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Conclave del 1846

elezione papale Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Conclave del 1846
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Il conclave del 1846 venne convocato a seguito della morte del papa Gregorio XVI, avvenuta a Roma il 1º giugno dello stesso anno. Si svolse, per l'ultima volta, al Palazzo del Quirinale dal 14 al 16 giugno, e, dopo quattro scrutini, venne eletto papa il cardinale Giovanni Maria Mastai Ferretti, vescovo di Imola, che assunse il nome di Pio IX. L'elezione venne annunciata dal cardinale protodiacono Tommaso Riario Sforza. Fu l'ultimo conclave tenutosi nello Stato Pontificio.

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Morte di Gregorio XVI

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A partire dal 20 maggio 1846 la salute del pontefice peggiorò in maniera repentina e un violento attacco di erisipela lo portò prossimo alla fine nella giornata del 31 maggio. Nella mattinata del 1º giugno ricevette l'estrema unzione dalle mani di padre Agostino Proja, suo sotto-sagrestano, mentre il cardinale Patrizi Naro, Vicario di Roma, ordinò la recita delle consuete preghiere in tutte le chiese della città: "Il Papa ieri cominciò a peggiorare fortissimamente, essendosegli caricato il petto, ed il tracollo è andato precipitosamente sempre crescendo nella notte, talmente che questa mattina alle 9,15 è passato all'altra vita".[1]

Subito dopo il decesso di Gregorio XVI, il cardinale camerlengo, Tommaso Riario Sforza, venne informato e fatto entrare nella camera dove giaceva la salma del pontefice: recitò il De Profundis e si fece consegnare l'anello piscatorio dal maestro di camera, quindi ordinò che si suonasse la gran campana del Campidoglio affinché il popolo romano apprendesse della vacanza della sede apostolica.[2]

Nella sera di quello stesso giorno il cardinal Micara, decano del Sacro collegio, presiedette un incontro con i cardinali presenti a Roma. Nella mattinata del 2 il corpo del papa, eviscerato e imbalsamato, venne portato nella Cappella Sistina, mentre le praecordia vennero trasportate in una solenne processione nella chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio a Trevi e sepolte nella cripta.

Il 4 giugno si tenne la prima congregazione generale dei cardinali nel Palazzo Apostolico, dove vennero lette le costituzioni emanate da Gregorio XVI in merito alle procedure del conclave.

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I cardinali elettori

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Il collegio cardinalizio[3], alla morte di Gregorio XVI, era composto da 62 cardinali, più 6 in pectore che non furono però mai proclamati. Di questi 62, 2 cardinali erano stati nominati da Pio VII, 7 da Leone XII, e gli altri 53 da Gregorio XVI.

Dei 62 cardinali solo 9 erano stranieri, e precisamente: Schwarzenberg, arcivescovo di Salisburgo, Gaisruck di Milano (a quei tempi città imperiale), De Bonald di Lione, Bernet di Aix, Cienfuegos di Siviglia, Carvalho patriarca di Lisbona, Sterckx arcivescovo di Malines, De La Tour d'Auvergne, vescovo di Arras, Charles Januarius Acton cardinale protettore della Pontificia Accademia Ecclesiastica. Solo il britannico Acton, peraltro nato a Napoli e operato sempre in Curia, partecipò al conclave. Gli altri 53 cardinali erano tutti italiani, e di questi 49 presero parte all'elezione: mancavano i cardinali Villadicani arcivescovo di Messina, Giacomo Monico Patriarca di Venezia, Ignazio Giovanni Cadolini arcivescovo di Ferrara e Placido Maria Tadini arcivescovo di Genova.

Oltre alla mancanza di cardinali stranieri si deve tener presente che, ancora nel 1846, grandi metropoli come Vienna, Firenze, Parigi, Madrid e Monaco di Baviera non avevano nessun rappresentante nel collegio cardinalizio. Dei 54 italiani la maggior parte veniva dallo Stato Pontificio, e per di più da modesti centri di provincia come Imola, Jesi, Osimo, Senigallia, Montepulciano e Fermo. Inoltre 5 cardinali svolgevano funzioni di governatori (i legati) a Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna, Urbino. Non mancavano cardinali che avevano ricevuto il titolo pur non essendo neanche sacerdoti, come Tommaso Bernetti, che era stato ordinato presbitero soltanto nel 1839. Sarà proprio il nuovo papa, proveniente dalla diocesi di provincia di Imola, che imprimerà una svolta universalista alla Chiesa, soprattutto dopo la fine del potere temporale e con il grande incentivo delle missioni, facendo finalmente del Collegio Cardinalizio un organo rappresentativo internazionale.

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Il Palazzo del Quirinale, che nel 1846 fu per l'ultima volta sede di un conclave prima della caduta dello Stato Pontificio
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Il regolamento

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Il conclave era ancora regolato[4], nelle sue direttive principali, dalle norme stabilite dal Concilio Lateranense III del 1179 (che stabiliva la regola dei 2/3 dei cardinali presenti), dalla bolla Cum Tam Divino di Giulio II del 1506 (che rendeva nulla ogni elezione simoniaca), e da altre particolarità stabilite da Paolo V e Gregorio XV.

