra nell'arcidiocesi di Napoli, retta dall'arcivescovo Domenico Battaglia.[201] È organizzata in base a 13 decanati, con 500 luoghi di culto di cui 189 parrocchiali.[202]

In ambito islamico, presenze musulmane all'interno della città partenopea, anche se sporadiche, si ebbero fin dal IX secolo, per effetto dei rapporti commerciali instaurati dai napoletani con i mercanti arabi.[203] La diffusione dell'islam avvenne in concomitanza con i flussi migratori degli anni Ottanta del Novecento, periodo in cui sorsero le prime due moschee a piazza Garibaldi e piazza Municipio.[N 18] Una terza moschea fu successivamente aperta in piazza Mercato.[204] Quest'ultima, all'indomani degli attentati delle Torri Gemelle del 2001, redasse con la Diocesi di Napoli una dichiarazione comune "Salam alaikum – Pax Vobiscum", nella quale si confermarono i principi di reciproco rispetto e buona convivenza.[204] Ad oggi la presenza islamica in città registra una significativa evoluzione,[205] come attesta il docufilm "Napolislam" del 2015, vincitore del Biografilm Festival.

Infine, sono presenti anche una chiesa evangelica, una basilica anglicana e una comunità ebraica.

Tradizioni e folclore

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Un vicolo tipico del centro storico di Napoli.

La ricca tradizione popolare e la cultura millenaria di Napoli hanno generato un forte sentimento di napoletanità, che racchiude usi, credenze e identità del popolo partenopeo. Questi tratti, spesso pittoreschi e talvolta caricaturizzati, esprimono un senso di appartenenza radicato, riflesso del contesto folcloristico e culturale regionale, e talvolta nazionale.[206]

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Il rito dello scioglimento del sangue di San Gennaro.

Il vasto bagaglio culturale, che spazia dalla musica alla cucina, dai riti sacri alle credenze mistiche, fa sì che alla città vengano associati diversi stereotipi, talvolta estesi all'intera nazione. Pizza, sole, tarantella e mandolino, quattro simboli di Napoli,[N 19] sono infatti annoverati e riconosciuti come classici emblemi italiani nell'immaginario collettivo internazionale, in alcuni casi anche con accezione negativa.

Numerose sono le parole o le immagini che sintetizzano e rappresentano l'identità stereotipata napoletana: il Vesuvio; il corno o il munaciello, che simboleggiano la superstizione popolare; la mozzarella, tra i simboli della cucina napoletana e italiana; la tombola[207], tipico gioco natalizio accompagnato dalla smorfia napoletana,[207] altra invenzione popolare partenopea associata anche al gioco del lotto; Pulcinella, una delle maschere italiane più famose. Infine vi è l'iconografia classica del vicolo napoletano, dominato dai bassi e dai panni stesi al sole lungo la strada.[206]

Tra i riti religiosi, invece, dominano la storica arte presepiale napoletana[207] per rappresentare la scena della natività, il miracolo di San Gennaro, testimonianza della devozione religiosa popolare al santo patrono, e infine il culto della Madonna dell'Arco.[208]

Istituzioni, enti e associazioni

Lo stesso argomento in dettaglio: Ospedali di Napoli.
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Il polo universitario di San Giovanni a Teduccio che ospita la Apple Developer Academy e la Cisco Networking Academy.

Napoli, capoluogo della città metropolitana di Napoli e della regione Campania, ospita gli organi di governo locali, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che opera a livello nazionale come ente indipendente, e Villa Rosebery, residenza estiva del Presidente della Repubblica.

Napoli non si limita tuttavia al ruolo di capoluogo regionale e sede di istituzioni nazionali, ma si distingue anche a livello internazionale: è sede dell'Assemblea Parlamentare del Mediterraneo (PAM) e, sebbene il quartier generale dell'Allied Joint Force Command Naples della NATO si trovi dal 2012 a Giugliano in Campania, che fa comunque parte della città metropolitana di Napoli, per motivi logistici,[209] il nome 'Naples' rimane legato a questo ente, mantenendo Napoli come sua sede simbolica. Napoli ospita inoltre dal 2017 l'Hub di Direzione Strategica della NATO, situato nella base NATO di Giugliano, un centro per le sfide di sicurezza in Nord Africa, Sahel e Medio Oriente,[210] e il Naval Support Activity Naples della Marina statunitense. La città è anche sede di istituzioni accademiche internazionali, come la Apple Developer Academy e la Cisco Networking Academy.[211]

Napoli ospita inoltre con Firenze la sede italiana di Robert F. Kennedy Human Rights, organizzazione non profit impegnata nella promozione e tutela dei diritti umani, con particolare attenzione al Sud Italia e ai Paesi del Mediterraneo.[212]

Di alto rilievo[213] è infine la presenza della sede centrale degli Stati Uniti del Mondo, organizzazione non governativa internazionale impegnata nella promozione della pace, del dialogo interreligioso e dei diritti umani, con sede nel Palazzo Pierce e dotata di un Museo della Pace riconosciuto a livello globale.[214]

La città ospita numerosi ospedali, sia pubblici che privati, tra cui l'ospedale Antonio Cardarelli, l'Ospedale del Mare, l'azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, l'ospedale Monaldi, la fondazione Giovanni Pascale, l'ospedale pediatrico Santobono e l'ospedale Domenico Cotugno.

Criminalità

Lo stesso argomento in dettaglio: Camorra, Clan dei Casalesi e Nuova Camorra Organizzata.

Napoli è interessata da fenomeni di criminalità organizzata sin dal XIX secolo, con l'emergere della camorra come principale gruppo criminale. Tale organizzazione ha origini ottocentesche ed è articolata in clan autonomi con struttura orizzontale. Le sue attività includono traffico di droga, estorsioni, usura e altre forme di illecito.[215] Nonostante gli interventi delle forze dell’ordine nei primi decenni del nuovo millennio, il fenomeno resta radicato, in particolare nelle periferie.[216] Alla criminalità organizzata, si registrano alti livelli di microcriminalità, con un’incidenza rilevante di reati comuni.[217] Le istituzioni promuovono azioni di contrasto e prevenzione, ma persistono criticità di tipo socioeconomico,[218] aggravate dalla debolezza delle istituzioni e dalla mancanza di interventi efficaci da parte dello Stato.[219]

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Cultura

Riepilogo
Prospettiva

Istruzione

Archivi e biblioteche

Le singole voci sono elencate nella Categoria:Biblioteche di Napoli.
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Complesso claustrale dei Girolamini, sede della biblioteca omonima.

Napoli possiede un archivio di Stato, istituito nel 1808 al fine di concentrare presso un'unica sede tutti gli antichi archivi del Regno di Napoli.

Sul territorio del comune sono attive 14 biblioteche civiche.[220]

La biblioteca più antica della città — e seconda in Italia per anno di istituzione, dopo quella Malatestiana di Cesena — è la biblioteca dei Girolamini, aperta al pubblico nel 1586.[221] La più grande, e terza nel paese per dimensioni,[222] è invece quella Nazionale, aperta nel 1804 come "Reale biblioteca di Napoli" nel palazzo degli Studi. Le collezioni librarie furono ivi trasferite dalla Reggia di Capodimonte per volontà reale. Divenuta "Reale biblioteca borbonica" nel 1816, dopo l'unità d'Italia (1860) fu denominata "Biblioteca Nazionale".

Tra le altre biblioteche, archivi o raccolte della città si annoverano quella dell'Università di Napoli (BUN), del conservatorio di San Pietro a Majella, dell'Accademia di Belle Arti di Napoli della Fondazione Biblioteca Benedetto Croce, dell'Istituto Italiano per gli Studi Storici, della Società Napoletana di Storia Patria, della biblioteca Tarsia, della biblioteca del MANN, della biblioteca di storia dell'arte Bruno Molajoli, della biblioteca "Alfredo De Marsico" a Castel Capuano, l'emeroteca Tucci e la raccolta appartenente al citato archivio di Stato.

Ricerca

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La Stazione zoologica Anton Dohrn, a Mergellina, comprende l'acquario più antico d'Italia.

La città ospita numerosi centri di ricerca di notevole importanza, di seguito alcuni tra i più rilevanti:

  • la Stazione zoologica Anton Dohrn, sita all'interno della villa comunale, che comprende anche l'acquario più antico d'Italia e secondo più antico d'Europa (primo tra quelli ancora esistenti);
  • l'European Marine Biological Resource Centre;
  • l'IRCCS - Fondazione "Giovanni Pascale";
  • l'SDN - Istituto di Ricerca Diagnostica e Nucleare;
  • la sede operativa dell'Osservatorio Vesuviano, il più antico osservatorio vulcanologico del mondo;
  • il Tigem (Telethon Institute of Genetics and Medicine), il Ceinge-Biotecnologie avanzate, l'Istituto di Ricerche sulla Combustione presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università degli Studi di Napoli Federico II e diversi istituti del CNR;
  • l'Osservatorio astronomico di Capodimonte;
  • la Sezione di Napoli dell'INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) con sede presso il complesso universitario di Monte Sant'Angelo;
  • il Center for Advanced Biomaterials for Healthcare dell'IIT;
  • l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, accademia culturale e scientifica di rilevanza internazionale con sede nello storico palazzo Serra di Cassano;
  • l'Istituto italiano per gli studi storici, fondato da Benedetto Croce, con sede a palazzo Filomarino;
  • l'Accademia Pontaniana, sorta nel XV secolo a Napoli come libera iniziativa di uomini di cultura per coltivare le scienze, le lettere e le arti;
  • la Società Nazionale di Scienze, Lettere e Arti;
  • la Stazione Sperimentale per l'Industria delle Pelli e delle Materie Concianti, fondata nel 1885 per dare supporto tecnologico all'industria guantaria napoletana ed attuale centro di ricerca riconosciuto a livello internazionale per la chimica e la tecnologia conciaria;
  • il Centro Studi "Gaetano Salvemini", istituto di ricerca storica e sociologica.

Scuole

Le singole voci sono elencate nella Categoria:Scuole a Napoli.
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Complesso della Nunziatella, una delle prime scuole militari al mondo tra quelle ancora operative senza soluzione di continuità.

Data l'origine greca della città, la scuola napoletana ha radici illustri e molto antiche. Durante la successiva epoca romana era nota la sua scuola di osservanza epicurea.

Tra i più importanti istituti napoletani vi è senza dubbio la scuola militare "Nunziatella", uno dei più antichi istituti di formazione militare d'Italia e del mondo.[223]

Nata nel 1787 per volere di re Ferdinando IV di Borbone con la denominazione di Real Accademia Militare, nel 2012 è stata eletta patrimonio culturale dei Paesi del Mediterraneo dall'Assemblea parlamentare del Mediterraneo (PAM).[224] Situata a Pizzofalcone in via Generale Parisi, è stata fin dalle origini luogo di elevata formazione militare e civile. Ha avuto, tra professori e alunni, personalità del calibro di Francesco De Sanctis, Mariano d'Ayala, Carlo Pisacane, Enrico Cosenz e Vittorio Emanuele III. Tra i numerosi ex-allievi di prestigio, figurano anche altissimi gradi delle forze armate,[N 20] presidenti del Consiglio, ministri, senatori e deputati del Regno delle Due Sicilie, del Regno d'Italia e della Repubblica Italiana, un presidente della Corte Costituzionale, nonché esponenti di assoluto rilievo del mondo culturale, politico e professionale italiano e internazionale, tra cui un vincitore del premio Sonning. La bandiera della scuola è decorata da una croce d'oro al merito dell'Arma dei carabinieri (2012)[225][226] e da una medaglia di bronzo al valore dell'esercito (2008).[227] I suoi ex-allievi hanno meritato 38 medaglie d'oro, 490 medaglie d'argento e 414 medaglie di bronzo al valor militare, 2 al valor civile e numerosi altri riconoscimenti al valore.

Altri istituti storici napoletani di rilievo sono i licei classici Umberto I, Jacopo Sannazaro, Vittorio Emanuele II, Giambattista Vico, Giuseppe Garibaldi e Adolfo Pansini; i licei scientifici Giuseppe Mercalli, Tito Lucrezio Caro, Arturo Labriola e Leon Battista Alberti; i licei statali Giuseppe Mazzini, Margherita di Savoia, Antonio Genovesi ed Elio Vittorini; l’Istituto d’arte "Filippo Palizzi", l’ISIS "Enrico De Nicola" e il Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II.

Istituti per l'alta formazione

  • Conservatorio musicale

Storica è la tradizione del Conservatorio di San Pietro a Majella, fondato nel 1826 come "Regio conservatorio di musica" a seguito della fusione di quattro preesistenti istituti, per volontà di Francesco II. Oggi si tengono insegnamenti relativi a tutti gli strumenti musicali ed è ospitato al suo interno un museo della musica.

  • Accademia di Belle Arti

L'Accademia di Belle Arti di Napoli è nata nel 1752 per volere di re Carlo III di Borbone. Ha ricoperto un ruolo importante nello sviluppo della pittura napoletana del XIX e XX secolo e, più nello specifico, nella formazione della scuola di Posillipo. Accoglie circa 4000 studenti[228] (A.A. 2023/2024) ed è aperta anche alle matricole internazionali. La nuova dimensione universitaria e l'ampliamento degli indirizzi sta comportando un'ulteriore espansione del numero degli studenti. L'Accademia, si pone, al presente, l'ambizioso obiettivo di formare i nuovi quadri della produzione dell'immagine in breve, non solo, cioè, nel vasto ambito delle arti figurative ma anche per quel che concerne la creatività applicata all'uso dei nuovi media, della grafica, del design, del restauro dei beni culturali e della didattica dell'arte.

L'Accademia presenta inoltre un teatro, un'aula magna, una gipsoteca, una galleria museale e una biblioteca.

  • Scuola Superiore della Magistratura

È stata istituita dalla cosiddetta riforma Castelli nel 2006. Ha sedi operative a Napoli, all'interno di Castel Capuano, e a Scandicci.

Università

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Sede delle facoltà di Giurisprudenza e Lettere/Filosofia alla Federico II a corso Umberto I.

A Napoli hanno sede l'Università degli Studi di Napoli "Federico II", primo ateneo al mondo istituito con provvedimento statale e laico, e l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", prima università di studi sinologici ed orientalistici del continente europeo. La città conta complessivamente otto atenei.

Le università pubbliche di Napoli sono:

Università private:

Università private telematiche:

Musei

Lo stesso argomento in dettaglio: Musei di Napoli.
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Museo archeologico nazionale, collezione Farnese.

Napoli, tra le grandi città d'arte italiane ed europee, vanta un'abbondante offerta museale con più di 60 siti museali visitabili nel solo territorio comunale.

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Il salone da ballo della reggia di Capodimonte.

I principali sono il Museo archeologico nazionale, ritenuto uno dei più importanti al mondo per la qualità e la quantità delle opere esposte, risalenti principalmente all'epoca greco-romana;[181] il Museo nazionale di Capodimonte, sito nell'omonima reggia, che custodisce opere pittoriche dei più grandi maestri italiani dal Rinascimento al Barocco; il Museo nazionale di San Martino e il Palazzo Reale di Napoli.

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Una sala del palazzo Reale.

Tra gli altri musei di rilievo si annoverano il Pio Monte della Misericordia, la Quadreria dei Girolamini[230], il Museo del Tesoro di San Gennaro, il Museo nazionale della ceramica "Duca di Martina", il Museo del conservatorio di San Pietro a Majella, il MEMUS del teatro di San Carlo, la sede napoletana di Gallerie d'Italia nel Palazzo del Banco di Napoli, il Museo dell'Opera di San Lorenzo Maggiore e di Santa Chiara, il Museo diocesano, Villa Pignatelli, i musei civici Gaetano Filangieri e di Castel Nuovo, il Museo ferroviario di Pietrarsa, la Galleria dell'Accademia, Cappella Sansevero, il Palazzo delle Arti di Napoli e il Museo d'Arte Contemporanea Donnaregina (M.A.D.R.E.).

Da segnalare anche le Stazioni dell'arte, stazioni della metropolitana cittadina non concepite unicamente come semplici luoghi di transito, ma anche come spazi espositivi che ospitano opere di artisti di fama mondiale (come Joseph Kosuth, Mimmo Rotella, Mario Merz).

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Chiostro maiolicato, parte del complesso del museo dell'Opera di Santa Chiara.

Tra i musei scientifici, oltre alla Stazione zoologica Anton Dohrn, di particolare interesse sono quelli che fanno parte del Centro musei delle scienze naturali e fisiche dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II". Vi sono inoltre l'Osservatorio astronomico di Capodimonte e, presso l'Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, il Museo di anatomia umana.