Soprattutto vigeva la regola del cosiddetto "accesso" (in latino accessus). Si trattava di un complicato procedimento elettorale che prevedeva, dopo il primo scrutinio di ogni seduta, una nuova votazione, chiamata appunto accessus, in cui gli elettori potevano rinnegare il proprio voto già dato e assegnarlo a uno qualsiasi dei candidati che avevano ricevuto almeno un voto valido, utilizzando la formula Accedo domino cardinali ... (it.: "M'accosto al signor cardinale ..."), oppure potevano confermare il proprio voto già dato con la formula Accedo nemini (it.: "Non m'accosto a nessuno"). Questa procedura, che in passato era fatta oralmente, dal 1621, per disposizioni di Gregorio XV con la bolla Aeterni Patris, era eseguita per iscritto e sub secreto.

La presenza di 50 cardinali al conclave comportava, per l'elezione regolare del nuovo papa, una maggioranza di almeno 34 voti.

Svolgimento

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Per prevenire possibili disordini, Gregorio XVI aveva emanato in più occasioni nuove disposizioni per il conclave. L'ultimo documento, che abrogava i precedenti, fu la bolla Ad supremam del 1º novembre 1844. In essa papa Gregorio stabiliva che:

  • Se il papa moriva in curia, i cardinali presenti in quel momento, qualora lo avessero ritenuto necessario, potevano procedere subito all'elezione del nuovo pontefice senza attendere i loro colleghi lontani, fatta salva la regola dei 2/3 dei presenti.
  • Se il papa moriva fuori Roma, invece, il diritto d'elezione spettava ai cardinali che erano presenti in maggioranza relativa in qualsiasi luogo.

I cardinali presenti a Roma decisero, la mattina del 2 giugno, che non vi erano motivi di pericolo imminente e che perciò avrebbero seguito la procedura consueta, attendendo l'arrivo dei loro colleghi prima di iniziare il conclave.

Il collegio dei cardinali era diviso in due fazioni. I conservatori avrebbero voluto una continuazione dell'assolutismo papale nel governo dello Stato Pontificio e proponevano il cardinale Luigi Lambruschini, Segretario di Stato uscente, mentre i liberali avrebbero voluto alcune riforme moderate e sostenevano i cardinali Tommaso Pasquale Gizzi, legato di Forlì, e Giovanni Maria Mastai Ferretti. La sera del 14 giugno i cardinali si riunirono nel palazzo del Quirinale, ove, per l'ultima volta nella storia, si svolse il conclave: in processione dalla chiesa di San Silvestro al Quirinale raggiunsero la cosiddetta manica lunga del palazzo. La mattina del 15 giugno, dopo la prolusione iniziale del cardinale Vincenzo Macchi, cominciarono le votazioni. In tutto esse furono quattro: due il 15 e due il 16 giugno.

Lambruschini ricevette la maggioranza dei voti nei primi scrutini, ma non riuscì a raggiungere la necessaria maggioranza dei due terzi per l'elezione al papato. Nello scrutinio del pomeriggio del 15 Lambruschini perse alcuni voti e si fermò a 13, mentre Mastai Ferretti, sostenuto dall'ala dei progressisti moderati salì a 17. Durante la votazione della mattinata del 16 Lambruschini retrocedette ancora raccogliendo solo 11 suffragi, mentre le quotazioni di Mastai Ferretti ottennero una brusca impennata che lo portarono a 27 grazie all'elevato numero di accessus. Nel tardo pomeriggio, dopo il quarto scrutinio, Lambruschini perse un altro voto mentre Mastai Ferretti ricevette 36 voti, raggiungendo il quorum dei 2/3 e risultando così canonicamente eletto, grazie anche ai decisivi 9 voti di accessus.[5]

A causa dell'ora tarda i cardinali decisero di rinviare l'annuncio ufficiale dell'elezione del nuovo papa, ma in città si sparse la voce che era stato eletto il cardinale Gizzi: tanta era la fama di cui Gizzi godeva che la gente lo festeggiò, la servitù bruciò i suoi abiti cardinalizi e a Ceccano, come si usava in questi casi, i popolani gli saccheggiarono la casa, recandogli con ciò danni considerevoli. Il popolo romano intanto si era radunato di fronte al Quirinale per assistere alla fumata prodotta bruciando le schede elettorali che annunciava una mancata elezione; non vedendo tale fumata (all'epoca non era ancora prevista la distinzione tra fumata bianca e nera, quella bianca indicante avvenuta elezione fu introdotta solamente nel 1914[6]), il popolo allora comprese che il papa era stato eletto.[7] Data la tarda ora, i cardinali decisero di aspettare l'indomani per annunciare il nuovo papa.[7]

Solo la mattina del 17 giugno il protodiacono Tommaso Riario Sforza annunciò il nome del nuovo papa, che scelse il nome di Pio in ricordo del suo predecessore sulla sede di Imola (Pio VII). La solenne incoronazione avvenne il 21 giugno successivo.

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Cardinali alla morte di papa Gregorio XVI

Presenti in conclave

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Assenti in conclave

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Le votazioni

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Sono riportati solo i cardinali che hanno ricevuto un cospicuo numero di voti[9].

Mattina del 15 giugno, primo scrutinio

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Pomeriggio del 15 giugno, secondo scrutinio

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Mattina del 16 giugno, terzo scrutinio

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Pomeriggio del 16 giugno, quarto scrutinio

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Note

Bibliografia

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