Media

Stampa

A Napoli fu fondato il primo quotidiano italiano: la prima edizione del Diario Notizioso, un giornale a carattere economico, fu stampata il 10 agosto 1759.[231]

La città è anche sede di alcuni quotidiani anche a diffusione nazionale:

Tra le case editrici, si annoverano invece la Edizioni Scientifiche Italiane, la Guida Editori, la Pironti e La Canzonetta.

Radio

A Napoli, tra le emittenti radiofoniche nazionali, ha la sua sede centrale Radio Kiss Kiss, sesta tra le radio nazionali più ascoltate secondo i dati "TER" aggiornati al secondo semestre del 2024.[232]

Cinema

Lo stesso argomento in dettaglio: Cinema a Napoli.
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Sophia Loren, cresciuta a Pozzuoli e cittadina napoletana honoris causa, è considerata una delle attrici più talentuose nella storia del cinema internazionale.
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Antonio de Curtis, in arte Totò, il "principe della risata": un'altra popolare icona e celeberrima maschera comica napoletana.

I primi tentativi di cinema a Napoli risalgono al 1904, ma dal 1905 si iniziò a girare regolarmente grazie ai Roberto Troncone. Nel 1924-25 oltre un terzo dei lungometraggi italiani era prodotto a Napoli, spesso in dialetto.[233] Il periodo pionieristico terminò con il fascismo, che puntò sullo sviluppo di Roma come centro unico del cinema nazionale: la centralizzazione e i costi più bassi portarono il trasferimento della produzione nella capitale, dove sorse Cinecittà.[234]

Napoli mantiene tuttavia un ruolo centrale: nel 2024 vi sono stati girati 200 film e serie tv.[235] Molti registi l’hanno scelta come set, sin dai fratelli Lumiere che nel 1898 vi girarono alcune delle loro prime riprese sul lungomare.[236]

Televisione

Lo stesso argomento in dettaglio: Centro di produzione Rai di Napoli.

A Napoli ha sede uno dei quattro centri di produzione televisiva e radiofonica della Rai. Sito in via Guglielmo Marconi, è teatro di numerosi programmi e produzioni televisive, tra cui la soap opera italiana più longeva, nonché la più seguita al mondo, Un posto al sole.[N 21][237]

Arte

Napoli ha ancor oggi un ruolo centrale nell'arte e nell'architettura italiana ed europea, essendo sede di eventi e mostre internazionali.[238]

Architettura

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Basilica di San Lorenzo Maggiore, abside con deambulatorio in gotico francese.

La storia dell'architettura medievale napoletana, nelle sue forme più significative e ancora oggi ammirabili, ebbe inizio sostanzialmente sotto la dinastia degli Angioini, grazie alla quale sorsero le prime chiese in stile gotico della città, prevalentemente di matrice italiana e, in taluni casi — come in quello della basilica di San Lorenzo Maggiore, unicum in Italia — di stampo francese.

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Lo scalone monumentale ad "ali di falco" del palazzo dello Spagnolo, architettura tipica del barocco napoletano.

Dopo il successivo periodo rinascimentale, si entrò nell'età dello sfarzoso barocco napoletano, periodo in cui l'architettura cittadina assunse maggior consapevolezza, mostrando i massimi punti di spessore qualitativo, apprezzabili nei rifacimenti delle facciate di palazzi preesistenti e nelle nuove edificazioni, che ebbero nei portali d'ingresso e negli scaloni monumentali gli elementi caratterizzanti dello stile architettonico locale.[173] Data la particolare conformazione urbanistica della città, caratterizzata da strette vie che non davano la possibilità di edificare facciate di ampie vedute,[173] il gusto artistico-architettonico partenopeo si focalizzò su particolari dell'edificio, come appunto il portale d'ingresso o lo scalone monumentale, che divennero simboli dell'architettura rinascimentale e barocca napoletana.[173]

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Palazzo Donn'Anna a Posillipo.

Se lo stile rinascimentale ed il successivo barocco furono il risultato di riletture locali di movimenti più ampi, pur raggiungendo livelli molto alti, nel corso del XVIII secolo Napoli fu un centro avanguardistico nel campo architettonico, avendo contribuito alla costituzione del modello neoclassico, nato grazie agli scavi archeologici di Ercolano e di Pompei e ai relativi studi.[239]

Le nuove correnti industriali di fine Ottocento e inizio Novecento portarono ad elaborazioni eclettiche che sfociarono in adattamenti locali dell'art nouveau e del modernismo, caratterizzanti in particolar modo le nuove ville vomeresi.

Nei primi decenni del XX secolo nacque il liberty napoletano, mentre gli anni Trenta furono il periodo del razionalismo italiano. Una delle ultime grandi realizzazioni architettoniche fu la Mostra d'Oltremare, un complesso di 720000 , inaugurato nel 1940 e ripristinato negli anni Cinquanta dagli stessi progettisti.

Tra gli architetti principali ad aver firmato opere cittadine si annoverano Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga, Domenico Fontana, Cosimo Fanzago, Ferdinando Sanfelice, Domenico Antonio Vaccaro, Antonio Niccolini, Buono di Napoli, Marcello Piacentini, Lamont Young, Pier Luigi Nervi, Gae Aulenti, Kenzō Tange, Renzo Piano e Álvaro Siza.

Pittura

Lo stesso argomento in dettaglio: Pittura napoletana.
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Luca Giordano, uno dei più importanti esponenti del barocco in pittura.
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Francesco Solimena, tra i massimi pittori e frescanti italiani del Settecento.
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Domenico Morelli, tra i maggiori pittori italiani dell'Ottocento.

L'arte pittorica napoletana risale alla sua fondazione, ma non restano tracce apprezzabili del periodo greco, romano, normanno, svevo e bizantino. Le dominazioni straniere non permisero una scuola pittorica locale. Tra il XIV e il XVII secolo, artisti toscani come Pietro Cavallini, Giotto, Simone Martini e Giorgio Vasari favorirono l'emergere di pittori napoletani come Colantonio, Fabrizio Santafede e Giovanni Antonio Amato.

La Scuola pittorica napoletana nacque nel XVII secolo con Caravaggio, dando vita al caravaggismo. Lavorarono pittori come Jusepe de Ribera e Artemisia Gentileschi, e la città attrasse anche esponenti del rinascimento emiliano come Domenichino, Guido Reni e Giovanni Lanfranco. Tra i più noti del Seicento napoletano ci sono Battistello Caracciolo, Luca Giordano, Salvator Rosa e Aniello Falcone.

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Castel dell'Ovo dalla spiaggia, Anton Sminck van Pitloo (Scuola di Posillipo).

Il Settecento continuò il tardo-barocco, con artisti come Francesco Solimena, Francesco De Mura e Fedele Fischetti, incaricato di affrescare palazzi nobiliari. Nel XIX secolo, la pittura napoletana, ispirata da John Constable e William Turner, divenne la scuola di Posillipo, con Anton Sminck van Pitloo e Giacinto Gigante come principali esponenti. L'Accademia di belle arti di Napoli fu il centro della scuola e influenzò artisti come Francesco Saverio Altamura, Gioacchino Toma, Domenico Morelli e Vincenzo Petrocelli.

Negli anni Ottanta, la Transavanguardia, con Mimmo Paladino e Francesco Clemente, segnò un nuovo capitolo per l'arte napoletana. Importante anche l'attività del gallerista Lucio Amelio, che allestì mostre di grande valore.

Scultura

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L'arco trionfale del Castel Nuovo, simbolo della scultura del rinascimento napoletano.

Il Quattrocento e il Cinquecento furono periodi floridi per la scultura napoletana. Con la realizzazione dell'arco trionfale del Castel Nuovo ad opera di Francesco Laurana (1452–1471), nacque un laboratorio artistico rinascimentale che diffuse innovazioni in tutto il regno, dando origine al clima dell'arco.

La chiesa di Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli è considerata museo della scultura cinquecentesca per le numerose opere conservate. Tra gli scultori più noti: Giovanni da Nola, Giovanni Domenico D'Auria, Girolamo D'Auria e Gian Lorenzo Bernini, attivo però principalmente a Roma. Di rilievo anche le fontane di Napoli, con Pietro Bernini tra gli artefici.

Nel Seicento si ricordano gli obelischi di San Domenico e San Gennaro, opera di artisti come Francesco Antonio Picchiatti, Cosimo Fanzago e Dionisio Lazzari, autore di altari per varie chiese.

Nel Settecento si distinsero Domenico Antonio Vaccaro e Giuseppe Sanmartino, maestro della terracotta e del presepio. Nel 1753 realizzò il celebre Cristo velato, conservato nella cappella Sansevero, accanto a opere di Antonio Corradini (Pudicizia) e Francesco Queirolo (Disinganno).

Nel XIX secolo emersero Vincenzo Gemito e Tito Angelini, noti per busti e sculture bronzee, insieme alla Fonderia artistica Chiurazzi.

Oggi si segnala l’attività di Jago, che ha aperto il suo laboratorio nel rione Sanità.[240]

Altre arti

Lo stesso argomento in dettaglio: Porcellana di Capodimonte e Presepe napoletano.

Tra le numerose arti praticate in città, la porcellana di Capodimonte, il presepe napoletano e l’arte orafa emergono per tradizione storica e rinomanza internazionale.

L'origine della prima va fatta risalire al 1743, quando Carlo di Borbone fondò la Real Fabbrica di Capodimonte con l'intento di affrancarsi dalle produzioni straniere. I modellatori napoletani raggiunsero presto livelli di assoluta eccellenza, avviando una tradizione giunta sino ai giorni nostri.[241]

L'origine del secondo è ancor più antica, considerando che il presepio a Napoli era già citato in un documento del 1025, conservato nella chiesa di Santa Maria del Presepe, anteriore quindi alla leggenda che vorrebbe il primo presepe realizzato da Francesco d'Assisi nel 1223. Nel corso dei secoli, l'arte del presepe si è intrecciata con il vissuto e l'immaginario napoletano sia colto, che popolare.[242] Il periodo di massimo splendore risale all'epoca borbonica, durante la quale raggiunse le più alte vette artistiche.[243] Luogo focale della tradizione presepiale è via San Gregorio Armeno, lungo la quale si allineano botteghe attive tutto l'anno. Da ricordare, come importante esponente di ambedue le arti, il pittore e modellatore Francesco Celebrano.

Altra antica tradizione napoletana è legata all'oreficeria: arte nella quale si distinsero Carlo Giuliano, Enrico Fiore, Eugenio e Luigi Avolio, che raggiunse l'eccellenza scolpendo l'argento.

Artigiani napoletani si distinsero anche nella trasformazione del carapace delle tartarughe in un materiale pregiato, decorato con oro, argento, avorio, madreperla, lacca e smalto. L'artista più celebrato fu Giuseppe Serao, che lavorò per la famiglia reale borbonica.[244] Le opere d'arte napoletane in carapace sono esposte in molti musei: la più ricca collezione è conservata nella Galleria Kugel di Parigi.[245]

Antica arte tramandata da sapienti artigiani è altresì quella della cartapesta: i burattini napoletani sono ricercati da collezionisti provenienti da ogni continente.

Teatro

Opera napoletana

Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola musicale napoletana.
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Teatro di San Carlo.

Il teatro è una delle più antiche e conosciute tradizioni artistiche della città: già l'imperatore Nerone si esibiva, nel I secolo d.C., sul palco del teatro romano di Neapolis.[246]

Il secolo d'oro fu tuttavia il XVIII, durante il quale furono edificati in città numerosi teatri, tra i quali il già menzionato San Carlo.[175][247] Napoli era considerata la capitale della musica[248], anche in virtù dello straordinario fermento dato dal conservatorio cittadino che contribuiva allo sviluppo della scuola musicale napoletana.

Allo stato attuale Napoli vanta un'ampia offerta teatrale potendo, tra gli altri, annoverare nel proprio patrimonio, oltre al Real teatro di San Carlo, il Mercadante, il Bellini, il San Ferdinando, l'Augusteo, il Sannazaro, il Teatrino di corte, il Trianon e il Salone Margherita.

Teatro napoletano

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro napoletano.

Il teatro napoletano, stricto sensu, nasce nel XV secolo con le opere celebrative di Jacopo Sannazaro alla corte aragonese.

I principali attori e autori del XIX e XX secolo furono Antonio Petito, Raffaele Viviani, Vincenzo Torelli, Roberto Bracco, Nino Taranto, Totò, Pupella Maggio, Eduardo Scarpetta (ideatore della "mezzamaschera" di Felice Sciosciammocca) e i suoi figli:[N 22] Eduardo, Titina e Peppino De Filippo.

Eduardo De Filippo è senza dubbio tra i maggiori nomi del teatro novecentesco, in quanto padre di una tradizione divenuta universale.[250] Intraprese un'originale attività di scrittura e recitazione teatrale, volta a portare sul palcoscenico l'anima di Napoli e dei suoi abitanti, attraverso cui evidenziare i caratteri fondamentali dell'umanità e della società contemporanea. Tra le sue commedie principali ricordiamo Napoli milionaria!, Il sindaco del rione Sanità, Gli esami non finiscono mai, Natale in casa Cupiello, Le voci di dentro, Filumena Marturano e Questi fantasmi!. Le opere di Eduardo sono sovente riprodotte attraverso riproposizioni cinematografiche o teatrali.

Tra gli autori di epoca successiva, notevoli Roberto De Simone, Peppe Barra, Vincenzo Salemme, Toni Servillo e il trio comico cabarettistico de La Smorfia composto da Enzo Decaro, Lello Arena e Massimo Troisi.

Musica

Composizione

Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola musicale napoletana.

Originata da una tradizione orale secolare, la musica napoletana assunse forma aulica nell'ambito della polifonia sacra e profana, tra il XV secolo e il XVII secolo.

L'evoluzione fu possibile grazie ai quattro prestigiosi conservatori di Santa Maria di Loreto, della Pietà dei Turchini, di Sant'Onofrio a Capuana e dei Poveri di Gesù Cristo, nei quali si formarono importanti compositori che contribuirono considerevolmente allo sviluppo dell'opera e diedero origine alla scuola musicale napoletana. Quest'ultima si espresse in musicisti di livello eccelso come Alessandro e Domenico Scarlatti, Giovanni Battista Pergolesi, Nicola Porpora, Domenico Cimarosa e Giovanni Paisiello.[N 23]

La qualità e la quantità della musica prodotta a Napoli durante il periodo del classicismo è esemplificata da una lettera che il padre Leopold scrisse al figlio Wolfgang Amadeus Mozart nel 1778, nella quale egli comparava favorevolmente la scena operistica di Napoli a quella di Parigi relativamente alle possibilità di emergere per un giovane compositore.[251]

Nel 1808, i quattro conservatori della città furono unificati nel conservatorio di San Pietro a Majella, dal quale passarono personalità quali Ruggero Leoncavallo, Riccardo Muti, Sergio Fiorentino, Vincenzo Bellini, Saverio Mercadante, Aldo Ciccolini, Salvatore Accardo, Bruno Canino, Nicola Antonio Zingarelli e Roberto De Simone.

Tra i librettisti sono notevoli le figure di Salvadore Cammarano, il più importante del periodo romantico, e Andrea Leone Tottola. Tra i direttori d'orchestra di rilievo spicca, invece, il già citato Riccardo Muti. Fra i cantanti lirici si ricordano Maria Borsa ed Enrico Caruso, considerato uno dei più grandi tenori di tutti i tempi.

Canzone napoletana

La canzone napoletana si radica in secoli di storia, con forte tradizione orale. Tra le forme più antiche ci sono la tarantella napoletana e la tammurriata.

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Il mandolino napoletano, strumento simbolo della tradizione musicale di Napoli.

Nel XIX e XX secolo, la canzone napoletana classica ha raggiunto grande fama grazie alle feste di Piedigrotta e ai festival canori. Tra i suoi autori, Ernesto Murolo, Libero Bovio, Vincenzo Russo e Salvatore Di Giacomo. Il tenore Enrico Caruso divenne simbolo della musica napoletana nel mondo.

Nel dopoguerra, alcuni artisti come Roberto Murolo e Aurelio Fierro hanno continuato la tradizione, mentre altri come Peppino di Capri e Massimo Ranieri hanno sperimentato nuove contaminazioni. Il contatto con musicisti statunitensi portò alla nascita di un nuovo ramo musicale, rappresentato da Renato Carosone.

Numerosi cantautori hanno contribuito alla tradizione, tra cui Giuseppe Di Stefano, Domenico Modugno, Dalida, Renzo Arbore e l'Orchestra Italiana. Dal 2016, l'Archivio Sonoro della Canzone Napoletana, presso la Casina Pompeiana a Napoli, conserva questa eredità musicale.

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Enrico Caruso, celebre tenore italiano.
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Renato Carosone, precursore di un'importante fusione musicale dopo la Seconda Guerra Mondiale.

La musica napoletana si è evoluta includendo nuovi generi, dal progressive rock degli Osanna al soul di James Senese ed Enzo Avitabile, alle contaminazioni di funk e jazz di Pino Daniele e al cantautorato di Edoardo ed Eugenio Bennato. A partire dagli anni '80, è nato il "neomelodico" con Nino D'Angelo come pioniere, mentre negli anni 2020, il rapper Geolier ha ottenuto un grande successo al Festival di Sanremo 2024 con I p' me, tu p' te.

Un altro fenomeno significativo è la sceneggiata napoletana, sviluppatasi grazie a figure come Nino Taranto e Mario Merola.

Oggi la scena musicale partenopea include anche il reggae/dub degli Almamegretta, Bisca, 99 Posse, Clementino e Liberato.

Letteratura

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Salvatore Di Giacomo, poeta in lingua napoletana e novelliere nero.
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Jacopo Sannazaro, illustre umanista partenopeo, cui è dedicata l'omonima piazza nei pressi di Mergellina.

Nell'era dell'Impero romano, a Napoli soggiornarono i poeti Orazio e Virgilio. Quest'ultimo, in particolare, durante il periodo partenopeo compose parte delle sue più importanti opere: le Bucoliche, le Georgiche e l'Eneide.

Il Trecento fu invece il secolo dell'Umanesimo, movimento culturale nato in Italia e che proprio in Napoli ebbe uno dei suoi maggiori centri. Risiedettero in città e vi realizzarono feconde produzioni Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. In Giovanni Pontano fu riconosciuta una delle più rilevanti personalità dell'Umanesimo napoletano, definizione questa attribuitagli da un altro illustre umanista partenopeo, Jacopo Sannazaro. Quest'ultimo, nel corso del Quattrocento e fino ai primi decenni del Cinquecento, fu protagonista nella scena letteraria italiana ed europea, componendo capolavori, tra i quali il poema dell'Arcadia, da cui deriverà il nome dell'omonima accademia romana. Antonio Beccadelli, verosimilmente nel 1443, fondò a Napoli l'Accademia Alfonsina, poi ribattezzata Pontiniana in onore di Giovanni Pontano che, succeduto al Panormita alla guida del sodalizio, seppe dargli una struttura solida.

Tra i maggiori poeti del Cinquecento, figura Torquato Tasso, nato nella vicina Sorrento. Autore, tra le opere principali, della Gerusalemme liberata, pubblicata integralmente nel 1581, è annoverato tra i maggiori autori dell'età della Controriforma.

L'epoca barocca, a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, fu invece il periodo di Giambattista Basile e Giulio Cesare Cortese, i quali posero le basi della letteratura in lingua napoletana. Nella prima metà del Seicento fu altresì istituita l'Accademia degli Oziosi, luogo di incontro tra intellettuali napoletani e spagnoli, tra i quali si annoverano Francisco de Quevedo e Tommaso Campanella.[252]

L'Ottocento fu caratterizzato da un altro illustre arrivo in città, quello di Giacomo Leopardi, che qui compose, poco prima di morire, alcuni dei suoi più celebri poemi: La ginestra e le Paralipomeni della Batracomiomachia.

Tra l'Ottocento e il Novecento nacquero le prime poesie in napoletano che, utilizzate spesso come testi di canzoni, diedero origine alla canzone classica napoletana. Furono infatti gli anni di E.A. Mario, Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio ed Ernesto Murolo. Tra i poeti vi furono anche Eduardo De Filippo e Totò, icone del teatro.

Tra i principali scrittori napoletani moderni: Matilde Serao, Raffaele La Capria, Ermanno Rea, Luciano De Crescenzo, Erri De Luca, Diego De Silva ed Elena Ferrante, inclusa nel 2016 da Time tra le 100 persone più influenti.[253]

Filosofia

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Giambattista Vico, anticipatore di Immanuel Kant e dell'Idealismo.
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Benedetto Croce, filosofo storicista e liberale.
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Mario Pagano, considerato l'iniziatore della scuola storica napoletana del diritto.

Fra l'80 e il 40 a.C. Napoli fu un importante centro culturale della civiltà romana. L'epicureismo trovò nella città terreno fertile per prosperare, lontano dalla vita frenetica della capitale imperiale. Vi insegnarono il giordano Filodemo di Gadara e l'asiatico Sirone, che ebbe come allievi anche Quinto Orazio Flacco e il giovane Publio Virgilio Marone.

Il più importante pensatore medioevale operante a Napoli fu il teologo san Tommaso d'Aquino, il quale visse nel convento di San Domenico. San Tommaso fu in particolare esponente di primissimo piano della filosofia scolastica ed elaboratore della visione tomistica.[254]

Punto focale della filosofia napoletana del XVI secolo fu invece Giordano Bruno, il quale elaborò una teologia dove Dio è intelletto e ordinatore di tutto ciò che è in natura, ma è nello stesso tempo Natura stessa divinizzata, in un'inscindibile unità panteistica di pensiero e materia.[255]

Nel vivace ambiente culturale napoletano del XVIII secolo emerse la personalità di Giambattista Vico, esponente di spicco dell'Accademia degli Investiganti. Egli delineò i tratti di una nuova attività culturale basata non soltanto sulla ragione, ma anche sull'estro, sui sentimenti e l'ingegno, del tutto in contrasto col pensiero cartesiano. Sulla stessa linea, ed in parte influenzato dalle impostazioni neoplatoniche di Shaftesbury, si muoverà il suo sodale Antonio Genovesi, che nel 1754 divenne titolare della prima cattedra di economia ("Meccanica e Commercio") di cui si abbia notizia in Europa.[256]

Il giurista lucano Mario Pagano, personalità di spicco dell'illuminismo italiano, sarà invece l'iniziatore della «scuola storica napoletana del diritto»,[257] nonché precursore del positivismo.[258]

Il più alto esponente del pensiero filosofico tra l'Ottocento e il Novecento partenopeo fu invece Benedetto Croce, abruzzese di origini e napoletano di adozione, principale ideologo del liberalismo novecentesco italiano ed esponente di spicco dello storicismo. Espressione moderna dello studio della filosofia a Napoli è l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che raccoglie circa 300000 volumi ed è stato definito dall'UNESCO come "senza pari al mondo".[259][260][N 24]

In epoca contemporanea è stato rilevante, infine, l'apporto al pensiero filosofico di Aldo Masullo e di Pietro Piovani

Scienza

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Macedonio Melloni, padre della moderna vulcanologia.
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Renato Caccioppoli, uno dei più influenti matematici italiani.
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Domenico Cotugno, insigne medico della Scuola napoletana.

A Napoli si sviluppò la moderna vulcanologia. Seguendo Hamilton e Macedonio Melloni, nel 1841 fu costruito l'Osservatorio vesuviano, primo istituto al mondo per l'osservazione di fenomeni vulcanologici.[261]

La scuola matematica XVIII secolo includeva Nicola Fergola e i suoi allievi, tra cui Annibale Giordano, autore di una generalizzazione del "problema di Pappo".[262] Nel XX secolo, Renato Caccioppoli favorì lo sviluppo dell'analisi matematica in Italia.[263] Tra i suoi allievi: Carlo Miranda, Mario Curzio, Renato Vinciguerra, Donato Greco, don Savino Coronato.

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Facciata dell'Osservatorio astronomico di Capodimonte.

L'astronomia si sviluppò con l'Osservatorio di Capodimonte, fondato nel 1812 da Zuccari.[264] Giovanni Battista Della Porta descrisse i principi del telescopio vent'anni prima di Galileo.[265] Fontana fu il primo a disegnare la Luna, Marte e gli altri pianeti maggiori.[265]

La botanica fu rappresentata da Michele Tenore con la Flora Napolitana,[266] Domenico Cirillo, Vincenzo Petagna e Guglielmo Gasparrini. La scuola zoologica ebbe Oronzo Gabriele Costa, la cui corretta classificazione tra i cordati dell'anfiosso Branchiostoma lanceolatum, scoperto nelle acque del golfo di Napoli, consentì di individuare in questa categoria di animali marini l'anello di congiunzione tra invertebrati e vertebrati, con enorme impatto sulla formulazione della teoria dell'evoluzione darwiniana.[267]

La scuola medica annoverò Domenico Cotugno, rettore e scopritore di importanti fenomeni neurologici tramite dissezione.[268]

L'anatomia comparata iniziò con Marco Aurelio Severino, autore della Zootomia democritea, primo trattato generale al mondo.[269]

Cucina

Lo stesso argomento in dettaglio: Cucina napoletana.
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L'alimento napoletano più conosciuto nel mondo e simbolo della cucina italiana: la pizza. In foto la pizza margherita.

La cucina napoletana, parte integrante dell’identità cittadina, riflette la storia e la cultura locale. È tra i simboli più noti del made in Italy, rendendo Napoli una capitale mondiale del cibo.[270]

L’influenza delle dominazioni, soprattutto francesi e spagnole, ha creato una distinzione tra piatti nobili (timballi, sartù di riso) e cucina povera (pasta e fagioli, spaghetti aglio e olio, spaghetti alla puttanesca, pasta e patate).

Tra i piatti tipici: pizza napoletana, pasta napoletana (spaghetti alle vongole, al ragù napoletano, alla genovese), parmigiana di melanzane, polpi alla luciana, pastiera napoletana, casatiello, friarielli.

All’inizio del Novecento, venditori ambulanti proponevano il brodo di polpo, antesignano dello street food, ottenuto dall’acqua di cottura del mollusco aromatizzata con pepe.

Eventi

Napoli è un importante centro congressuale e fieristico. Ospita ogni anno meeting, manifestazioni nazionali e internazionali, concerti e spettacoli.

I principali eventi, stabilmente organizzati nel capoluogo, sono:

  • La Borsa Mediterranea del Turismo (BMT), la più importante fiera B2B del Mediterraneo;[271]
  • Il Napoli Comicon, fiera internazionale dedicata a fumetto e intrattenimento;
  • Il NauticSud, salone internazionale della nautica da diporto;
  • Il Premio Napoli, riconoscimento letterario assegnato annualmente dal 1954;
  • Il Napoli Film Festival, rassegna cinematografica attiva dal 1997;
  • Il Maggio dei monumenti, rassegna culturale attiva dal 1992.
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Geografia politica

Riepilogo
Prospettiva

Tessuto urbano e popolazione

Lo stesso argomento in dettaglio: Area metropolitana di Napoli.
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Notturna dell'area metropolitana di Napoli.

Napoli, dal tardo Medioevo, è stata tra le città più popolose d'Europa,[82] confermandosi nella seconda metà del XVI secolo come probabilmente la più popolosa del cristianesimo occidentale.[89] Dopo l'Unità d'Italia, sebbene la città abbia perso quel primato, ha comunque mantenuto inalterate le caratteristiche demografiche tipiche di una metropoli europea.

Nel 2024 risultava il terzo comune più popoloso d'Italia e il primo tra i grandi comuni per densità abitativa.[272] La crescita urbana supera i confini amministrativi, dando origine al fenomeno della "Grande Napoli".[273][274] L'area metropolitana è la seconda (dopo Milano) o terza (dopo Milano e Roma) più popolosa d'Italia,[275][276][277] e circa l'ottava a livello europeo, paragonabile a città come Barcellona o Atene.[278] È importante distinguere tra città metropolitana, che è un'entità amministrativa che comprende Napoli e 87 comuni limitrofi, e area metropolitana, che è un concetto più ampio che include zone interconnesse economicamente e socialmente, anche al di fuori dei confini amministrativi.

Napoli è il grande comune più giovane d'Italia,[279] con tasso di natalità superiore a molte altre città italiane[280] e numero relativamente basso di immigrati.[281]

I quartieri più popolosi corrispondono ai casali aggregati in epoca murattiana (Vomero, Arenella, Fuorigrotta, Bagnoli), risorgimentale (Piscinola) e fascista (Barra, Chiaiano, Marianella, Pianura, Soccavo, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, San Pietro a Patierno, Miano, Secondigliano, Scampia).

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Geografia antropica

Riepilogo
Prospettiva

Urbanistica

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Piazza del Municipio verso il Palazzo Reale e la stazione marittima, una delle più grandi d'Europa.
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Piazza Sannazaro.

Tra le strade e piazze principali della città, vi sono di certo quelle che caratterizzano l'area dei decumani di Napoli: Spaccanapoli (decumano inferiore), via dei Tribunali (decumano maggiore), via dell'Anticaglia (decumano superiore), via San Gregorio Armeno, piazza del Gesù Nuovo, piazza Bellini, piazza San Domenico Maggiore, largo Corpo di Napoli, piazza San Gaetano e diverse altre.

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Piazza del Plebiscito.

Voluta dal viceré Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga che la edificò nel 1536, fu successivamente pianificata via Toledo. A Napoli, fino al XVI secolo vigeva ancora il divieto assoluto di edificare nuove strutture al di fuori delle mura, pressoché delimitanti l'odierna area del centro antico: con la costruzione della nuova strada nacque dunque un immediato desiderio di accaparramento dei nuovi spazi. Per effetto della pedonalizzazione del 2004, la strada è divenuta uno dei fulcri dello shopping cittadino e del turismo. La strada collega piazza Dante a piazza Trieste e Trento e piazza del Plebiscito, su cui si affacciano due importanti monumenti cittadini: il Palazzo Reale e la basilica di San Francesco di Paola.

Il lungomare di Napoli prende il nome di via Caracciolo, in onore dell'ammiraglio Francesco Caracciolo fatto impiccare da Orazio Nelson sulla nave Minerva (già da lui comandata) nel golfo della città, per la sua adesione alla Repubblica Napoletana. La strada, in realtà, è relativamente recente e risale alla fine dell'Ottocento, quando sostituì l'arenile che la villa reale (villa comunale, dopo l'Unità) separava dalla riviera di Chiaia. Dal 2012 è stato anch'esso interamente pedonalizzato.

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Riproduzione dell'Ercole Farnese, esposta nell'atrio della stazione di Museo.

Di notevole interesse le già menzionate scalinate storiche, che costituiscono un elemento tipico dell'urbanistica partenopea.

A partire dal 1996 e fino al secondo decennio degli anni 2000, l'assetto e la mobilità cittadina di Napoli sono cambiati radicalmente con la costruzione delle stazioni dell'arte. Queste stazioni, che uniscono il trasporto urbano sotterraneo alla fruizione di opere d'arte moderne, hanno acquisito grande fama internazionale. Le stazioni di Toledo e Chiaia sono state riconosciute rispettivamente come la più bella d'Europa[282][283] e la seconda più bella al mondo.[284][285] Durante gli scavi per la loro costruzione, sono stati ritrovati importanti reperti storici, come il tempio dei giochi Isolimpici.

Suddivisioni amministrative

Lo stesso argomento in dettaglio: Municipalità di Napoli.

Il comune di Napoli, precedentemente suddiviso in 21 circoscrizioni dagli anni 1980[286] fino al 28 maggio 2006,[287] è oggi diviso in 10 municipalità di circa centomila abitanti.

Ogni municipalità è governata da Presidente, Consiglio e Giunta: il Presidente, eletto a suffragio diretto, sovrintende ai servizi; la Giunta, nominata dal Presidente, ha funzioni esecutive; il Consiglio (30 membri) esercita indirizzo e controllo e adotta atti fondamentali.

Competenze principali: manutenzione urbana locale, attività socio-assistenziali, scolastiche, culturali e sportive, servizi amministrativi locali e partecipazione al bilancio comunale; possono stipulare convenzioni con altri enti.

È prevista la Conferenza permanente dei presidenti delle municipalità, con sindaco, presidente del Consiglio comunale e presidenti delle municipalità, per coordinamento e consultazione sulle politiche di decentramento.[288]

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Economia

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Generalità

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Il Centro direzionale è il maggiore centro d'affari e del terziario della città.

Napoli, al centro di rotte mediterranee e con un fertile entroterra vulcanico, ha sviluppato un'economia basata su agricoltura, materie prime e artigianato. Nel Medioevo e nell'epoca moderna, fu un grande centro di protoindustria tessile, in particolare nella seta.[289]

Nel XIX secolo nacquero le officine di Pietrarsa, il primo grande complesso metalmeccanico della penisola, con circa 1200 operai nel 1860. Dopo l'Unità d'Italia, declinò e chiuse nel 1880, continuando solo la manutenzione fino al 1975.

Nel 1871, Napoli aveva un indice di industrializzazione superiore a Torino.[290] La città ospitava anche la Borsa, la Zecca e il Banco delle Due Sicilie.

Per sopperire alle emergenti situazioni critiche dell'economia e società partenopea post-unitaria, nell'ambito del risanamento di Napoli furono creati grandi quartieri industriali nella periferia orientale e occidentale della città: emblematico è a tal proposito l'apertura del grande stabilimento siderurgico di Bagnoli nel 1905. Escludendo l'effimero periodo fascista in cui Napoli poté considerarsi a tutti gli effetti una realtà industriale con il 14% della popolazione impiegata in tale settore,[116] un effettivo slancio del secondario si ebbe tuttavia solo col boom economico degli anni Cinquanta.

Napoli è, a livello comunale, circa la quindicesima tra le grandi città italiane per reddito pro capite (22.779 euro nel 2023).[291] La dimensione demografica del comune napoletano, come del resto anche quella degli altri comuni, riveste una particolare importanza nella collocazione in graduatoria secondo il prodotto interno lordo,[292] anche se in realtà è Torino, pur essendo il quarto comune per dimensione, a posizionarsi al terzo posto (dopo Roma e Milano) per PIL.

Nonostante brevi periodi di miglioramenti, favoriti anche dalla presenza in città di un artigianato d'eccellenza (l'arte presepiale, la lavorazione delle ceramiche e porcellane, la produzione di gioielli con corallo e cammei incisi su conchiglia di Torre del Greco), il tasso di occupazione non ha mai raggiunto un livello adeguato, soprattutto a causa di investimenti statali insufficienti[293] e della presenza di infiltrazioni camorristiche che non favoriscono investimenti privati e danneggiano l'economia locale.[294] Le attività illegali napoletane si ripercuotono infatti sull'economia nazionale, non senza incidere negativamente sulle strutture sociali e ambientali della città.[295] La mancanza di un vero e proprio tessuto industriale, attualmente in ripresa dopo decenni di impoverimento (vedasi l'ampliamento dello stabilimento di Novartis, la Tea Tek di Gianturco[296], lo stabilimento Sbe-Varvit di Acerra e la nuova piattaforma di stoccaggio di medicinali Farvima),[297] ha fatto di Napoli un importante centro del terziario (trasporti, commercio, turismo, editoria, intrattenimento, media, attività universitarie, amministrazione pubblica) e del terziario avanzato volto alla ricerca tecnologica (Apple, Cisco Systems ed Agritech Academy, tra le altre).[298]

Il porto è inoltre da sempre un'importante voce di reddito per la città, mentre il principale polo del terziario cittadino, nonché del paese assieme al centro direzionale di Milano e all'EUR di Roma, è il Centro direzionale di Napoli.

Turismo

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Autobus turistico per le strade di Napoli

Al pari di città come Firenze, Roma, Venezia e Milano, Napoli è oggi una delle principali destinazioni turistiche italiane, inserita dalla CNN tra le migliori mete mondiali del 2022.[299][300] Nel 2024 ha registrato oltre 14,5 milioni di visitatori, grazie anche alla crescente destagionalizzazione dei flussi, con oltre un milione di arrivi in quasi tutti i mesi dell'anno.[301] Questo sviluppo rappresenta una netta inversione rispetto al passato, quando la città era penalizzata da fattori strutturali e percettivi negativi, come la sua vocazione industriale, la cattiva rappresentazione dei media italiani,[302] il terremoto dell'Irpinia del 1980 e la crisi dei rifiuti, che avevano spinto i turisti a preferire località costiere dell'area metropolitana.[303]

Oggi, Napoli attira un numero crescente di turisti, compresi quelli che soggiornano nei centri limitrofi ben collegati al capoluogo,[304][305] come le località sulla Costiera amalfitana e la Penisola sorrentina. Anche il turismo giornaliero, proveniente principalmente da Roma e dalle altre città campane, contribuisce a consolidare i flussi verso Napoli. Sebbene la città sia il primo comune del Mezzogiorno per pernottamenti, superando anche Torino e Riccione nel 2023 (per approfondire, vedi la voce turismo in Italia), molti visitatori scelgono di alloggiare in località vicine, come ad esempio Sorrento, grazie soprattutto alla sua posizione strategica. Questa posizione permette di esplorare facilmente Napoli, Positano, Capri e Amalfi, ottimizzando così il soggiorno.[306] Inoltre, la domanda turistica ha avuto un impatto significativo sull’offerta abitativa. Nel centro storico di Napoli, i prezzi sono saliti e l’offerta tradizionale è diminuita, portando sia turisti che residenti a cercare soluzioni alternative.[307][308][309] Di conseguenza, il dato sugli arrivi diventa un indicatore importante del flusso turistico complessivo, considerando che molti visitatori non pernottano in città ma si spostano in altre località dei dintorni.[310]

In questo contesto, il turismo a Napoli è in forte crescita[311][312] e le prospettive future sembrano orientate verso un avvicinamento agli standard delle principali città d'arte italiane.[313] Tuttavia, l’espansione del settore solleva interrogativi sul piano sociale e culturale, in particolare per il rischio di gentrificazione del centro storico, fenomeno già verificatosi in altre città come Firenze e Venezia. Se non gestito adeguatamente, questo potrebbe comportare un cambiamento nella vivibilità quotidiana per i residenti e una perdita di autenticità del tessuto urbano.[314]

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Infrastrutture e trasporti

Riepilogo
Prospettiva

Strade

Napoli è un importante nodo stradale e autostradale del paese, da cui si diramano le principali arterie che connettono l'ampia area metropolitana e il resto del territorio nazionale. Dalla città si dipartono l'Autostrada del Sole (A1) verso nord, l'A3 verso sud e l'Autostrada A16 verso l'Adriatico.

La Tangenziale di Napoli (ufficialmente autostrada A56), con i suoi 270 000 transiti al giorno,[315] scorre lungo la parte interna della città, attraversandone le colline tramite varie gallerie; i collegamenti con il circondario avvengono tramite la Circumvallazione esterna, l'Asse Mediano, l'Asse Perimetrale di Melito-Scampia, e la strada statale 162 dir del Centro Direzionale.

Ferrovie e tranvie

Lo stesso argomento in dettaglio: Servizio ferroviario metropolitano di Napoli.
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La stazione di Napoli Centrale.

Napoli è il principale nodo ferroviario del Mezzogiorno, essendo raggiunta da alcune delle principali linee ferroviarie italiane: la Ferrovia Roma-Napoli (alta velocità), la Ferrovia Roma-Cassino-Napoli, la Ferrovia Roma-Formia-Napoli, la Napoli-Salerno, la Napoli-Salerno via a monte del Vesuvio (AV/AC) e la Napoli-Foggia (attualmente in trasformazione in AV/AC Napoli-Bari).

La stazione ferroviaria di Napoli Centrale è un nodo di interscambio di vitale importanza per l’intero sistema ferroviario nazionale,[316] essendo la settima stazione italiana per flusso di passeggeri (150 000 utenze giornaliere, ma salgono a 230 000 se si include anche il Terminal bus in area Metropark e quello della Ferrovia Circumvesuviana pari a 84 000 000 di passeggeri annui)[317] e la quarta per grandezza[318]. Nel 2023, secondo l'European Railway Station Index, è rientrata tra le dieci stazioni europee più efficienti.[319] Posta in piazza Garibaldi, la prima stazione era stata costruita nel 1886 su progetto dell'urbanista Errico Alvino. La struttura ottocentesca, tuttavia, fu abbattuta nel secondo dopoguerra per far posto al nuovo fabbricato viaggiatori, arretrato di 250 metri rispetto all'originale, progettato nel 1954 da un team di architetti e ingegneri, tra cui spicca la figura di Pierluigi Nervi.

La stazione di Napoli Afragola, posta sulla linea ad alta velocità Roma-Napoli, costituisce un polo di interscambio macroregionale per la Puglia, il Lazio, la Basilicata, la Campania e la Calabria.[320]

Il passante ferroviario di Napoli, compreso in parte nel servizio ferroviario metropolitano denominato Linea 2, attraversa la città da est a ovest. Le stazioni principali sono Napoli Campi Flegrei (ovest), Napoli Mergellina (centro) e Napoli Piazza Garibaldi (est), interscambio con la Linea 1 dell'ANM e con 5 linee ferroviarie suburbane dell'EAV.

Fra il 1881 e il 1961 l'estesa rete tranviaria urbana, che nel 1929 incorporò altresì le tranvie di Capodimonte, era integrata dalle tranvie extraurbane gestite dalla Société Anonyme des Tramways Provinciaux, che comprendeva le linee Napoli-Aversa/Giugliano, Aversa-Albanova, Napoli-Frattamaggiore e Napoli-Caivano.

Ulteriori linee extraurbane, esercitate direttamente dall'azienda di trasporto urbano, erano le tranvie Napoli-Portici-Torre del Greco e Napoli-Bagnoli-Pozzuoli.

Porti

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Il porto di Napoli

Il porto di Napoli, posto al centro del Mediterraneo e attivo fin dall'età classica, svolge, tra le altre, funzioni commerciali e di collegamento. L'area complessiva si estende per oltre 200000 m² e il suo fronte mare (o le sue banchine) si sviluppano per circa 20 km di lunghezza, e sotto la sua giurisdizione rientrano anche il porto di Castellammare di Stabia (con Marina di Stabia per le imbarcazioni da diporto), l'area di Bagnoli (con la relativa colmata), il porto di Mergellina ed i lidi balneari presenti a Posillipo, Marechiaro e Bagnoli/Coroglio.[321]

Con più di sette milioni di traffico passeggeri nel 2023[322] e con più di 1,7 milioni di passeggeri croceristi nel 2024 (circa 454 navi toccate)[323], è uno dei più importanti porti mediterranei e continentali. Altri porti, come quello del Molosiglio e di Marina di Santa Lucia, hanno invece una funzione esclusivamente turistica.

Da menzionare anche i due porti situati nei contigui comuni di Pozzuoli e di Portici, che servono rispettivamente la periferia occidentale ed orientale della città.[324][325]

Aeroporti

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Aeroporto intercontinentale di Napoli Capodichino

A Napoli e nei suoi dintorni vi sono tre aeroporti: l'aeroporto intercontinentale di Napoli Capodichino, l'aeroporto di Salerno Costa d'Amalfi, gestiti dalla società napoletana GESAC, e l'aeroporto di Grazzanise, gestito dall'Aeronautica Militare.[326]

Il primo, collocato a circa 4,5 km dal centro della città, con più di 12 milioni e mezzo di passeggeri nel 2024 è stato il quarto aeroporto del paese (dopo lo scalo romano di Fiumicino e gli scali di Milano - Malpensa e Milano Bergamo). Il 13 giugno 2017 all'aeroporto è stato conferito il premio "Aci Europe Award" come migliore in Europa nella categoria 5-10 mln di passeggeri.[327] Nel 2018, inoltre, l'aeroporto ha vinto il titolo "Fast and furious", primo nella categoria che premia lo scalo con la maggiore crescita in Europa, essendo passato dai 6.775.988 di passeggeri del 2016 agli 8.577.507 del 2017, con un incremento del 26,6%.[328] Il secondo, locato a circa 50 km dal centro della città e nato con lo scopo di supportare la crescita di Capodichino[329], data la sua impossibilità di espansione, ha visto partire i suoi primi voli l'11 luglio 2024[330].

Importanti anche i due collegamenti giornalieri Frecciarossa tra la stazione centrale e l'aeroporto di Roma-Fiumicino, in orari coincidenti con i principali voli intercontinentali, in particolare diretti negli Stati Uniti d'America.[331][332]

Mobilità urbana

Lo stesso argomento in dettaglio: Trasporti a Napoli e Metropolitana di Napoli.
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Quadro generale del trasporto metropolitano e ferroviario suburbano.
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Treno metropolitano della Linea 1.

Napoli dispone di una capillare rete di trasporti pubblici, la cui tariffazione è gestita dal consorzio UnicoCampania, che serve l'intera area urbana e gran parte del territorio metropolitano.

Il sistema si basa principalmente su una rete metropolitana di 36,4 km (due linee urbane e la linea interprovinciale Arcobaleno che collega la città con il resto della conurbazione a nord) e su 4 funicolari, gestite da ANM.[333] A queste si aggiungono la storica Metropolitana FS, dal 1997 denominata linea 2, e le tratte ferroviarie urbane di Circumvesuviana, Circumflegrea e Cumana, gestite dall'EAV.

Oltre alla rete su ferro, sono presenti quattro ascensori (Chiaia, Sanità, Acton, Monte Echia, Ventaglieri), una rete tranviaria, un Metrò del Mare che collega il comune con le principali località marittime dell'area metropolitana e della regione, e più di 80 linee su gomma.[334] La flotta dell'ANM conta infatti oltre mille veicoli e trenta tipologie di autobus. Tale varietà è dovuta alla particolare morfologia e struttura edilizia della città di Napoli, che spesso presenta vicoli stretti e strade ripide. A tal proposito, sono state adottate soluzioni alternative, come l'introduzione di mini-bus, che riescono agevolmente ad attraversare vicoli e strade molto strette, e bus con un punto di snodo al centro, capaci di trasportare il doppio dei passeggeri senza incorrere in ostacoli dovuti all'eccessiva lunghezza del mezzo.

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Amministrazione

Lo stesso argomento in dettaglio: Sindaci di Napoli e Storia di Napoli § Storia amministrativa.
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Gonfalone civico

Consolati

Nel 1796 a Napoli, capitale del Regno delle Due Sicilie, nacque la prima ambasciata americana nella penisola italiana (settima nel mondo),[335][336] divenuta in seguito all'Unità d'italia il Consolato Generale degli Stati Uniti d'America a Napoli.

La città è sede di 87 consolati.[337]

Gemellaggi

Il Comune di Napoli ha siglato una serie di protocolli d'intesa con enti locali di paesi terzi tesi ad intensificare i rapporti tra le rispettive società civili e a consolidare relazioni che garantiscano lo scambio di esperienze e la reciproca conoscenza, progresso, sviluppo e benessere delle rispettive popolazioni:[338]

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Sport

Lo stesso argomento in dettaglio: Sport a Napoli.

Quadro generale

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Diego Armando Maradona, ex calciatore argentino che ha militato nella S.S.C. Napoli dal 1984 al 1991. Considerato da molti commentatori sportivi il miglior calciatore della storia, nel 2020 gli è stato intitolato lo stadio cittadino.[340][341]
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Napoli ha ospitato le regate dell'America's Cup World Series nel 2012 e nel 2013. L'immagine ritrae alcuni catamarani in gara, tra i quali Luna Rossa, con il Castel dell'Ovo e il Vesuvio sullo sfondo.
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L'Arena del Tennis in occasione della finale della Tennis Napoli Cup 2022

Maggiori società sportive di Napoli

  • Calcio maschile:
S.S.C. Napoli, militante in Serie A
  • Calcio femminile:
Napoli Women, militante nella Serie A
  • Calcio a 5 maschile:
Napoli Futsal, militante in Serie A
  • Calcio a 5 femminile:
Woman Napoli Calcio a 5, militante nella serie B
  • Beach soccer:
Napoli Beach Soccer, militante in Serie A
  • Pallacanestro maschile:
S.S. Napoli Basket, militante in Lega Basket Serie A
  • Pallacanestro femminile:
Napoli Basket Vomero
  • Pallanuoto maschile:
Circolo Nautico Posillipo, militante in Serie A1
Circolo Canottieri Napoli, militante in Serie A2
Acquachiara ATI 2000, militante in Serie A2
Rari Nantes Napoli, militante in Serie C
  • Pallanuoto femminile:
Acquachiara ATI 2000, militante nella Serie B
A.S.D. Napoli Lions, militante nella Serie A2
  • Pallavolo maschile:
S.S.D. Team Volley Napoli, militante in Serie A3
  • Rugby Maschile:
Partenope Rugby, militante in Serie C1
Amatori Napoli, militante in Serie A
  • Rugby femminile:
A.S.D. Neapolis Campania Felix, militante nella Serie A
  • Football americano
Briganti 82 Napoli, militante nel 9FL - Nine Footbal League
  • Vela:
Reale Yacht Club Canottieri Savoia
Circolo del Remo e della Vela Italia
Circolo Canottieri Napoli

Impianti sportivi principali

Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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